2025-05-25
Avati e Brizzi giù, il biopic su Schicchi delude le attese. Ma non è tutto nero
Crescono nel 2024 i biglietti venduti rispetto allo scorso anno. Ma il confronto con il pre-Covid è impietoso. E i flop continuano.«This is the end, my only friend, the end», cantavano nel 1967 i Doors. E avevano ragione, perché siamo giunti alla fine della nostra serie immaginaria, The flop. Quella qui accanto è l’ultima «puntata» del nostro viaggio attraverso gli incassi, i costi e i contributi pubblici delle produzioni italiane degli ultimi anni. Ci sono tanti zeri nella tabella accanto che rappresentano una sorta di pagina aperta al futuro, visto che, salvo pochi casi, si tratta di produzioni che sono appena uscite al cinema o che devono ancora essere distribuite nelle sale (o addirittura presentate).Che ci sia qualche raggio di luce che squarcia le tenebre in cui è finito il cinema italiano lo dimostrano i dati: nel primo trimestre, l’Italia è uno dei pochi tra i grandi Paesi ad aver chiuso con un segno positivo, +7,8%, gli incassi rispetto al 2024. La Spagna ha fatto registrare un -4,5%, -7,1% la Francia e -11,6% gli Stati Uniti. Dal 1° gennaio al 31 marzo 2025, i cinema italiani hanno registrato oltre 146,6 milioni di euro d’incasso e 20,4 milioni di presenze, a fronte dei 136 milioni di euro di box office e 19 milioni di spettatori del 2024. Il cinema nazionale ha rappresentato il 44% del totale incassato, superando ampiamente le produzioni a stelle e strisce (ferme al 33,7%) che scontano l’assenza di veri blockbuster. A trainare i numeri italiani ci ha pensato anche l’enorme successo del film Follemente, di Paolo Genovese: costato 8,3 milioni, ha avuto 2,8 milioni di aiuti statali ma ha incassato finora quasi 18 milioni al botteghino.Se anno su anno le cose sembrano migliorare, il confronto con il periodo pre-pandemia fa ancora tremare i polsi: -23,6% sugli incassi della media 2017-2019, quasi 10 milioni di spettatori in meno rispetto allo stesso periodo.Insomma, c’è ancora da rimboccarsi le maniche per arrivare lassù, Dove osano le cicogne. Che è il titolo dell’ultima «fatica» artistica di Faustro Brizzi, il marito del candidato sindaco di Genova per il centrosinistra, Silvia Salis. Il cineasta è andato maluccio al box office anche con la sua ultima opera: appena 1,2 i milioni incassati a fronte di una spesa di 5,1 e un aiuto di papà-Stato pari a 1,7. Peggio ha fatto sicuramente Sergio Assisi con Il mio regno per una farfalla, con Tosca D’Aquino e Giobbe Covatta: costato 3,5 milioni, ne ha ricevuti 1,2 da Roma. I cinema, però, sono rimasti vuoti: ha «guadagnato», si fa per dire, 21.000 euro. Fiasco su tutta la linea anche per Pupi Avati che con L’orto americano (tra gli altri, vi hanno recitato Cesare Cremonini, Andrea Roncato e Rita Tushingham), costato 3,5 milioni quasi due dei quali coperti da sussidi statali, ha realizzato appena 267.000 euro con il passaggio nelle sale. Numeri praticamente speculari anche per la pellicola Il corpo, thriller diretto da Vincenzo Alfieri con Giuseppe Battiston e Claudia Gerini: incasso fermo a 214.000 euro a fronte di costi di poco superiori ai 5 milioni di euro, coperti per 1,7 milioni dallo Stato. Un piccolo caso è stato l’uscita nelle sale di Diva futura, pellicola che racconta la storia dell’omonima agenzia di casting e produzione fondata nel 1983 da Riccardo Schicchi e Ilona Staller. Scritto e diretto da Giulia Louise Steigerwalt, con Pietro Castellitto nel ruolo di Schicchi, la pellicola ha deluso grandemente al box office, racimolando 170.000 euro (a fronte di una produzione costata 8,5 milioni, quasi 3 dei quali ripianati dagli immancabili contributi pubblici). Non certo indimenticabile è stata la vicenda del dirigente del Sismi, Nicola Calipari, portata su pellicola da Claudio Santamaria con Il nibbio, diretto da Alessandro Tonda. I biglietti staccati hanno totalizzato poco più di un milione di euro di incasso, a fronte di spese di realizzazioni pari a 7,3 milioni edulcorate un po’ dai 1,8 milioni messo da Roma. Grande fuga dalle sale anche per la pellicola di Giampaolo Morelli L’amore e altre seghe mentali, con Maria Chiara Giannetta e lo stesso Morelli: venduti biglietti per 295.000 euro (il milione messo dallo Stato non è servito a coprire le spese, che hanno sfiorato i 3 milioni di euro).Il quadro, dunque, è questo: la sovrapproduzione italiana è nei numeri, la qualità del prodotto è quella che è (bassa) e la via d’uscita che attori e registi vogliono che si continui a perseguire è quella dei fondi a pioggia. Il muro di chi chiede questo, però, inizia a mostrare delle crepe. E la strada non può essere questa: di solito, davanti a un muro, o ci si ferma o si va a sbattere.