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2023-07-12
Da Cinecittà ai bandi sugli asili nido: 10 cambi per la quarta rata del Pnrr
Raffaele Fitto (Imagoeconomica)
Sul Pnrr il governo accelera e mette a punto quelle correzioni al piano originario destinate a rendere più rapida l’erogazione della quarta rata da 16 miliardi di euro da parte della Commissione europea, mentre sull’incasso della terza, da 19 miliardi, c’è ottimismo su uno sblocco imminente. Ieri mattina si è riunita a Palazzo Chigi la cabina di regia sul Pnrr, al termine della quale il ministro agli Affari europei ha illustrato lo stato dell’arte in conferenza stampa. Prima di questo appuntamento, è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a rilasciare alcune dichiarazioni un po’ sibilline: «Auspico che queste risorse arrivino», ha detto Giorgetti, «se non arrivano diventa un problema, è evidente. Al momento siamo in grado di gestire la situazione. Se la terza rata fosse entrata prima sarebbe stato meglio, ma stiamo gestendo la situazione confidando che quanto prima questa terza rata venga somministrata». Sono 10 su 27 gli obiettivi intermedi della quarta rata modificati ieri dalla cabina di regia, che interessano sei ministeri: Imprese e Made in Italy, Infrastrutture e Trasporti, Ambiente, Istruzione, Cultura e Politiche di coesione. Per il progetto sullo sviluppo dell’industria cinematografica cambia soltanto il nome del soggetto attuatore, da Istituto Luce Studios a Cinecittà.
Ridefiniti poi gli investimenti sulla tecnologia satellitare; corretto un errore del progetto Osservatore della Terra; si chiede più tempo per mettere a punto altri bandi sugli asili nido; per quanto attiene le infrastrutture di ricarica elettrica, a seguito dei bandi per le stazioni di ricarica che prevedevano 4.000 colonnine nei centri urbani e 2.500 nelle aree extraurbane, sono pervenute 4.700 richieste solo per le città: la proposta di modifica mira alla pubblicazione di nuovi bandi; sulla sperimentazione dell’idrogeno per la mobilità ferroviaria, le modifiche sono relative alle gare non andate a buon fine; sull’efficienza energetica si aumenta l’obiettivo dell’Ecobonus e si permette di rendicontare l'installazione di caldaie a condensazione a gas in sostituzione delle caldaie a minore efficienza. La settima modifica consente al governo di indire nuove gare per le colonnine sulle aree extraurbane, essendo andate deserte le prime. L'ottava modifica chiarisce che «nessun gas naturale deve essere utilizzato per la produzione di idrogeno da usare nella riduzione diretta del ferro». La nona rivede le soglie per gli avvisi dei progetti di interventi contro la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo settore. Infine, la decima modifica la descrizione del traguardo dell'investimento «Creazione di imprese femminili».
«Al momento», ha detto Fitto, «solo tre paesi hanno chiesto il pagamento della terza rata, Spagna, Italia e Grecia, e nessuno ha chiesto quello della quarta. Se noi siamo in ritardo, gli altri che situazione hanno? Questo percorso ci consentirà di poter chiedere nei prossimi giorni il pagamento della quarta rata. Il lavoro che il governo ha introdotto è serio e costruttivo, abbiamo fatto un lavoro positivo, è un metodo che punta a risolvere preventivamente elementi di non condivisione. Le garanzie per i tempi per ricevere la quarta rata del Pnrr», ha chiarito Fitto, «non può darle nessuno. Noi abbiamo impostato un lavoro preliminare definendo quali obiettivi andavano corretti per raggiungere il risultato ed evitare di avere una fase di verifica molto lunga». E la terza rata quando arriverà? «È stata sottoposta a lunghe e accurate verifiche da parte della Ue», ha risposto Fitto, «proprio su questo abbiamo approntato il lavoro sulla quarta, per evitare queste lungaggini». Ieri sera un portavoce della Commissione Ue ha confermato all’Ansa di «aver ricevuto la proposta di revisione mirata del piano dell’Italia, relativa a 10 misure nell'ambito della quarta richiesta di pagamento. Come sempre», ha aggiunto, «effettueremo le nostre analisi e riserveremo ogni commento pubblico sulle misure in questione a quando la nostra valutazione sarà completata».
