2019-03-02
Chi urla «l’autonomia disgregherà l’Italia» è lo stesso che spinge per svenderci all’Ue
Partito democratico e soci pur di frenare la riforma cadono in contraddizione. Intanto gli Affari regionali confermano: l'intesa con il Mef c'è.Aumentano giorno dopo giorno i veleni contro l'autonomia regionale, prodotti da mani quasi sempre ignote e poi spesso veicolati dagli organi di stampa tradizionalmente più vicini alle burocrazie ministeriali romane. Ad esempio, erano circolate indiscrezioni su un presunto documento riservato della Ragioneria generale dello Stato fortemente critico sugli aspetti finanziari delle bozze di intesa tra governo e Regioni. La notizia era stata molto valorizzata dal quotidiano Il Messaggero, e ieri fonti del ministero degli Affari Regionali hanno affidato all'Adnkronos una netta smentita: «Sull'impianto generale e in particolare sul sistema di finanziamento dell'autonomia differenziata c'è l'accordo con il ministero dell'Economia». La Verità ha interpellato fonti di primissimo piano del ministero, che hanno circostanziato la smentita. Ovviamente nessuno può escludere che qualche funzionario abbia in un cassetto una sua nota critica, ma si tratta di circostanze due volte irrilevanti. Una prima volta, perché i ministeri degli Affari regionali e dell'Economia hanno raggiunto un accordo pieno sull'impianto finanziario dell'autonomia. E una seconda volta perché, visto che le intese sono ancora bozze non definitive, eventuali analisi critiche sarebbero frutto di simulazioni, di ipotesi, insomma cose scritte sull'acqua. Ma questo esempio consente una riflessione più generale sul trattamento mediatico del tema dell'autonomia, oggetto di attacchi ogni giorno diversi, contraddittori, non di rado da parte degli stessi commentatori o degli stessi «dichiaratori» seriali (di sinistra e Pd).Nei giorni in cui sembra che il processo vada in porto, si grida al rischio di rottura dell'unità nazionale. E la cosa è senza senso: stiamo infatti parlando di una procedura prevista dall'attuale Costituzione (articolo 116 comma 3). Anzi: proprio nelle riforme volute da esponenti di centrosinistra (a partire da Franco Bassanini), si stabilì che vi fossero competenze esclusive dello Stato, poi competenze esclusive delle Regioni, e infine competenze concorrenti. E si decise (ecco il senso dell'articolo 116 comma 3) che lo Stato, su richiesta della Regione, potesse decidere se cedere queste ultime competenze. Non si vede dunque dove sia il vulnus all'unità nazionale.Ma attenzione: questa è la critica dei giorni pari. Poi invece, nei giorni dispari, quando sembra che il processo di autonomia sia frenato da qualche ostacolo politico, scattano critiche uguali e contrarie: in quel caso, si grida al Nord tradito, all'autonomia negata, alla maggioranza paralizzata, al contratto di governo ambiguo e inaffidabile. Ieri, poi, si sono raggiunti vertici ineguagliabili. In mattinata, quando sembrava che prevalesse un sì grillino sia al Tav sia all'autonomia (più o meno limitato, condizionato, diluito nel tempo: ma comunque un sì), i soliti commentatori si dolevano, denunciando l'«accordo al ribasso» e lo «scambio» (non si sa bene di cosa) tra Lega e M5s. Quando invece nel pomeriggio il quadro si è rifatto meno chiaro, su Twitter è ripartita la tarantella in senso contrario, sui «no» e sui «freni». Insomma: se M5s dice no a tutto, va male; se per caso (sia pure con 1.000 limiti) inizia a dire qualche mezzo sì, non va bene lo stesso.Ma è sull'autonomia che alcuni analisti si arrampicano sugli specchi. Molti di quelli che strillano contro l'autonomia regionale («oddio, oddio, lo Stato non c'è più») sono gli stessi che continuano a predicare la bontà di una totale cessione di sovranità a favore dell'Ue. Quindi, se si tratta di Bruxelles, allora si può tranquillamente cedere potere e far deperire lo Stato italiano; se invece si tratta di una diversa articolazione dei poteri sul piano interno, è uno scandalo. Tesi obiettivamente curiosa. Per carità: è legittimo essere favorevoli o contrari a ogni ipotesi (più o meno poteri all'Europa, più o meno poteri allo Stato, più o meno poteri alle Regioni): ma è ridicolo descrivere come «benedetta» una cessione di sovranità verso l'alto (cioè verso l'Ue) e invece come «maledetta» una verso il basso (cioè verso le Regioni). La sensazione è che sull'autonomia si stia alimentando una caccia alle streghe. La riforma, semmai, appare perfino moderata: perché non prevede una vera autonomia fiscale delle Regioni (con piena responsabilità politica dei governatori), ma il cautissimo sistema della compartecipazione regionale ai tributi erariali. Descrivere questa ipotesi come uno scempio e una tragedia richiede davvero molta fantasia. Tra l'altro, quelle che andrebbero attaccate non sono le «diversità future» tra Regioni (tutte da dimostrare), ma le «diversità attuali». A fronte delle stesse risorse, ad esempio, la sanità al Sud ha quasi ovunque performance indegne di un Paese civile. Come si fa a difendere lo status quo? Come si fa a giustificare un ceto politico e amministrativo che ha troppo spesso praticato l'inefficienza? Ecco perché i critici dell'autonomia farebbero bene a far circolare meno fake news e meno argomenti tra loro contraddittori.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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