2018-09-08
Le assurdità della sentenza anti Lega
Il sequestro dei fondi è un atto grave e abnorme: per l'eventuale responsabilità di due singoli si azzoppa un partito intero. Principio mai applicato in tutti i casi precedenti di malversazione di soldi pubblici. Su questo il presidente, capo del Csm, deve dire qualcosa.Per comprendere perché la decisione di sequestrare i fondi della Lega sia abnorme e grave bisogna partire dalla legge. Non quella che i giudici hanno invocato per ordinare alla Guardia di finanza di bloccare i conti del partito di Salvini, ma quella che fino a qualche anno fa consentiva a ogni gruppo politico che si fosse presentato alle elezioni, e fosse riuscito a superare la soglia dell'1 per cento, di ottenere un rimborso spese parametrato ai voti ottenuti. In base a quella legge, tutti i partiti hanno ricevuto una montagna di quattrini e li hanno utilizzati per finanziare le loro attività e qualche volta anche per farsi i fatti propri. La legge non chiedeva di rendicontare le spese con scontrini o fatture: stabiliva un tot a voto e poi allo Stato toccava aprire il portafogli. Il sistema era sbagliato e consentiva abusi? È vero, ma questa è la regola che il Parlamento si era dato e che fino a un certo punto è rimasta in vigore.Tale sistema, che ripetiamo essere sbagliato, ha consentito spesso a chi voleva di riempirsi le tasche. Il caso del tesoriere della Margherita è noto: per anni dirottò il denaro del partito sui propri conti correnti. Quando Luigi Lusi fu beccato, i giudici lo fecero passare direttamente da Montecitorio alla cella, ma a nessun tribunale venne in mente di ordinare il sequestro dei fondi della Margherita. Anzi, al partito di Francesco Rutelli fu restituito il denaro di cui il cassiere si era indebitamente appropriato e se poi questi fondi sono stati restituiti allo Stato fu per libera scelta degli organi della Margherita, non per ordine di un magistrato. Altri casi? Quanti ne volete. A Genova, proprio dalla stessa Procura che ora ha disposto il sequestro dei conti correnti della Lega, a un certo punto furono scoperte le spese pazze di alcuni esponenti dell'Italia dei Valori. Con i soldi della Regione, il vicepresidente della giunta ligure, il capogruppo, un ex parlamentare e l'ex tesoriere avevano pagato vini, parrucchieri, cibo per animali e perfino mutandine di pizzo. Il tribunale condannò tutti, ma non mandò la Guardia di finanza a requisire le disponibilità liquide, presenti o future, del partito di Antonio Di Pietro. E lo stesso accadde con l'altro esponente dell'Idv che a Roma si giocava i soldi alle slot machine.Insomma, le ruberie sui fondi stanziati per finanziare i partiti ci sono sempre state, ma a nessuno è mai venuto in mente di farsi restituire il denaro non da chi ha commesso l'eventuale illecito, bensì da chi in linea di principio ne è stato vittima.Nel caso della Lega, invece, si è prodotto questo rovesciamento dei ruoli. La distrazione dei soldi, il cui utilizzo ripetiamo non doveva essere rendicontato, se c'è stata risale a parecchi anni fa e a commetterla, nel caso, sarebbero stati il segretario e il tesoriere dell'epoca, ossia Umberto Bossi e Francesco Belsito, i quali sono stati processati e hanno subito una condanna in primo grado. Davanti ai giudici ci sono Bossi e Belsito, non Matteo Salvini. E sul banco degli imputati non c'è mai stata la Lega, ma solo chi a quel tempo aveva in mano cordoni della borsa. Bossi e Belsito sono accusati (fino a sentenza definitiva nessuno può essere ritenuto colpevole) di aver distratto alcune centinaia di migliaia di euro, non 49 milioni, che sarebbero l'intera cifra ottenuta dalla Lega nell'arco del periodo in cui sarebbero stati commessi gli illeciti. E però la Procura ritiene che, essendo stata usata a scopi privati una parte minima della cifra ricevuta a titolo di finanziamento, i bilanci della Lega siano falsi e dunque tutti e 49 milioni debbano essere restituiti allo Stato. Che cosa c'entrano però i rimborsi delle spese elettorali di svariati anni con la distrazione di alcune centinaia di migliaia di euro? Niente, ma per i magistrati tutto deve essere sequestrato. Non a Bossi e Belsito, che quei soldi non li hanno anche se gli si svuotano le tasche, ma al partito. In pratica, con questa logica, per aver acquistato le mutande di pizzo con i soldi della Regione, la consigliera dell'Idv non sarebbe stata tenuta al rimborso, ma ad aprire il portafogli per ridare tutti i soldi ricevuti dal partito avrebbe dovuto essere Antonio Di Pietro o per lo meno il soggetto politico da lui fondato. Vi pare possibile? Eppure è il fatto abnorme e grave che sta avvenendo, un fatto che rischia di far chiudere il partito che oggi rappresenta, secondo i sondaggi, la maggioranza degli elettori.Riassumendo: la Lega non è sotto processo, ma vittima. La sentenza che condanna Bossi e Belsito è di primo grado e potrebbe essere ribaltata. I soldi fatti sparire sono alcune centinaia di migliaia di euro su quasi 50 milioni che la Lega aveva ricevuto lecitamente. L'esame dei bilanci dimostra che il partito di Salvini ha usato i fondi per l'attività politica. In altri casi di distrazione di denaro nessun tribunale ha ravvisato la necessità di far sequestrare preventivamente i conti presenti e futuri di un partito. Nonostante tutto questo, però, la Lega deve chiudere e morire. E Sergio Mattarella, colui che presiede il Consiglio superiore della magistratura ed è garante della Costituzione, non ha nulla da dire? Lui che parla di accoglienza un giorno sì e l'altro anche, può accogliere anche le legittime proteste di chi pensa che i partiti non possano essere chiusi per via giudiziaria?Ps. Matteo Renzi e Maria Elena Boschi cercano di approfittare della faccenda. Ma prima di parlare dovrebbero far restituire dal partito in cui militano i soldi pagati dagli italiani per coprire i debiti dell'Unità. Quelli, infatti, non sono mai stati sequestrati da nessun pm.