Le opposizioni non si accontentano: «La cruda realtà», commenta la vicepresidente del senato Mariolina Castellone, del M5s, «è che il ministro Fitto, per l’ennesima volta senza la premier Meloni al suo fianco, non è stato in grado di fornire uno straccio di dato o garanzia sui tempi di incasso della terza rata del Pnrr da 19 miliardi per l’Italia e sul percorso per l’ottenimento della quarta rata da 16 miliardi». «Il ministro Fitto», attacca il capogruppo dem in senato, Francesco Boccia, «dice che modifica 10 interventi del Pnrr, e non ci dice quali, ma di fatto sta ammettendo quello che le opposizioni più volte hanno sottolineato: la quarta rata non è più certa, almeno non è certa nel 2023». A Boccia risponde il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti: «Il collega Boccia», argomenta Foti, «prende fischi per fiaschi: anziché inventare teoremi o dispensare reprimende in ordine a quanto definito sul Pnrr e sulla quarta rata, può rivedere la conferenza stampa di oggi del ministro Fitto oppure leggere il documento con le proposte di modifica distribuito alla stampa. Rispetteremo la scadenza del 31 agosto per la revisione del Pnrr nella sua interezza e per mettere a terra tutte le risorse, con le correzioni necessarie».
Social card: 382 euro per la spesa
Una «carta sociale» o una «carta spesa», ribattezzata «Dedicata a te». È il nuovo strumento di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie con reddito più basso che il governo ha individuato e presentato ieri con una conferenza stampa a Largo Chigi. La carta funzionerà con un contributo unico di 382,50 euro (caricato su una carta Postepay) per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità e sarà destinata a chi ha un Isee non superiore a 15.000 euro. Sarà distribuita da Poste italiane e sarà disponibile per circa 1,3 milioni di famiglie. Il premier Giorgia Meloni ha tenuto a sottolineare, nel videomessaggio inviato alla presentazione, che «avrà un valore più ampio grazie a tutta la scontistica messa a disposizione dalla grande distribuzione». La misura è stata inserita nella legge di Bilancio 2023, grazie allo stanziamento di un fondo di 500 milioni di euro, per coprire questo aiuto una tantum, che verrà erogato attraverso gli uffici postali.
Dal 18 luglio i Comuni invieranno le comunicazioni ai beneficiari nelle quali ci saranno le indicazioni per il ritiro presso gli uffici postali. Il termine iniziale era il 26 giugno ma poi è slittato per consentire all’Inps un supplemento di verifiche sulla platea dei beneficiari. La carta dovrà essere attivata entro il 15 settembre. «È un segnale di attenzione - ha detto ancora il premier - verso chi è in difficoltà, noi ci siamo e cerchiamo di fare del nostro meglio per dare una mano». I beneficiari del contributo sono stati individuati tra i cittadini appartenenti ai nuclei familiari, residenti nel territorio italiano, in possesso di due requisiti: iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente (comunale) e titolarità di una certificazione Isee ordinario, in corso di validità, con indicatore non superiore ai 15.000 euro annui. Una cosa molto importante è che questo strumento sarà cumulabile col reddito di cittadinanza, col reddito di inclusione o con qualsiasi altra misura di inclusione sociale o sostegno alla povertà di cui almeno uno dei componenti sia percettore.
Cosa altrettanto importante: la mancata effettuazione del primo pagamento entro il 15 settembre 2023 comporterà la disattivazione della carta e la decadenza del beneficio. Non si potranno acquistare bevande alcoliche, e gli acquisti potranno essere effettuati presso tutti gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari, aderenti all’iniziativa. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, «le misure che abbiamo escogitato a dicembre potranno anche essere rinnovate, dipende dal successo e dall’andamento dell'inflazione in particolare dei beni. Faremo un bilancio più avanti - ha aggiunto - rispetto a questo tipo di andamento». Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha sottolineato la non cumulabilità col reddito di cittadinanza: «La cassa dello Stato – ha detto - non ha risorse infinite, dobbiamo cercare di dare una mano a tutti coloro che hanno bisogno, predisponendo misure calibrate».
