2018-05-19
I vescovi cileni si dimettono dopo lo scandalo pedofilia Vince la linea dura del Papa
Per la prima volta nella storia, un’intera conferenza episcopale lascia in blocco Il clamoroso gesto arriva dopo la strigliata di Francesco ai prelati sudamericani«Qui stanno accadendo cose molto importanti», qui «si sta facendo la storia», aveva dichiarato giovedì pomeriggio monsignor Jordi Bertomeu, assistente della congregazione per la Dottrina della fede, a proposito della straordinaria visita in Vaticano di 31 vescovi cileni e tre emeriti. E ieri mattina abbiamo avuto conferma. Per la prima volta nella storia della chiesa, un’intera conferenza episcopale ha dato le dimissioni in blocco, o meglio, ogni singolo vescovo ha consegnato personalmente una lettera di dimissioni nella mani di Francesco. Lo hanno fatto al termine di tre giornate passate con il Papa per riflettere e discernere la situazione di crisi della chiesa cilena per scandali legati ad abusi sessuali. La decisione è stata comunicata alla stampa dalla stessa conferenza episcopale: «Vogliamo annunciare che tutti i vescovi presenti a Roma, per iscritto, hanno posto le cariche nelle mani del Santo Padre affinché decida liberamente nei confronti di ciascuno di noi». La svolta è arrivata dopo che Francesco martedì aveva consegnato un fitto documento di meditazione ai vescovi presenti a Roma, il testo, che era riservato, è stato reso pubblico dalla televisione cilena Antena 13, e mostra chiaramente la volontà del Papa di fare pulizia. In una nota a piè di pagina si trova il passaggio più forte. Francesco fa emergere che alcuni religiosi espulsi dal loro ordine «a causa dell’immoralità della loro condotta e dopo aver minimizzato l’assoluta gravità dei loro atti criminali (...) sarebbero stati affidati posizioni diocesane o parrocchiali che implicano un contatto quotidiano e diretto con i minori». È una chiara denuncia contro chi ha omesso di agire contro il abusi. Il Papa ha inoltre rilevato che vi sono state gravi mancanze nel modo di ricevere le denunce, sono state esercitate pressioni (anche con la distruzione di documenti) su chi ha condotto le indagini, infine, che «nel caso di molti molestatori, in loro erano già stati rilevati problemi gravi nella fase di formazione in seminario o noviziato. Gli Atti della missione speciale di monsignor Charles Scicluna contengono gravi accuse contro alcuni vescovi o superiori, che avrebbero affidato le suddette istituzioni educative a sacerdoti sospettati di omosessualità attiva».Il Papa ha citato il lavoro redatto dal suo inviato speciale Scicluna che in febbraio era stato mandato in Cile insieme a monsignor Bertomeu proprio per vederci chiaro. Da quel lavoro di inchiesta ne è uscito un dossier di oltre 2.000 pagine che inchioda alle loro responsabilità diverse personalità della chiesa cilena. Proprio la lettura di quel dossier ha contribuito a far cambiare completamente opinione a Francesco che, invece, durante il suo viaggio apostolico nel paese sudamericano del gennaio scorso, aveva difeso apertamente il vescovo di Osorno, Juan Barros, che da tempo era accusato di aver coperto le malefatte del prete cileno Fernando Karadima, sacerdote anziano già condannato per abusi nel 2011 dalla congregazione per la Dottrina della fede al tempo di Benedetto XVI.Barros e altri tre vescovi sono stati accusati dalle vittime come partecipi (in vario modo) agli episodi di abuso attribuiti al Karadima, ma Francesco in Cile fece capire che non bisognava dare troppo retta ad accuse tendenziose. Questa posizione di papa Bergoglio ha scatenato la dura reazione delle vittime, che è culminata anche con una presa di distanza da Francesco del cardinale di Boston, Sean O’Malley, presidente della commissione della Santa Sede contro gli abusi. Come hanno dimostrato i fatti, non ultimo quello delle dimissioni in massa dei vescovi, è chiaro che qualcuno aveva male informato il Papa.I nomi dei cattivi informatori sono stati ricondotti a due cardinali, Javier Errázuriz, 84 anni, emerito di Santiago e oggi membro del gruppo di nove cardinali vicini al Papa per il governo della chiesa universale, e Ricardo Ezzati, attuale arcivescovo di Santiago. Con loro fortemente indiziato anche il nunzio, monsignor Ivo Scapolo. Comunque il Papa ha poi voluto incontrare tre delle vittime di Karadima a Santa Marta nei giorni 27, 28 e 29 aprile, chiedendogli perdono e arrivando a dire che anche lui è «stato parte del problema».Così si arriva alla lettera consegnata da Francesco ai vescovi cileni giovedì sera, al termine degli incontri in Vaticano, dove indicava «cambiamenti e risoluzioni che dovremmo portare a compimento nel breve, medio e lungo termine, necessari per ristabilire la giustizia e la comunione ecclesiale». Ma i vescovi si erano già dimessi in massa, rilanciando subito la palla nel campo di Francesco, il quale evidentemente dovrà decidere se e quali dimissioni accettare. Difficilmente saranno confermati i quattro vescovi vicini al Karadima, oltre a Barros, i vescovi Tomislav Koljatic, Horacio Valenzuela e Andrés Arteaga. Per i due cardinali Errazuriz ed Ezzati si troverà forse una soluzione indolore, vista anche la loro età. Ma il meccanismo di accuse e sospetti potrebbe non finire qui, comunque il Papa si muoverà potrebbero ancora arrivare contraccolpi.
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