2019-12-09
Stefania Craxi: «Chi ci consegna all’Europa matrigna è meno vivo di papà»
La figlia dell'ex leader socialista: «Fu il primo a capire che quest'Ue soffocava i popoli. I leghisti mi dicono: “Su Bettino sbagliammo". La sinistra invece è incapace di scusarsi».Tra pochi giorni si celebra il ventennale della morte di Bettino Craxi, con annesso strascico di polemiche sulla sua figura. Secondo la figlia Stefania, oggi senatrice di Forza Italia, dal terremoto di Tangentopoli scaturiscono molte delle disgrazie che ci troviamo ad affrontare oggi. In Italia e in Europa. Che effetto le ha fatto vedere i commissari europei socialisti cantare Bella ciao al Parlamento europeo?«È una canzone che fa parte della storia del Paese, ma francamente non capisco in quel contesto né il significato né l'opportunità di quella esibizione». Sono veri socialisti?«Non posso dare patenti, ma non è quello il socialismo moderno e riformista in cui mi riconosco». Oggi suo padre direbbe sì al Mes? «In casa mia non siamo abituati a fare sedute spiritiche. Certamente mio padre ha sempre difeso l'interesse nazionale, che non è una parolaccia, né una battaglia sovranista, né significa essere anti europeisti». E il fondo salva Stati contrasta con l'interesse nazionale?«Così come è congegnato, fa l'opposto dei nostri interessi e dell'interesse dell'Europa, perché riduce alcuni Paesi in una condizione di minorità e rafforza le gerarchie di potenza. Hanno anche sbagliato il metodo, trattando il Parlamento come un accessorio». E nel merito? «Nel merito i nostri soldi i saranno utilizzati per aiutare le banche. E quali Paesi sono alle prese con la crisi bancaria? Francia e Germania. Che coincidenza. Per non parlare del resto...».Insomma, teme il peggio?«La valutazione sul debito diventa politica. La credibilità del nostro debito viene messa in discussione, i titoli italiani vengono di fatto declassati e si apre la strada alla speculazione e a una governance forzate ed esterna del Paese». Cosa propone? «Il Mes così com'è va cestinato. Per proseguire sulla strada dell'integrazione serve però una stagione di profonde riforme che rimetta in discussione tutto l'assetto dell'Ue». Come siamo arrivati fin qui? «La storia è lunga. E in parte dipende da una sinistra che si è consegnata a un'ideologia globalista per cui l'Europa non si può contestare. Sono i padri e i figli della cultura del “vincolo esterno" che ha fatto male all'Italia e mina l'idea stessa di Europa».Bettino Craxi nel 1997 diceva: altro che paradiso terrestre, per l'Italia l'Europa sarà un inferno. «Craxi è molto più vivo dei tanti che oggi vorrebbero riconsegnarci a un'Europa matrigna. Fu il primo a notare che i parametri di Maastricht erano superati e andavano ridiscussi. Voleva un Europa democratica e di popoli liberi. Qui li si soffoca. Ma cosa vuole: Craxi è stato spesso una Cassandra inascoltata». Chi comanda oggi? «La politica ha abdicato, aggredita dai poteri finanziari internazionali. Affiancati dal nuovo moloch delle corporation mediatiche». Sono gli stessi poteri che hanno messo fuori gioco suo padre? «Tangentopoli non è stato un fenomeno solo italiano ma un grande scontro. Da una parte questi poteri transnazionali, dall'altra il primato della politica, difeso da Craxi». Quindi il pool di Milano era al servizio dei poteri finanziari? «Sono stati degli strumenti: usati, e poi gettati via. Basti vedere la storia di Antonio Di Pietro: esaltato, e poi, quando non serviva più, messo da parte». È stata un'esaltazione alimentata dai media? «Anche. E a chi appartenevano i mezzi di comunicazione? Il Corriere della Sera, Repubblica di Carlo De Benedetti, La Stampa: a chi facevano capo, se non ai grandi poteri economico-finanziari?». Ci crede al filone leggendario del pool manovrato dalla Cia? «Discorso complesso. Ma non è un mistero che certi poteri internazionali risiedessero negli Stati Uniti, da cui origina certo paradigma liberal progressista che ha mosso questo tipo di globalizzazione. Dunque, ci siamo già dati la risposta».Con il rigore di oggi stiamo scontando la crescita del debito pubblico del periodo craxiano?«Il debito pubblico si è formato negli anni Settanta, quando andarono a regime le Regioni e il nuovo welfare, e il terrorismo imponeva di mantenere la pace sociale».E poi?«Negli anni di Craxi il debito salì per effetto dei tassi di interesse, ma sul fronte della spesa ci fu una grande inversione di tendenza. Leggetevi la relazione dell'allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi: i dati sono tutti lì. Il governo Craxi ha reso l'Italia la quinta potenza economica mondiale. E adesso mi dicono che dobbiamo ancora dibattere sulla sua figura? Quale classe di ottimati si sente autorizzata a emettere sentenze su mio padre?». Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, dice che occorre riflettere su quel periodo, ma intitolare una strada a Craxi riaprirebbe vecchie contrapposizioni. «Se la città vuole dare un riconoscimento a un milanese che ha lavorato tutta la vita con lealtà e passione, lo faccia. Non vogliono? Non lo facciano. Ma questa storia ridicola della “discussione" è intellettualmente disonesta». Pretende una sorta di risarcimento storico? «Quella compiuta nei confronti di Craxi è un'ingiustizia umana oltre che politica, e questa ingiustizia dovrebbe essere riparata. Non si tratta di una questione toponomastica, ma politica».Scegliendo la latitanza, Craxi non ha tradito le leggi dello Stato che rappresentava? «Non scelse la latitanza, ma l'esilio, che nella storia è sempre esistito, rifiutandosi di sottoporsi a una giustizia politica che non riconosceva. Per ribellarsi a chi lo voleva vinto e umiliato. Latitante è chi non si trova, non chi si intervista…».Il celebre discorso nell'aula di Montecitorio, del luglio 1992, sul finanziamento ai partiti, fu una chiamata di correo?«Neanche per sogno. Era un discorso in cui chiese alla classe dirigente del tempo di dare alla prima Repubblica una fine politica, e non giudiziaria». Pensa che il presidente della Camera, Roberto Fico, dovrebbe per questo intitolare a Craxi una sala a Montecitorio?«Perché no? Sarebbe un riconoscimento per una figura che ha lasciato un segno, come lo ha lasciato il riformismo socialista, nonostante il tentativo di coprirlo sotto una coltre di menzogne e di oblio». Difficile trovare una pacificazione: dopo 20 anni, politici e magistrati sono ancora in conflitto. «Tutte le questioni che Craxi aveva posto sono ancora irrisolte: i rapporti con la magistratura, l'equilibrio dei poteri, la riforma dello Stato. Ma è la sinistra che non vuole fare i conti con Craxi. In questi giorni finanche tanti deputati della Lega mi stanno chiamando, dicendo: “Ci dispiace, abbiamo sbagliato". Poche parole, che però la sinistra è incapace di pronunciare». Quella sinistra che oggi sta scrivendo la riforma della giustizia con i 5 stelle, che contiene le manette ai grandi evasori e lo stop alla prescrizione?«Appunto. E il morbo del moralismo militante, oggi affiliato al grillismo, inoculato dalla sinistra nel Paese dai tempi di Tangentopoli». A scrivere questa riforma ci sono i figli della folla inferocita del Raphael, che lanciava monetine a suo padre? «Assolutamente sì. Un misto di giustizialismo e cultura pauperista». L'agonia dell'industria italiana, dall'Ilva ad Alitalia, è un altro frutto avvelenato della fine della prima Repubblica? «Il governo da tempo non ha una politica industriale. Vent'anni fa hanno sfasciato il sistema politico, e adesso i nodi vengono al pettine. Tra tasse, burocrazia, giustizia sgangherata, con il costo del lavoro più alto del mondo, chi fa impresa in Italia oggi è un eroe». Privatizzare è stato un errore?«Si sono creati monopoli privati. Altro che privatizzazioni. Rileggere Tangentopoli significa anche questo: andiamo a rivedere come sono state svendute le aziende di Stato. E chi ne ha beneficiato». E tra qualche mese l'ex presidente dell'Iri, Romano Prodi, potrebbe salire alla presidenza della Repubblica. «Proprio lui, tra i responsabili della svendita del patrimonio pubblico italiano agli amici degli amici? Non con il mio voto».Intanto il Csm è stato travolto dagli scandali. Ai tempi del pool, qualcuno sarebbe già in cella? «Dico soltanto che una magistratura divisa in correnti politiche è una caricatura della giustizia. Dov'è finita l'imparzialità delle toghe?». Reintroduciamo il finanziamento ai partiti? «Una riflessione occorre farla, perché la democrazia sana ha un costo: è fatta di campagne elettorali, convegni, libri, giornali. Forse la politica devono farla solo i ricchi, come nei sistemi oligarchici di fine Ottocento?». Intanto nella maggioranza si va verso l'accordo sul proporzionale corretto. Che ne pensa? «Chi non impara dal passato ripete gli stessi errori. Prima si deve riformare il sistema politico e istituzionale, e soltanto dopo viene la legge elettorale. Io sono favorevole al presidenzialismo. Facciamo decidere agli italiani la forma di governo con un referendum». Chi è l'erede di Bettino Craxi?«Nessun erede. Craxi è Craxi».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)