Plaude alla misura Coldiretti: «L’inflazione alimentare più alta da 40 anni - ha sottolineato in una nota - ha costretto le famiglie a ridurre del 4,7% le quantità di cibo acquistate con effetti diretti sulla produzione agroalimentare nazionale». Così come è positivo il giudizio degli esercenti e della distribuzione, come osserva il presidente di Federdistribuzione Carlo Alberto Buttarelli: «L’iniziativa - ha detto - è molto importante e fin da subito abbiamo assicurato la nostra collaborazione». Mastica amaro l’opposizione: Nicola Fratoianni, dell’Alleanza verdi sinistra, ha definito un «insulto» l’entità della somma caricata sulla card, mentre per il suo compagno di schieramento Angelo Bonelli si tratta di un «palliativo».
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Raffaele Fitto ottimista: «Abbiamo definito gli obiettivi da correggere per evitare poi tempi troppo lunghi di verifica». L’Ue: «Ricevute le richieste di revisione». Giancarlo Giorgetti: «Avrei preferito che la terza quota arrivasse prima».Aiuti per 1,3 milioni di famiglie: il contributo sarà caricato su una tessera Postepay e servirà ad acquistare generi alimentari per chi ha un Isee fino a 15.000 euro.Lo speciale contiene due articoli.Sul Pnrr il governo accelera e mette a punto quelle correzioni al piano originario destinate a rendere più rapida l’erogazione della quarta rata da 16 miliardi di euro da parte della Commissione europea, mentre sull’incasso della terza, da 19 miliardi, c’è ottimismo su uno sblocco imminente. Ieri mattina si è riunita a Palazzo Chigi la cabina di regia sul Pnrr, al termine della quale il ministro agli Affari europei ha illustrato lo stato dell’arte in conferenza stampa. Prima di questo appuntamento, è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a rilasciare alcune dichiarazioni un po’ sibilline: «Auspico che queste risorse arrivino», ha detto Giorgetti, «se non arrivano diventa un problema, è evidente. Al momento siamo in grado di gestire la situazione. Se la terza rata fosse entrata prima sarebbe stato meglio, ma stiamo gestendo la situazione confidando che quanto prima questa terza rata venga somministrata». Sono 10 su 27 gli obiettivi intermedi della quarta rata modificati ieri dalla cabina di regia, che interessano sei ministeri: Imprese e Made in Italy, Infrastrutture e Trasporti, Ambiente, Istruzione, Cultura e Politiche di coesione. Per il progetto sullo sviluppo dell’industria cinematografica cambia soltanto il nome del soggetto attuatore, da Istituto Luce Studios a Cinecittà. Ridefiniti poi gli investimenti sulla tecnologia satellitare; corretto un errore del progetto Osservatore della Terra; si chiede più tempo per mettere a punto altri bandi sugli asili nido; per quanto attiene le infrastrutture di ricarica elettrica, a seguito dei bandi per le stazioni di ricarica che prevedevano 4.000 colonnine nei centri urbani e 2.500 nelle aree extraurbane, sono pervenute 4.700 richieste solo per le città: la proposta di modifica mira alla pubblicazione di nuovi bandi; sulla sperimentazione dell’idrogeno per la mobilità ferroviaria, le modifiche sono relative alle gare non andate a buon fine; sull’efficienza energetica si aumenta l’obiettivo dell’Ecobonus e si permette di rendicontare l'installazione di caldaie a condensazione a gas in sostituzione delle caldaie a minore efficienza. La settima modifica consente al governo di indire nuove gare per le colonnine sulle aree extraurbane, essendo andate deserte le prime. L'ottava modifica chiarisce che «nessun gas naturale deve essere utilizzato per la produzione di idrogeno da usare nella riduzione diretta del ferro». La nona rivede le soglie per gli avvisi dei progetti di interventi contro la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo settore. Infine, la decima modifica la descrizione del traguardo dell'investimento «Creazione di imprese femminili». «Al momento», ha detto Fitto, «solo tre paesi hanno chiesto il pagamento della terza rata, Spagna, Italia e Grecia, e nessuno ha chiesto quello della quarta. Se noi siamo in ritardo, gli altri che situazione hanno? Questo