
Nonostante un video promozionale e la promessa di vari benefit, solo 500 ragazzi tra 18 e 24 anni hanno risposto all’appello. Mentre le diserzioni sono decine di migliaia.Il proposito di Volodymyr Zelensky di mandare i giovani ucraini a combattere si sta rivelando un flop. Da quando, lo scorso febbraio, è iniziata la campagna per incentivare i cittadini tra i 18 e i 24 anni ad andare al fronte, hanno risposto all’appello meno di 500 ragazzi. Il consigliere militare del leader gialloblù, Pavlo Palisa, per non ammettere che i giovani non hanno alcuna intenzione di andare in guerra, ha evidenziato che si tratta di un progetto ancora agli albori. Eppure, l’iniziativa di Kiev per rimpiazzare i soldati uccisi era stata annunciata in pompa magna: un video condiviso sulla pagina Facebook del ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, mostrava immagini soft da videogioco di guerra che poco hanno a che fare con la guerra vera, accompagnate da frasi di incoraggiamento come «Cambia la tua vita in un anno».lo spotCon un annuncio da spot pubblicitario si elencavano i vantaggi per i giovani combattenti: una ricompensa di 24.000 dollari per un anno, 12 mesi di esenzione dalla mobilitazione con la possibilità di viaggiare liberamente all’estero dopo aver prestato un anno di servizio e alcuni bonus tra cui mutui e affitti agevolati. Che il governo ucraino abbia provato ad attrarre i giovani facendo leva sul denaro è anche evidente dalla promessa di uno stipendio mensile pari a 2.900 dollari: è circa cinque volte il salario medio nazionale. Secondo quanto riportato da Reuters, un istruttore militare di una delle brigate che sta addestrando i ragazzi, Oleksandr Moroz, ha ammesso che l’iniziativa è solo «una goccia nell’oceano», riconoscendo che le nuove reclute «sono ancora bambini, bambini cresciuti». Per alcuni giovani che hanno deciso di combattere, le settimane di addestramento sono state un vero shock. «È come TikTok e la vita reale: c’è una grande differenza. Nel video sembra così bello, così facile, ma in realtà non lo è» ha spiegato un ventiquattrenne a Reuters. E a discapito di quanto sostenuto da Palisa, non è prematuro tirare le somme a distanza di due mesi dall’inizio del programma di reclutamento: la guerra è in una fase cruciale per Kiev con i soldati ucraini sempre più affaticati e in inferiorità numerica rispetto alle truppe russe. Appena un anno fa, nel tentativo di cambiare la traiettoria, il Parlamento ucraino aveva approvato la legge per ridurre l’età minima per l’arruolamento, cambiandola da 27 a 25 anni. Una misura che non aveva ottenuto i risultati sperati e quindi, come auspicato dall’amministrazione Biden, Zelensky aveva annunciato il progetto per mobilitare i più giovani su base volontaria. È chiaro ora che 500 ragazzi under 25, privi di esperienza, non siano un asso nella manica per Kiev. A ciò si aggiunge il numero elevato di disertori con cui il governo ucraino deve fare i conti. Uno degli ultimi casi è scoppiato solamente tre mesi fa, con i soldati ucraini della 155ª brigata meccanizzata Anna di Kiev che hanno disertato durante l’addestramento in Francia. Ma dall’inizio della guerra a novembre del 2024, sono oltre 100.000 i soldati ucraini che sono stati incriminati per diserzione secondo le stime ufficiali. E potrebbero essere anche 200.000, stando a quanto comunicato da un esperto di questioni militari ad Associated press. «lasciamoli rientrare»Una cifra aumentata vertiginosamente lo scorso anno: da gennaio a ottobre 2024, come riportato dal Financial Times, ad abbandonare il campo di battaglia sono stati 60.000 ucraini che rischiano, se condannati, fino a 12 anni di carcere. E nel tentativo di incoraggiare il ritorno dei trasgressori, lo scorso novembre il Parlamento ucraino si era espresso a favore dell’allentamento delle regole, permettendo di archiviare le accuse nei confronti di chi tornava al fronte. Solamente un mese prima, centinaia di uomini della fanteria della 123ª Brigata ucraina avevano lasciato le proprie postazioni nella città orientale di Vuhledar. I soldati erano tornati a casa e, dando vita a una protesta, avevano richiesto un maggiore addestramento e più armi. Alcuni sono poi tornati al fronte, altri si sono nascosti. Sempre al Financial Times, un ufficiale della brigata aveva raccontato che la sua unità non aveva avuto nemmeno una rotazione in tre anni di guerra, vale a dire che alle truppe non era mai stato consentito il riposo. A confermare la situazione di estrema stanchezza anche un soldato ucraino, Serhii Hnezdilov, che ha detto ad Associated press: «Se non c’è una fine» per il servizio militare «è una prigione. Diventa psicologicamente difficile trovare ragioni per difendere questo Paese». E sono in molti a scappare dopo aver ottenuto il congedo per malattia, fisicamente e psicologicamente provati dagli orrori della guerra come raccontano anche le testimonianze raccolte dal Guardian. Un soldato ha spiegato tre mesi fa di non essere più tornato dopo la malattia, aggiungendo: «Sono tutti stanchi. L’umore è cambiato. Le persone prima abbracciavano i soldati per strada. Ora temono di essere arruolate».
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






