2021-02-04
Chitarra, pianoforte e violoncello si trasformano nelle mani dei migliori
Andres Segovia (Hulton-Deutsch Collection/CORBIS/Corbis via Getty Images)
A Andrés Segovia bastavano sei corde per suonare come un'orchestra. Artur Rubinstein aveva un repertorio dal vivo sterminato e concedeva i bis per sé stesso. Mstislav Rostropovich abbatté il muro di Berlino con il suo Stradivari.Nel corso della mia carriera ho avuto il privilegio di ascoltare tanti grandi interpreti. Alcuni di loro li ho conosciuti bene, ne ho potuto apprezzare le doti umane, oltre che artistiche. Ho pensato dunque di dirvi qualcosa di più su di loro, così che li possiate apprezzare ancora meglio se già li conoscete, o li possiate scoprire se non ne avete ancora mai sentito parlare.Ascoltai per la prima volta il musicista spagnolo Andrés Segovia dal vivo all'Accademia Chigiana di Siena. Era riuscito a ridare dignità artistica al suo strumento, la chitarra, che fino a quel momento era stato relegato a un ruolo secondario di accompagnamento e di supporto alle voci. Egli si creò un repertorio molto vasto e originale, spesso sollecitando i compositori a scrivere opere per il suo strumento. Suonava in modo affascinante, ottenendo effetti e sonorità inusitate, tali da far definire la chitarra, la sua chitarra, un'orchestra a sei corde.La letteratura chitarristica si arricchì delle composizioni originali di autori quali Heitor Villa Lobos, Joaquin Turina, Enrique Granados, Isaac Albeniz; egli creò inoltre preziose trascrizioni di opere di Bach. Grazie a lui lo strumento conobbe una straordinaria diffusione nel mondo. Fu una vera e propria renaissance, con stuoli di allievi e di classi di chitarra classica che fiorivano nei conservatori. Dipingeva le frasi musicali delle composizioni spagnole con la fantasia e la vivacità dei grandi pittori della sua terra quali Velázquez, Murillo, Goya. Al termine dei suoi concerti si rimaneva estasiati come dopo una rivelazione.Segovia era una persona di profonda saggezza, ma al tempo stesso mostrava uno spirito sottile e un'ironia acuta, dietro sembianze fisiche che sembravano quelle di un grande prelato spagnolo. Una volta mi chiese se sapessi la differenza fra conoscenza, sapienza e virtù, e mi spiegò: «Sapienza è sapere che cosa fare, conoscenza è sapere come fare, e virtù è far». Conversare con lui era un piacere dell'intelletto in quanto possedeva una cultura vastissima, unita ad una profonda saggezza. Era un grande ammiratore ed amico del pensatore Ortega y Gasset. Non ricordo esattamente l'anno: avevo partecipato al festival di Lucerna eseguendo il Concerto Gregoriano per violino e orchestra di Ottorino Respighi con una delle migliori orchestre del mondo, la Staatskapelle di Dresda. Ne avevo appena concluso l'esecuzione. Venne in camerino un signore simpatico, pieno di entusiasmo e vitalita: era Artur Rubinstein!Mi abbracciò testimoniando la sua ammirazione per la mia interpretazione e mi disse che ero riuscito a coinvolgerlo e a fargli provare interesse per una composizione che non riteneva particolarmente ispirata. Il suo apprezzamento mi rese felice. Si trattenne a lungo nel mio camerino e capii che il suo potere comunicativo derivava da una natura generosa. Amava il prossimo, la gente, la vita in tutte le sue forme e - aggiungeva, con un pizzico di civetteria - le belle donne. Quando si accorgeva che qualcuno veniva trascurato, si interessava a lui e andava a parlargli con la premura di un amico. Io ammiravo da sempre la sua arte pianistica, la sua facilità strepitosa e la gioia che provava nel fare musica: aveva un repertorio immenso che presentava al pubblico di ogni continente, in programmi sempre diversi. I bis erano come regali che concedeva a sé stesso: si entusiasmava e cercava di rendere tutti partecipi del suo entusiasmo.Era amico personale di Stravinskij, Casals, Segovia, Toscanini, Picasso, che nel 1958 gli fece alcuni ritratti con dedica. Lo rividi in seguito a Venezia in occasione del conferimento del premio Una vita per la musica. Nel ringraziare, si rivolse al pubblico ricordando la mia esecuzione a Lucerna e il suo ritrovato interesse per il Concerto Gregoriano. Rubinstein smise di suonare in pubblico per una grave malattia agli occhi nel 1976. Si spense all'età di 95 anni a Ginevra, nel 1982.Mstislav Rostropovich, come Rubinstein, visse nel segno della generosità, del coraggio e della passione illimitata per la musica. Ma era pure un uomo pratico e concreto, sempre sorretto dalla lealtà e dal senso dell'amicizia. Venne a Venezia anche lui per ricevere il premio. Durante il suo soggiorno, mi chiese di accompagnarlo sulla tomba di Stravinskij, sepolto nella città lagunare. Andammo al mattino presto, e Slava - come veniva chiamato affettuosamente - stette in raccoglimento a lungo, in silenzio. Rostropovich si esibiva spesso a Roma. Ricordo una sua esecuzione al violoncello delle Variazioni su un tema rococò di Čajkovskij: non trovo le parole adeguate per descrivere l'impressione che ne ebbi.Era un uomo estremamente generoso ed aveva un profondo senso dell'amicizia, tanto è vero che mi invitò numerose volte a Whashington per suonare insieme a lui. Mi rivelò in che modo dovessi intendere il complesso Concerto per violino e orchestra n. 1 del compositore Dmitrij Šostakovič, suo amico personale. Quasi tutti i solisti lo eseguono con una brillantezza forzata ed effettistica, di superficie, diametralmente opposta rispetto allo spirito di profonda sofferenza espresso dall'autore.Tutti ricordiamo l'impegno sociale di Slava: difese lo scrittore dissidente russo Solzenicyn, perseguitato dal regime, e lo ospitò a casa propria. Le immagini del concerto improvvisato il giorno stesso della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, fecero il giro del mondo. Slava suonava lo Stradivari Duport del 1711.
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