percorso ci consentirà di poter chiedere nei prossimi giorni il pagamento della quarta rata. Il lavoro che il governo ha introdotto è serio e costruttivo, abbiamo fatto un lavoro positivo, è un metodo che punta a risolvere preventivamente elementi di non condivisione. Le garanzie per i tempi per ricevere la quarta rata del Pnrr», ha chiarito Fitto, «non può darle nessuno. Noi abbiamo impostato un lavoro preliminare definendo quali obiettivi andavano corretti per raggiungere il risultato ed evitare di avere una fase di verifica molto lunga». E la terza rata quando arriverà? «È stata sottoposta a lunghe e accurate verifiche da parte della Ue», ha risposto Fitto, «proprio su questo abbiamo approntato il lavoro sulla quarta, per evitare queste lungaggini». Ieri sera un portavoce della Commissione Ue ha confermato all’Ansa di «aver ricevuto la proposta di revisione mirata del piano dell’Italia, relativa a 10 misure nell'ambito della quarta richiesta di pagamento. Come sempre», ha aggiunto, «effettueremo le nostre analisi e riserveremo ogni commento pubblico sulle misure in questione a quando la nostra valutazione sarà completata». Le opposizioni non si accontentano: «La cruda realtà», commenta la vicepresidente del senato Mariolina Castellone, del M5s, «è che il ministro Fitto, per l’ennesima volta senza la premier Meloni al suo fianco, non è stato in grado di fornire uno straccio di dato o garanzia sui tempi di incasso della terza rata del Pnrr da 19 miliardi per l’Italia e sul percorso per l’ottenimento della quarta rata da 16 miliardi». «Il ministro Fitto», attacca il capogruppo dem in senato, Francesco Boccia, «dice che modifica 10 interventi del Pnrr, e non ci dice quali, ma di fatto sta ammettendo quello che le opposizioni più volte hanno sottolineato: la quarta rata non è più certa, almeno non è certa nel 2023». A Boccia risponde il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti: «Il collega Boccia», argomenta Foti, «prende fischi per fiaschi: anziché inventare teoremi o dispensare reprimende in ordine a quanto definito sul Pnrr e sulla quarta rata, può rivedere la conferenza stampa di oggi del ministro Fitto oppure leggere il documento con le proposte di modifica distribuito alla stampa. Rispetteremo la scadenza del 31 agosto per la revisione del Pnrr nella sua interezza e per mettere a terra tutte le risorse, con le correzioni necessarie».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cinecitta-bandi-asili-nido-pnrr-2662268411.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="social-card-382-euro-per-la-spesa" data-post-id="2662268411" data-published-at="1689175083" data-use-pagination="False"> Social card: 382 euro per la spesa Una «carta sociale» o una «carta spesa», ribattezzata «Dedicata a te». È il nuovo strumento di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie con reddito più basso che il governo ha individuato e presentato ieri con una conferenza stampa a Largo Chigi. La carta funzionerà con un contributo unico di 382,50 euro (caricato su una carta Postepay) per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità e sarà destinata a chi ha un Isee non superiore a 15.000 euro. Sarà distribuita da Poste italiane e sarà disponibile per circa 1,3 milioni di famiglie. Il premier Giorgia Meloni ha tenuto a sottolineare, nel videomessaggio inviato alla presentazione, che «avrà un valore più ampio grazie a tutta la scontistica messa a disposizione dalla grande distribuzione». La misura è stata inserita nella legge di Bilancio 2023, grazie allo stanziamento di un fondo di 500 milioni di euro, per coprire questo aiuto una tantum, che verrà erogato attraverso gli uffici postali. Dal 18 luglio i Comuni invieranno le comunicazioni ai beneficiari nelle quali ci saranno le indicazioni per il ritiro presso gli uffici postali. Il termine iniziale era il 26 giugno ma poi è slittato per consentire all’Inps un supplemento di verifiche sulla platea dei beneficiari. La carta dovrà essere attivata entro il 15 settembre. «È un segnale di attenzione - ha detto ancora il premier - verso chi è in difficoltà, noi