Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Avvocato, 68 anni, aeromodellista, costruttore e pilota dei suoi velivoli, membro del cda di Enav, ha cominciato il suo mandato risolvendo rapidamente alcune questioni tecniche che parevano insormontabili. Ma soprattutto ha lavorato subito per ridare credibilità e autorevolezza a un ente che appariva autoritario e paralizzato, che aveva abbandonando la funzione di essere la porta principale per l’accesso delle nuove generazioni al mondo aeronautico.
Serve ancora un Aeci nel mondo di TikTok e Instagram?
«Eccome! Aeci deve riuscire a coniugare la grande bellezza delle sue discipline, i valori preziosi messi insieme da tutte le esperienze accumulate e la capacità di dare ai ragazzi un’impostazione e un metodo di vita. I social possono essere i veicoli per trasmettere ad un pubblico più ampio le passioni e i valori che sono propri dello sviluppo della persona, non soltanto del volo. Imparare a volare significa seguire un metodo, apprendere nozioni che tornano utili nella vita di tutti i giorni e rendono consapevoli delle proprie capacità. Vorrei che tutte le istituzioni, non solo quelle aeronautiche, comprendessero il valore fondamentale che ha l’attività di volo per passione nella crescita culturale e sociale dei giovani».
Quali sono le priorità oggi per l’Aeci?
«L’Ente deve essere promotore di processi di riforma, anche normativa, che rendano tutto il comparto dell’aviazione al passo con quello che avviene negli altri Paesi europei, dove la facilità e l’incentivazione alle attività sportive aeronautiche è addirittura competenza dello Stato e delle istituzioni scolastiche. Per questo è necessario riformare lo Statuto, adeguarlo ai tempi, dare maggiore rappresentatività agli sport dell’aria».
Quanti sono gli iscritti oggi tra tutte le varie discipline e con quale evoluzione?
«Gli iscritti ai 119 Aeroclub federati e ai circa 300 enti aggregati sono circa 8.500 con un trend stabile. Ovviamente, Aeci deve fare di tutto per far crescere questi numeri. Non soltanto riducendo i costi delle attività, ma anche nel trasmettere ai più giovani la bellezza di tutte le nostre discipline, perché ne restino attratti».
In tema di sport, stiamo assistendo a una nazionale di calcio da ricostruire e a quelle di pallavolo che hanno vinto tutto. In quali discipline aeronautiche siamo bravi e in quali c’è molto da fare?
«La Nazionale di deltaplano è campione del Mondo da otto edizioni consecutive del campionato, 16 anni; in altre specialità, aeromodellismo, paracadutismo, parapendio, siamo un’eccellenza mondiale. E stiamo crescendo nell’acrobazia e nel rally aereo, specialità nelle quali investiremo per la crescita dei nostri atleti. Non vanno dimenticati i nostri piloti para olimpici, bravissimi soprattutto nelle acrobazie in aliante, ove – caso più unico che raro – concorrono nelle stesse gare dei normodotati, con gli stessi velivoli e le medesime regole. E spesso li battono. È nostra intenzione potenziare il settore, magari anche con l’aiuto di investitori privati, perché sempre più persone trovino nel volo un’occasione di realizzazione».
Spesso si accusa il settore del volo dilettantistico di poca sicurezza e leggiamo grandi titoli sugli incidenti. Quali sono i reali numeri della sicurezza?
«Bisogna essere laici sugli incidenti aeronautici. Per quanto molto doloroso possa essere anche il singolo caso, il numero complessivo rimane stabile da parecchi anni, su cifre in parte anche fisiologiche per questo genere d’attività. Ovviamente dobbiamo tendere a risultati migliori e ci impegniamo in questo senso. Stiamo promuovendo una serie di attività di sicurezza che partono proprio dalle scuole di volo certificate dall’Ente».
La formazione dei piloti sportivi è adeguata? E se deve cambiare, in quale modo?
«Formazione vuol dire sicurezza, va certamente adeguata alle nuove tipologie di velivoli, la cui evoluzione negli ultimi anni è stata molto rapida anche grazie a una normativa europea che ha reso accessibili ai piloti sportivi velivoli sempre più complessi. Proprio sull’adeguatezza dell’istruzione a velivoli che non sono più quelli di vent’anni fa stiamo lavorando tanto, perché le scuole di volo riescano a fornire adeguata risposta in termini d’insegnamento delle tecniche del volo».
Come evolverà la gestione tecnica e amministrativa del volo da diporto sportivo?
«Ho appena istituito una commissione per la riforma della normativa tecnica e didattica. A breve, essa produrrà un testo da sottoporre al ministero dei Trasporti e all’Ente nazionale aviazione civile, ove questi concetti di adeguamento e miglioramento sono stati messi al passo con la crescita che questa attività ha avuto anche in ambito internazionale».
Per chi in Italia vola a vista, per sport ma anche per lavoro aereo (pensiamo alla maggioranza degli elicotteri), affronta spazi aerei complessi, quote limitate, le aree di un terzo del Paese classificate come «parco» o «protette» e quindi non sorvolabili. Troppi divieti e queste complicazioni peggiorano la sicurezza. Si può migliorare?
«Ovviamente peggiorano la sicurezza e si può migliorare. Ho appena inviato una nota a Enac, Enav e Aeronautica militare per l’apertura di un tavolo che possa finalmente adeguare il nostro spazio aereo nazionale (che è un bene di tutti e nel quale tutti dobbiamo poter operare con equità e in sicurezza), con quanto già realizzato in altri Paesi europei, ove anche i più aggiornati sistemi di controllo del traffico aereo rendono compatibile la coesistenza di tante attività».
Perché oggi dei genitori dovrebbero far frequentare un aeroclub ai propri figli?
«Perché darebbero ai propri figli una marcia in più. Chi ha conseguito una licenza di volo sa che nel momento in cui per la prima volta l’istruttore ci lascia decollare da soli, qualcosa in noi cambia per sempre. Assumiamo improvvisamente la consapevolezza che noi e noi soli siamo responsabili di ciò che ci accadrà, perché dobbiamo condurre quel volo in sicurezza e dobbiamo tornare a terra solo con le nostre capacità e con ciò che abbiamo imparato. È un momento di svolta della vita, di crescita personale. E le nostre attività aeronautiche lo fanno vivere in modo eccellente».
Torneranno i Giochi della Gioventù dell’aria?
«Lo spero davvero. Con la reintroduzione dei Giochi della Gioventù vorrei che Aeci facesse la sua parte, come accadde vent’anni fa, quando l’Ente distribuii la scatola di montaggio di un aeromodello e molti ragazzi degli istituti scolastici lo realizzarono per piccole competizioni».
Non c’è astronauta o pilota professionista che non sia stato aeromodellista. Oggi ci sono i droni e anche quelli sportivi. Tutte anime dello stesso mondo?
«Il mondo cambia, chi vive questo settore, dall’aeromodellista all’astronauta, è raro lo faccia per una semplice soddisfazione economica, dietro c’è sempre la passione. Spero che questo patrimonio non si perda, per un eccesso di sedentarietà che spesso vediamo in tanti ragazzi. Anche i droni si stanno evolvendo in senso sportivo e Aeci ha tra i propri campioni la bravissima Luisa Rizzo, che ha fatto onore all’Italia, premiata anche dal presidente Sergio Mattarella. Volare è libertà quanto responsabilità. Una scuola eccezionale».



