2025-04-08
Chiesta archiviazione per La Russa jr ma resta l’accusa di revenge porn
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Per i magistrati, il figlio del presidente del Senato non avrebbe commesso alcuna violenza sessuale sulla giovane che l’ha denunciato. Il ragazzo rischia però un processo per i video girati quella notte.Da un lato il comportamento dei due indagati, «certamente connotato da profonda superficialità e volgarità nella modalità di concepire e trattare una ragazza, che viene passata da uno all’altro, con l’unica preoccupazione di farle lavare i denti tra i diversi atti sessuali», dall’altro una ragazza «fragile», che consuma abitualmente cocaina, cannabis e alcol, che assume psicofarmaci ma in modo disordinato e che con un certo disagio afferma di non ricordare cosa è avvenuto durante quella pazza nottata. E al centro una richiesta di archiviazione: per Leonardo Apache Larussa, il più piccolo dei figli di Ignazio, e per il suo amico dj Tommaso Gilardoni, che pur avendo mantenuto un «atteggiamento che non è assolutamente rispettoso della dignità della donna», scrivono i pubblici ministeri milanesi Maria Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro, «non integra la condotta di induzione e approfittamento richiesto dalla norma». La ragazza che ha denunciato, insomma, era consenziente. Niente Ghb, la droga dello stupro, né altre sostanze da sballo. «Dagli atti», scrivono i magistrati, «non è emerso alcun riscontro rispetto all’ipotesi della somministrazione inconsapevole di Ghb (al contrario, c’erano tracce di cocaina, benzodiazepime e cannabioidi, ndr)». E ancora: «I livelli riscontrati nei test tossicologici sono compatibili con quelli che si ritrovano in soggetti sani non assuntori. Non c’è traccia di somministrazione occulta». Il solo elemento che collega l’ultimo cocktail bevuto dalla ragazza al comportamento alterato che ne è seguito è il racconto di un’amica. Ma quel gin tonic, con la stessa identica composizione, è stato bevuto anche da un’altra ragazza, che non ha riportato alcun sintomo. E c’è di più. La sera del 19 maggio, ricostruiscono gli inquirenti, la ragazza che ha denunciato «ha assunto sostanze in modo volontario e consapevole». E «aveva già scambiato effusioni con La Russa prima di quel drink», evidenzia l’accusa. L’amica, poi, ha dichiarato di non essersi allarmata nel lasciarla all’uscita dal locale. «Perché lo stato di euforia della ragazza era già noto». Lo aveva osservato anche in altre occasioni. Per i pm non ci sarà nessun processo. Almeno non per violenza sessuale. La chiave dell’intera inchiesta è in alcuni video. Brevi frammenti, ripresi con il telefono, che raccontano quello che la memoria della ragazza ha cancellato. «Le immagini», ricostruisce l’accusa, «mostrano una ragazza che si muove con coordinazione, partecipa attivamente, risponde in modo pertinente alle domande». In uno dei video ammicca allo specchio e ansima durante la ripresa. In un altro ironizza con La Russa sul «rumore» provocato durante l’atto sessuale. «Non si rilevano segni di alterazioni dello stato di coscienza, né di difficoltà motorie. I gesti compiuti non lasciano emergere alcuna condizione di inferiorità psicologica o fisica». Partita chiusa. Anche i consulenti tecnici confermano: i video non mostrano segni di intossicazione evidente. Anzi, la ragazza «appare inserita in un contesto relazionale coerente». E il reato di violenza sessuale, per la legge, richiede l’assenza di consenso. Ma anche l’elemento soggettivo: la consapevolezza, da parte dell’indagato, che quel consenso non c’era. «Gli indagati», secondo l’accusa, «non hanno assistito all’assunzione delle sostanze». E la stessa denunciante ha riferito di aver consumato la cocaina insieme all’amica e non alla presenza di La Russa o Gilardoni. Non ci sono elementi, né nei video né nei racconti, che facciano pensare che i due giovani abbiano percepito uno stato di incapacità nella ragazza. Anche la frase «non va bene che ti fai», detta da La Russa (che, ha certificato l’accusa, non ha mai assunto droghe) al risveglio della ragazza, secondo i pm «non è sufficiente a dimostrare consapevolezza di uno stato di incoscienza». Piuttosto sembra compatibile con l’euforia osservata in discoteca dalle sue stesse amiche. È a questo punto che avrebbe fatto capolino il presidente del Senato. È la stessa ragazza a raccontarlo ai pm: sente aprire la porta della stanza e riconosce il volto di Ignazio, arrivato da Roma in tarda mattinata (mentre sua moglie era rimasta in casa durante la notte) che avrebbe richiuso immediatamente. Un altro punto, dirimente, è quello «dell’induzione». Il codice penale punisce anche chi induce una persona in stato di inferiorità a compiere atti sessuali. Ma anche qui, secondo la Procura, non ci siamo. «La Suprema Corte ha stabilito che è necessario un comportamento subdolo, una persuasione sottile», sottolinea l’accusa. Nei video non c’è traccia di nulla del genere. Quello che emerge è piuttosto «una superficialità» volgare, una preoccupazione grottesca per farle lavare i denti tra un rapporto e l’altro. Il fascicolo sul presunto stupro si chiude qui. «Gli elementi acquisiti», è la formula conclusiva, «non consentono una ragionevole previsione di condanna per il reato di violenza sessuale». Resta aperto, separatamente, il procedimento per la diffusione illecita dei video (il revenge porn) che la ritraevano mentre praticava un rapporto orale e mentre era nella stanza da bagno in cui sono stati consumati i rapporti sessuali, «a contenuto sessualmente esplicito», scrive il pm, e «destinati a rimanere privati». Quelli potrebbero aver fatto irruzione nella privacy della ragazza. Perché, secondo l’accusa, sarebbero stati diffusi «tramite chat WhatsApp» senza il consenso della vittima. Ma per la violenza sessuale, almeno secondo la Procura, non ci sono prove. E non ci sarà processo. Se il difensore della parte offesa, l’avvocato Stefano Benvenuto, dovesse presentare, come ha annunciato, un’opposizione all’archiviazione, il gip Rossana Mongiardo dovrà fissare un’udienza in camera di consiglio per valutarla. Ma già «la richiesta di archiviazione», ha commentato il presidente del Senato, «mi conforta nell’idea che ho sempre espresso sulla estraneità di mio figlio ai fatti contestati». Mentre i difensori di La Russa Jr, Adriano Bazzoni e Vinicio Nardo, si dicono «molto soddisfatti» e per la «contestazione residua» annunciano che si confronteranno «in maniera responsabile con l’autorità giudiziaria».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)