ci siamo e cerchiamo di fare del nostro meglio per dare una mano». I beneficiari del contributo sono stati individuati tra i cittadini appartenenti ai nuclei familiari, residenti nel territorio italiano, in possesso di due requisiti: iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente (comunale) e titolarità di una certificazione Isee ordinario, in corso di validità, con indicatore non superiore ai 15.000 euro annui. Una cosa molto importante è che questo strumento sarà cumulabile col reddito di cittadinanza, col reddito di inclusione o con qualsiasi altra misura di inclusione sociale o sostegno alla povertà di cui almeno uno dei componenti sia percettore. Cosa altrettanto importante: la mancata effettuazione del primo pagamento entro il 15 settembre 2023 comporterà la disattivazione della carta e la decadenza del beneficio. Non si potranno acquistare bevande alcoliche, e gli acquisti potranno essere effettuati presso tutti gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari, aderenti all’iniziativa. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, «le misure che abbiamo escogitato a dicembre potranno anche essere rinnovate, dipende dal successo e dall’andamento dell'inflazione in particolare dei beni. Faremo un bilancio più avanti - ha aggiunto - rispetto a questo tipo di andamento». Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha sottolineato la non cumulabilità col reddito di cittadinanza: «La cassa dello Stato – ha detto - non ha risorse infinite, dobbiamo cercare di dare una mano a tutti coloro che hanno bisogno, predisponendo misure calibrate». Plaude alla misura Coldiretti: «L’inflazione alimentare più alta da 40 anni - ha sottolineato in una nota - ha costretto le famiglie a ridurre del 4,7% le quantità di cibo acquistate con effetti diretti sulla produzione agroalimentare nazionale». Così come è positivo il giudizio degli esercenti e della distribuzione, come osserva il presidente di Federdistribuzione Carlo Alberto Buttarelli: «L’iniziativa - ha detto - è molto importante e fin da subito abbiamo assicurato la nostra collaborazione». Mastica amaro l’opposizione: Nicola Fratoianni, dell’Alleanza verdi sinistra, ha definito un «insulto» l’entità della somma caricata sulla card, mentre per il suo compagno di schieramento Angelo Bonelli si tratta di un «palliativo».
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Ansa
«La polizia aveva l’incarico di essere presente durante il festival», ha spiegato Minns a Sky News Australia. «Da quanto mi risulta, c’erano due agenti nel parco all’inizio della sparatoria. Altri erano nelle vicinanze e un’auto è arrivata poco dopo». Parole che hanno alimentato ulteriormente le polemiche: come si può ritenere adeguata una simile presenza in un contesto di allerta elevata e con un pubblico così numeroso?
Con il passare delle ore, intanto, emergono nuovi elementi sul profilo degli attentatori, Sajid Akram, 50 anni, e suo figlio Naveed, 24. I due hanno aperto il fuoco durante la celebrazione di Hanukkah, colpendo indiscriminatamente i presenti prima di essere neutralizzati: Sajid è morto durante l’azione, mentre Naveed è rimasto gravemente ferito, è sopravvissuto e ieri si è svegliato dal coma. Lontani dall’immagine stereotipata del terrorista clandestino, i due conducevano una vita apparentemente ordinaria. Sajid Akram gestiva un piccolo esercizio di frutta e verdura, mentre Naveed lavorava come operaio fino a pochi mesi fa e, già nel 2019, era finito sotto osservazione delle forze dell’ordine per frequentazioni con ambienti radicalizzati legati a una moschea estremista di Sydney, gravitanti attorno alla figura di Isaak El Matari, jihadista australiano noto agli apparati di sicurezza. Una svolta delle indagini è arrivata ieri quando fonti dell’antiterrorismo hanno riferito all’Abc che Naveed Akram è un seguace di Wisam Haddad, predicatore salafita ferocemente antisemita di Sydney apertamente schierato su posizioni pro Isis, del quale vi abbiamo parlato ieri. Haddad, attraverso i suoi legali, ha immediatamente respinto ogni accusa di coinvolgimento diretto nell’attacco.
