2021-05-02
Cina e talebani: una relazione pericolosa
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Il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan preoccupa Pechino, che teme per i propri interessi economici e infrastrutturali nell'area.La settimana scorsa, si è verificato un attentato in Pakistan: un'autobomba ha infatti preso di mira un hotel di lusso nella città di Quetta, uccidendo cinque persone e ferendone altre dodici. Nell'edificio risiedeva l'ambasciatore cinese Nong Rong, che – durante i fatti – si trovava tuttavia fuori per una riunione. Non è risultato subito chiaro chi avesse organizzato l'attentato: il ministro dell'Interno pakistano, Sheikh Rashid Ahmed, aveva in particolare puntato il dito contro non meglio precisate potenze straniere che, secondo lui, starebbero cercando di destabilizzare il Paese. Ricordiamo che, in passato, il governo di Islamabad abbia spesso tacciato l'India di essere artefice di attacchi nel proprio territorio: un'accusa che Nuova Delhi ha tuttavia sempre respinto. L'attentato è stato poi comunque rivendicato dai talebani pakistani: in particolare, il gruppo – che intrattiene legami, per quanto non privi di attriti, con i talebani afghani – ha dichiarato di voler colpire un incontro di «locali e stranieri».Vale la pena rammentare che questo attentato sia avvenuto in Belucistan, dove Cina e Pakistan stanno realizzando una serie di progetti infrastrutturali associati al multimiliardario Corridoio economico Cina-Pakistan. Non è d'altronde la prima volta che Pechino finisce nel mirino di attacchi in Pakistan: in passato, si sono infatti verificati degli episodi, legati soprattutto all'organizzazione separatista del Baloch Liberation Army. Nel maggio 2019, un hotel nella città pakistana di Gwadar venne per esempio attaccato da uomini armati appartenenti a questo gruppo: il loro portavoce minacciò assalti «ancora più duri» e intimò alla Cina di ritirarsi dai propri progetti infrastrutturali nella regione. Tutto questo, mentre ulteriori obiettivi degli attacchi separatisti del Baloch Liberation Army avevano riguardato il consolato cinese e la borsa valori (in parte di proprietà cinese) della città di Karachi. Come notato dal South China Morning Post, questi attentati terroristici stanno producendo impatti negativi sul corridoio economico Cina-Pakistan e determineranno prevedibilmente una crescente freddezza nel settore degli investimenti. Non è comunque al momento chiaro se talebani pakistani volessero uccidere esattamente l'ambasciatore cinese la scorsa settimana o se il loro bersaglio fosse invece un altro. Insomma, la strategia economica di Pechino in Pakistan sta diventando sempre più rischiosa. E ulteriori problemi per il Dragone possono adesso arrivare dal ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan. La stabilità di quest'area è innanzitutto essenziale per il Corridoio economico Cina-Pakistan. In secondo luogo, la Repubblica Popolare punta a mantenere un'influenza sull'Afghanistan attraverso il Pakistan: l'obiettivo è quello di arginare l'India che, a sua volta, intrattiene stretti legami economici e infrastrutturali con Kabul. In terzo luogo, Pechino – come riportato recentemente da Bloomberg News – teme che l'Afghanistan possa diventare un rifugio sicuro per gli uiguri in fuga dalla regione dello Xinjiang. Come riportato da Nikkei, negli ultimissimi anni – anche in virtù della volontà espressa da Donald Trump di ritirarsi – Pechino ha stabilito contatti con i talebani, cercando in qualche modo di accattivarsi le loro simpatie. Una strategia volta a ridurre rischi e mantenere influenza politica sull'area, nel caso – sempre più probabile – che il gruppo torni pienamente al potere dopo l'addio statunitense. Il punto è che, nonostante questi legami, la politica repressiva cinese nello Xinjiang rischia di accendere forti reazioni da parte delle galassie talebane: in Pakistan e in Afghanistan. «In questa regione conservatrice», sottolineava Nikkei a settembre, «il gulag musulmano della Cina e altre dure misure anti-islamiche nello Xinjiang probabilmente alimenteranno il risentimento popolare contro di essa, aumentando la vulnerabilità dei suoi progetti». Il futuro della Belt and Road Initiative nell'area resta quindi appeso a un filo.