2020-01-03
Checco Zalone saluta i suoi critici e con «Tolo Tolo» fa il record di incassi
Ben 8,7 milioni di euro nel primo giorno di programmazione. La sua tattica di «cattiveria cerchiobottista» ha funzionato.Checco Zalone, subissato dalle polemiche di chi lo voleva razzista e poi osannato da quegli stessi odiatori redenti, l'ha fatta a tutti. Specie, ad una sinistra che nel suo Tolo Tolo ha faticato a trovare una lettura univoca. Il film, pur preceduto dallo spot della discordia, nel quale il comico, tra Toto Cutugno e l'«imbruttito», si è esibito sulle note di Immigrato («Quanti spiccioli ti avrò già dato»), ha sconquassato le logiche dell'industria italiana. In un solo giorno di programmazione, Tolo Tolo ha incassato 8,7 milioni di euro, diventando con ciò il miglior esordio di sempre nella storia del cinema nostrano. Zalone ha fatto meglio della concorrenza, e ha fatto meglio di sé.Sebbene le precedenti pellicole del comico pugliese detengano, nel Belpaese, un primato economico ineguagliato, Zalone si è superato. Il suo record, quello stabilito nel 2016, quando il debutto nelle sale di Quo Vado? gli ha portato 7,341 milioni di euro, è stato polverizzato. Checco, con i piedi nudi stretti nei mocassini e i bermuda bianchi modello slim-fit, ha avuto la meglio su sé stesso e, pure, sulla zuffa virtuale scoppiata tra la destra bifolca per decreto e la sinistra dei nasi arricciati con ostentato disgusto. Tolo Tolo, al cinema, è stato accompagnato da un codazzo di polemici bacchettoni. Zalone, ha gridato la sinistra, è un bieco razzista e il suo Immigrato, ha scritto l'ormai tuttologa Heather Parisi, «è un concentrato di luoghi comuni che non ha nulla di ironico». Peggio, «Immigrato è terribile e non fa ridere», ha twittato l'account ufficiale di Baobab Experience (epicentro nella galassia delle Ong dell'accoglienza senza se e senza ma), liquidando il promo come «banale spazzatura per il mercato delle festività». A sentir la sinistra, il primo gennaio, data fissata per l'esordio cinematografico di Tolo Tolo, avrebbe dovuto essere il giorno del giudizio: il momento, specifico, nel quale il pubblico avrebbe riconosciuto in Zalone, nato Luca Medici, la bestia che è. Invece il primo gennaio ha finito per essere il giorno in cui la sinistra, o quella parte di essa che - a priori - s'era già collocata «contro», ha rivisto ogni propria convinzione. Zalone è diventato un genio, un Maestro. Tolo Tolo un capolavoro di realismo e satira, non più razzista ma, addirittura, antileghista. La sinistra si è ricreduta, dunque. A tratti, ha pure sostenuto che parte della destra abbia attuato uno stesso processo di revisione, solo al contrario. Gli zotici in canotta e rosario, una volta visto Tolo Tolo, si sarebbero scandalizzati. Perciò, Ignazio La Russa, sul proprio profilo Twitter, avrebbe demolito l'esordio alla regia di Zalone come «scarso e noioso», tirando in ballo il «soddisfatti o rimborsati». «Mi sembra che 'sta recensione tolga ogni dubbio», ha replicato il vignettista Makkox (in forza all'Espresso), sostanziando una baruffa che sembra ben lontana dal volersi spegnere. Gli strali, lanciati a più mani dalla destra e dalla sinistra, non si sono placati con la visione del film. Anzi.In Tolo Tolo - storia di un italiano scappato in Africa per sfuggire al fisco e rimpatriato sui barconi, nel lungo viaggio compiuto dai migranti - ciascuno ha letto quel che ha voluto. La destra ha impugnato Immigrato come fosse un manifesto programmatico, la sinistra lo ha messo al bando per le stesse ragioni. Poi, la sinistra ha sostenuto che la pellicola, da terzi liquidata come populista e qualunquista, offrisse, invece, uno spaccato incredibilmente realistico del qui ed ora, fornendo una rappresentazione (non più di tanto) grottesca dell'italiota fascistoide. Zalone avrebbe voluto irretire la destra solleticandone la pancia con quel cumulo di luoghi comuni che è Immigrato. E, quando i boccaloni hanno abboccato, entusiasti di quel fiero sfoggio di nazionalismo, li avrebbe bacchettati. Checco Zalone, lo zotico e mediocre uomo interpretato da Luca Medici, sarebbe l'immagine riflessa dall'elettore medio di Matteo Salvini. Tolo Tolo, dunque, dimostrerebbe che Zalone è parte dell'intellighenzia, degno di entrare nei salotti romani e inerpicarsi su, per la proverbiale torre d'avorio. E dimentichiamocelo, allora, l'incedente di Immigrato, quel fattaccio innocuo in nome del quale Zalone è stato solo linciato sulla pubblica piazza (di social e giornali). Dimentichiamocelo, ed abbracciamo tutti la visione radical. Una visione che, però, non corrisponde ad alcuna realtà. Checco Zalone non è di destra e nemmeno di sinistra. Non tesse l'apologia dei migranti, come qualcuno ha azzardato. Checco Zalone è maestro di un'arte che, in politica, prenderebbe il nome di «cerchiobottismo»: colpisce tutti, un po' qua ed un po' là, riservandosi di saltare e picchiare dall'una all'altra parte, senza curarsi di etica e regole o buoncostume. Perciò, ha tanto successo. Perché lui solo, in un mondo di «comici» schierati, è rimasto fedele all'imperativo di Paolo Villaggio: essere cattivo, sempre.