Sul fronte internazionale, Nuova Delhi ha fatto sapere che Sajid Akram era nato a Hyderabad ed era arrivato in Australia nel 1998 con un visto per motivi di studio. Pur avendo fatto ritorno in India solo poche volte, aveva mantenuto la cittadinanza indiana. Naveed, invece, nato a Sydney nel 2001, è cittadino australiano. Secondo le autorità indiane, Sajid non avrebbe più intrattenuto rapporti con il Paese d’origine. Un altro tassello chiave riguarda il recente viaggio dei due uomini nelle Filippine. Le autorità australiane hanno confermato che padre e figlio hanno trascorso l’intero mese di novembre a Mindanao, indicando come meta finale la città di Davao. Sono rientrati il 28 novembre via Manila, prima di fare ritorno a Sydney. Mindanao è da decenni teatro di insurrezioni armate e ospita gruppi jihadisti legati ad al-Qaeda e, in misura minore, allo Stato Islamico. «Le ragioni del viaggio e le attività svolte restano oggetto di indagine», ha precisato il commissario di polizia del New South Wales, Mal Lanyon.
La mattina dell’attacco, i due avrebbero detto ai familiari di voler andare a pescare. In realtà si sono diretti in un appartamento preso in affitto, dove avevano accumulato armi acquistate legalmente e ordigni artigianali, poi disinnescati dagli artificieri.
Il premier australiano, Antony Albanese, ha attribuito il movente all’ideologia dello Stato Islamico, citando il ritrovamento di bandiere dell’Isis. Eppure, a differenza di altri attentati, l’organizzazione jihadista non ha rivendicato l’azione. Contrariamente a quanto si tende a credere lo Stato islamico non è una sigla simbolica aperta a chiunque decida di agire in suo nome. È - e continua a essere, nonostante la perdita del controllo territoriale in Siria e Iraq - un’organizzazione strutturata, dotata di una rigida catena di comando, di regole operative precise e di una dottrina definita sulla legittimità delle azioni armate. Proprio per questo motivo l’Isis non rivendica mai attentati compiuti da singoli individui non inseriti in una rete riconosciuta.
Sempre ieri è stato diffuso un video registrato da una dashcam, trasmesso da 7News, che mostra una violenta colluttazione tra Sajid Akram e un uomo in maglietta viola nei pressi di un ponte pedonale, poco prima dell’inizio della sparatoria. L’uomo e la donna presenti nella scena sono stati identificati come Boris e Sofia Gurman, coppia ebreo-russa residente a Bondi. Boris, 69 anni, e Sofia, 61, sono stati i primi a perdere la vita. Il loro tentativo disperato di fermare gli attentatori avrebbe però rallentato l’azione, contribuendo a salvare altre vite. Un dettaglio che restituisce tutta la drammaticità di una tragedia segnata dalle incredibili falle nella sicurezza.
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Mohamed Shahin (Ansa)
Lo scorso 24 novembre, il Viminale aveva disposto l’espulsione dell’imam, denunciandone il «ruolo di rilievo in ambienti dell’islam radicale, incompatibile con i principi democratici e con i valori etici che ispirano l’ordinamento italiano» e definendolo «messaggero di un’ideologia fondamentalista e antisemita», oltre che «responsabile di comportamenti che costituiscono una minaccia concreta attuale e grave per la sicurezza dello Stato». Il ministero dell’Interno si era mosso dopo che Shahin, alla manifestazione pro Pal del 9 ottobre, si era dichiarato «d’accordo» con le stragi del 7 ottobre 2023, da lui definite una «reazione all’occupazione israeliana dei territori palestinesi». Parole che, a giudizio della Procura torinese, rappresentano l’«espressione di un pensiero che non integra gli estremi di reato».
