2023-12-08
Chiesti 4 anni di squalifica per Pogba, talento buttato tra stregoni e doping
La Procura nazionale ci va giù pesante, lui prepara le contromosse ma potrebbe finire qui la carriera. Un triste declino per il top player francese con i piedi fatati ma rovinato da troppe scelte sbagliate.Chissà se a Paul Pogba sarà mai capitato di guardare in alto, verso il cielo quando è bello limpido. Lui, il sole, lo stava accarezzando davvero, un po’ come Icaro. Con la differenza che, invece delle ali di cera, aveva ricevuto i piedi di fata. Lì, per la calura estrema della gloria raggiunta, è cominciata la caduta dell’atleta, dell’uomo, una di quelle storie di apogeo e crollo di cui la letteratura sportiva è infarcita. Mamadou Papis Magassa, il suo primo allenatore, ricorda ancora il giorno in cui un Paul poco più che ragazzino non riusciva a completare un esercizio che consisteva nell’effettuare 50 palleggi di destro, 50 di sinistro e 50 di testa. Nella sessione successiva, dopo due giorni di pratica strenua e solitaria, lo completò col piglio di un Frank Rijkaard. Ma la richiesta dell’accusa del Tribunale Antidoping giunta ieri mattina potrebbe metter fine, a soli 30 anni di età, a una carriera decollata solo in parte, costellata di episodi fuori dal campo degni di un romanzo pulp-esoterico. Pogba rischia 4 anni di squalifica dopo essere risultato positivo al deidroepiandrosterone, detto Dhea, un ormone precursore del testosterone, al termine del match Udinese-Juventus, il 20 agosto scorso. Una sostanza che migliora la prestazione sportiva, ma il nazionale francese ha sempre invocato la sua innocenza, rifiutando il patteggiamento e dichiarando di aver assunto i prodotti per errore, come eccipienti di un integratore lecito. Per Pogba era già arrivata la sospensione il 12 settembre, poi ribadita il 6 ottobre quando le controanalisi avevano confermato la positività. Il processo dovrebbe iniziare tra un mese circa, massimo 40 giorni: col patteggiamento non ci sarebbe stata la possibilità di un appello, in questo caso potrebbe essere ipotizzato un ricorso al Tas di Losanna. Per il momento il suo ingaggio da circa 8 milioni all’anno è stato ridotto dalla Juve al minimo sindacale, 2.000 euro al mese. Una cosa è sicura: quel suo presidiare la cabina di regia con passaggi vigorosi, il calciare il pallone da ambidestro a testa alta propiziando assist, la forza fisica nel vincere i contrasti che gli erano valsi il titolo di miglior centrocampista della sua generazione nel vivaio del Manchester United, non erano certo frutto di farmaci. Quando nel 2012 approdò alla Juventus facendo indispettire sir Alex Ferguson, l’allora diciannovenne nel giro della nazionale francese andava a guadagnare 23.000 euro alla settimana. Cifre record per un potenziale vice Pirlo che alla corte di Conte prima e di Allegri poi, disputò 124 partite, segnando 24 gol, sfornando assist a tamburo battente, trafiggendo l’Udinese nel gennaio 2013 con una bomba da trenta metri, ancora lei, l’Udinese, la stessa squadra contro cui anni dopo sarebbe risultato positivo all’antidoping per un destino burlone. Quel Pogba tornò allo United nel 2016 da campione affermato, vinse il Mondiale con i blues nel 2018, ma il carattere non era più quello del ragazzo di banlieu affamato di riscatto. «Era sempre in ritardo, con altri giocatori decidemmo di costituire una commissione interna per portare disciplina», ha dichiarato di recente Nemanja Matic a proposito dell’ex compagno di squadra. «Soffrivo di depressione», ricorda Pogba, che in quello United con Mourinho e Ibrahimovic vinse l’Europa League. Non era tranquillo. Quando è tornato alla Juve di Allegri, addio alle armi, non era più lo stesso. Nel 2022, durante una pausa per le qualificazioni delle nazionali ai Mondiali, fu aggredito nei pressi di casa sua, vicino a Parigi, da un commando armato di m-16 e pistole. Reclamavano il pagamento di 13 milioni di euro, un milione per ogni anno di carriera trascorso in pace, grazie alla protezione di vecchi amici della banlieu di Lagny-sur-Marne. Un pizzo retroattivo preteso per presunti favori. Il giornale Le Parisien e il fratello di Paul, Mathias, arrestato poi con l’accusa di estorsione per il suo coinvolgimento nell’aggressione, svelano una brutta storia di amicizie d’infanzia criminali, gelosie tra parenti - Mathias, anch’egli calciatore, non è mai esploso, benché fosse molto legato alla famiglia - richieste pressanti di soldi al Pogba affermato. Spunta la figura di un marabutto, una specie di stregone nella tradizione popolare musulmana. Mathias Pogba afferma che Paul avrebbe pagato quell’evocatore spirituale per portare sfortuna al compagno di nazionale Kylian Mbappé con un rituale esoterico, dice pure che è tutto registrato su una chiavetta usb. Paul non nega i contatti con il mago, ma spiega che il rapporto non serviva ad augurare malasorte a qualcuno, bensì a preservare sé stesso dagli infortuni e a garantire tutela spirituale ad alcune organizzazioni umanitarie della Guinea. Ma il declino d’immagine spuntava ripido come un declivio, il viale del tramonto, pur partendo dal belvedere, faceva intendere come il Pogba degli esordi non si sarebbe più rivisto. Al netto dei fattucchieri invocati, l’unica magia auspicabile ora potrebbe farla la dea Eupalla, definita da Gianni Brera «musa del calcio bizzosa e generosa»: consentire al Pogba atleta un’ultima chance sul campo, sfoderando di nuovo i tentacoli da polpo implacabile sul pallone. Ma forse questo sarebbe davvero un sortilegio fantasy.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)