2019-01-25
«Chi è contro il regime è per il golpe». In Italia la sinistra tifa dittatura
Gli eredi del Pci restano con il leader rosso, nonostante le violenze. Il Manifesto e la Fiom parlano di «colpo di Stato» e rievocano Salvador Allende. La Cgil prima sostiene Nicolás Maduro, poi tenta una retromarcia.Passano gli anni, ma i carri armati scorrono sempre nelle vene della sinistra. Qualunque governo, qualunque persona dotata di equilibrio e scevra da ideologia politica ieri, seguendo i fatti del Venezuela avrà tirato un sospiro di sollievo. L'incubo Maduro potrebbe finalmente dissolversi e far tornare Caracas e il resto del Paese a quel gioiello che era un tempo. Invece no. I rappresentanti della sinistra italiana hanno preso posizione. Ad essi le rivoluzioni piacciono in una sola direzione e da una sola prospettiva: quella che si vede dalla torretta di un blindato o dal vivo di volata di un lancia granate. Di conseguenza pieno sostegno a Nicolás Maduro, degno successore di quell'Hugo Chávez che ha preso e mantenuto il potere con la forza. Esiliando chi la pensava diversamente, espropriando le ricchezze altrui per poi sperperarle e nel peggiore dei casi farle riemergere in modo carsico all'estero. Tendenzialmente in conti svizzeri, o in altri luoghi ameni del globo.Ecco ieri il quotidiano Il Manifesto ha ovviamente titolato «Golpe» riconoscendo in Maduro il presidente democraticamente eletto. E incolpando il leader dell'Assemblea nazionale, Juan Guaidò, di portare il Paese incontro al baratro. Dovremmo ridere, se non ci fossero di mezzo migliaia di persone che fuggono dal Venezuela schiacciate da un'inflazione senza freni e dal timore di finire vittime dei corpi speciali del governo e della Guardia nacional. Potere al Popolo non si tiene. È palesemente eccitato nel definire quello in atto un «Golpe contro il Venezuela Bolivariano. L'Italia non deve essere complice di questo crimine». Si spinge oltre, nel desiderio di tornare agli anni Settanta, l'ex numero uno della Fiom, Giorgio Cremaschi. «È stato un colpo di Stato organizzato dagli Usa come quello in Cile contro Salvador Allende». D'altronde il sindacalista era stato nella delegazione internazionale che osservò le elezioni che incoronarono Nicolás Maduro presidente, e ora attacca duramente quella che definisce autoproclamazione di Guaidò. «Che la situazione economica sia drammatica è vero anche dopo il boicottaggio internazionale», ha detto conversando con le agenzie di stampa.«Ho partecipato alle elezioni come osservatore in una delegazione di cui faceva parte anche l'ex presidente del governo spagnolo, José Zapatero, e ho potuto constatare che sono state elezioni libere e regolari e che Maduro è un presidente regolarmente eletto a cui va tutto il mio sostegno», ha concluso. Ha fatto il casco rosso dell'internazionale comunista con un paio di occhiali dipinti dall'interno. Purtroppo con lenti che non sono un caso isolato. Ieri la Cgil, in piena assemblea dedicata alla nomina (ovviamente votata con editto bulgaro - o meglio, venezuelano), ha pensato bene di fermare tutto per fare una mozione destinata al governo, alle forze armate e a tutta la società civile e chiedere la condanna dell'autoproclamazione di Guaidò e delle ingerenze straniere verso la presidenza democraticamente eletta. Si devono essere accorti della gravità dell'uscita solo dopo le polemiche.Tant'è che un secondo tweet è stato digitato per rimediare al primo. «Ebbene sì. L'errore nel tweet sulla mozione #Venezuela c'è stato, come si evince dalla sua lettura integrale. La Cgil rivolge un appello al governo del #Venezuela a garanzia dei diritti e libertà fondamentali dei suoi abitanti. Nessun sostegno a Maduro né alle ingerenze esterne». Ma è il primo tweet a essere sincero e spontaneo. Il secondo è solo una toppa. La situazione «si deve risolvere con gli strumenti della politica e del confronto, senza violenza e rispettando il diritto all'auto determinazione del popolo venezuelano». Proprio qui sta il busillis. Chi segue da anni la politica interna sa che l'opposizione alla dittatura chavista si è sempre sviluppata nell'alveo del Parlamento, che più volte è stato annichilito e ridotto a una stanza senza alcun bottone da schiacciare. Ammettere che Maduro sia il male però significa dire che il socialismo sudamericano è un fallimento senza rimedio. Gli ospedali sono diventati obitori perché mancano le medicine. L'elettricità scarseggia un po' ovunque nel Paese che un tempo era tra i primi produttori di greggio e oggi non è in grado di raffinare il petrolio che estrae. Non lo sa fare perché Chavez ha cacciato i manager e messo i propri colonnelli a dirigere la Pdvsa, la compagnia petrolifera nazionale. I dipendenti pubblici oggi lavorano solo due giorni a settimana perché non ci sono fondi nemmeno per il «soldo basico», la paga base. Per la sinistra italiana, ma vale anche per quella europea e per i sinistrorsi dentro il Movimento 5 stelle (non a caso Il Fatto Quotidiano usava il termine Golpe, come Il Manifesto) togliere il sostegno a Maduro significa disconoscere il dna comune. La Cgil, pur non ammettendolo, disprezza la proprietà privata e la libertà di iniziativa. È un sindacato che negli anni ha contribuito alle pagine più anacronistiche della nostra economia. Ma non ha mai fatto il coming out definitivo. Le teorie comuniste o stataliste si adattano meglio a uno Stato totalitario che non a una società pluralista o di mercato. L'ha ammesso John Maynard Keynes. L'hanno pensato Maurice Merleau Ponty e pure Bernard Shaw. Ma Susanna Camusso no. Meglio stare al caldo di una democrazia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)