Lunedì, il verdetto che lo ha liberato dal Cpr siciliano - l’uomo è stato trasferito in una località segreta del Nord - è stato accompagnato da una polemica sul suo dossier, reso top secret dal dicastero. Ciò non ha impedito ai giudici di «prendere atto» di «elementi nuovi», rispetto a quelli disponibili alla convalida del trattenimento. Tra essi, l’immediata archiviazione del procedimento per le frasi sugli attacchi di Hamas. Inoltre, per le toghe, pur avendo partecipato a un blocco stradale, il 17 maggio scorso, nel comportamento dell’imam non si ravvisava alcun «fattore peculiare indicativo di una sua concreta e attuale pericolosità». E i suoi «contatti con soggetti indagati e condannati per apologia di terrorismo», recitava la nota della Corte, «sono isolati e decisamente datati», «ampiamente spiegati e giustificati». Un cittadino modello.
In realtà, scavando, si appura che i controversi legami di Shahin, ancorché «datati» e «giustificati», sono comunque inquietanti. Secondo quanto risulta alla Verità, nel 2012, quest’individuo bene «integrato» sarebbe stato fermato dalla polizia di Imperia assieme a Giuliano Ibrahim Delnevo. Chi era costui? Uno studente genovese di 23 anni, convertito all’islam e ucciso nel 2013 in Siria, dove stava combattendo con i ribelli di Al Nusra, affiliata ad Al Qaida. Sempre nel 2012, l’imam fu immortalato nella foto che pubblichiamo qui accanto, al fianco di Robert «Musa» Cerantonio, il «jihadista più famoso d’Australia» - in Australia si è appena consumata la mattanza di ebrei - condannato nel 2019. Cerantonio fu ripreso anche davanti a San Pietro con la bandiera nera dell’Isis. Minacciò: «Distruggeremo il Vaticano». Cinque anni più tardi, nell’ambito delle indagini su un musulmano radicalizzato a Torino, Halili Elmahdi, sarebbe stata registrata una conversazione nella quale il sospettato consigliava a un’altra persona di rivolgersi a Shahin. Intendiamoci: Halili Elmahdi era considerato il «filosofo dell’Isis» ed evocava il «martirio» e la «guerra santa» come unica via per «i buoni musulmani». Se i contatti di Shahin sono datati, forse c’è una ragione che non ha per forza a che fare con la svolta moderata dell’imam di Torino: Delnevo è morto 12 anni fa; Elmahdi è rimasto in carcere fino al 2023.
Ieri, a 4 di sera su Rete 4, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, caustico verso certe sentenze «fantasiose», frutto di un «condizionamento ideologico», ha confermato i «segnali di vicinanza di Shahin a soggetti pericolosi», andati «a combattere in scenari di guerra come quello della Siria». Era il caso di Delnevo, appunto. Alla domanda se l’imam fosse pericoloso, Piantedosi ha risposto che «lo era per gli analisti, per gli operatori, per le cose che avevamo agli atti». Non per i giudici. La cui decisione «ci amareggia, perché vanifica il lavoro che c’è dietro, degli operatori di polizia che finora hanno tenuto immune il nostro Paese dagli attentati terroristici».
È questo il nocciolo della questione. Giorgia Meloni, lunedì, ha usato toni durissimi: «Qualcuno mi può spiegare come facciamo a difendere la sicurezza degli italiani», ha tuonato, «se ogni iniziativa che va in questo senso viene sistematicamente annullata da alcuni giudici?». Nell’esecutivo serpeggia autentica preoccupazione. La Verità ha appreso che, da quando a Palazzo Chigi si è insediata la Meloni, sono stati espulsi dall’Italia ben 215 islamici radicalizzati. In pratica, uno ogni cinque giorni. È questa vigilanza, associata al lavoro di intelligence, che finora ha preservato il nostro Paese. La magistratura applica le norme, bilanciando gli interessi legittimi. Ed è indipendente. Ma sarebbe bene collaborasse a tutelare l’incolumità della gente comune. Ad andare troppo per il sottile, si rischia di finire come il Regno Unito, dove i tribunali islamici amministrano una giustizia parallela, basata sul Corano. Per adesso, lo spirito è un altro: l’Anm del Piemonte si è preoccupata solo delle «esternazioni di alcuni membri del governo» e dell’«attività di dossieraggio riscontrata anche nell’ambito di plurimi social network» sui giudici che hanno liberato il predicatore, ai quali l’associazione ha manifestato «piena e incondizionata solidarietà».
Ieri sera, l’imam di Torino ha auspicato di poter «portare avanti quel progetto di integrazione e inclusione, di condivisione di valori positivi e di vita pacifica, di fede e di dialogo, intrapreso tanti anni fa». Ma per lui, la partita giudiziaria non è chiusa. Il Viminale ha annunciato ricorso contro la liberazione dal Cpr. Lunedì ci sarà un’udienza al Tar del Lazio sull’annullamento del decreto di espulsione di Piantedosi. Gli avvocati di Shahin hanno impugnato anche la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo davanti al Tar del Piemonte; se ne riparlerà a gennaio. Infine, c’è la richiesta di protezione internazionale avanzata dall’imam. La Commissione territoriale di Siracusa l’aveva respinta, ma il tribunale di Caltanissetta ha sospeso il pronunciamento alla luce dalla «complessità della vicenda in esame». Un bel paradosso: dovremmo dare asilo a uno che officia i matrimoni plurimi? Altro che pro Pal: in piazza ci vorrebbero le femministe.
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Getty Images
Lasciando perdere il periodo della pandemia, credo che sia sufficiente prendere i dati economici conseguiti dal nostro Paese. Secondo le previsioni, l’arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, cioè di una populista in camicia nera, avrebbe contribuito a scassare i conti pubblici e a farci perdere quel briciolo di rispetto che era stato conquistato con Mario Draghi alla guida del governo. Invece niente di tutto questo è accaduto. In tre anni sono stati smantellati il reddito di cittadinanza e il Superbonus, dando garanzia ai mercati sul contenimento del deficit sotto il 3 per cento. I poveri non sono aumentati, come invece sosteneva l’opposizione e prima ancora qualche professore. Né sono crollate le imprese edili. I salari sono saliti e, anche se non hanno recuperato il gap degli anni precedenti, quanto meno sono stati al passo con l’inflazione dell’ultimo triennio. Quanto all’occupazione il saldo è positivo, come da tempo non si vedeva. Per non parlare poi dei dazi, di cui la sinistra unita ai suoi trombettieri quotidiani attribuiva la responsabilità indiretta all’attuale maggioranza, giudicata troppo trumpiana. Nonostante l’aumento delle tariffe, l’export delle nostre imprese verso gli Stati Uniti è andato addirittura meglio che in passato.
I centri per il trattenimento e il rimpatrio in Albania, tanto criticati dai compagni e dalla stampa e osteggiati in ogni modo dalla magistratura, dopo oltre un anno di pregiudizi ora sono ritenuti una soluzione possibile se non auspicabile addirittura dal Consiglio d’Europa.
Ma il meglio la classe politica e quella giornalistica l’hanno dato con la guerra in Ucraina. Per anni ci sono state raccontate un cumulo di fesserie, sia sull’efficacia delle sanzioni messe in campo contro la Russia (ricordate la famosa atomica finanziaria, ossia l’esclusione della banche russe dal circuito delle transazioni internazionali, che avrebbe dovuto mettere Putin con le spalle al muro in un amen?) sia sugli armamenti decisivi del conflitto che America ed Europa avrebbero potuto mettere a disposizione di Kiev. Per non dire poi delle iniziative Ue, con i volenterosi a spacciare patacche per soluzioni. Anche in questo caso l’Italia era descritta come una Cenerentola, tenuta ai margini delle iniziative concordate da quei due fulmini di guerra di Keir Starmer e Emmanuel Macron: fosse per loro, e per i giornalisti che gli hanno dato credito, la tregua forse si raggiungerebbe nel secolo prossimo venturo. Tralascio quelli che spingevano per il riconoscimento della Palestina, invitando a seguire l’esempio di Francia e Spagna: come si è visto, le varie dichiarazioni non sono servite a nulla e l’unica speranza per Gaza era e resta il piano di Trump.
Che dire? Se i giornaloni volessero riconoscere di aver scritto una montagna di sciocchezze andremmo avanti per settimane. Ma state tranquilli, nemmeno questa volta ammetteranno gli errori. Sono giornalisti con l’eskimo, mica cretini.
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