
Papa Leone ieri all’Angelus ha detto che chi parla di pace rischia di fare la figura del fesso. Purtroppo, aggiungo io, chi invoca la tregua non corre soltanto il pericolo di essere trattato come lo scemo del villaggio, perifrasi meno carina però più efficace di quella usata dal pontefice, bensì di essere anche considerato un servo di Putin, ovvero un ignobile figuro che per soldi o per ambizioni di carriera è disposto a mettere la propria dignità al servizio di un regime dittatoriale. Sono quasi quattro anni, cioè da quando le truppe di Mosca hanno invaso l’Ucraina, che chiunque lanci un appello alla pace che non includa un richiamo alla vittoria totale di Kiev sull’invasore viene considerato un traditore. Sostenere la necessità di un cessate il fuoco, anche a costo di qualche concessione, è ritenuta una bestemmia.
Anzi, un’offesa al buonsenso e all’onore. Dire che sia necessario trattare invece che morire è infatti considerato un cedimento all’aggressore. Più o meno come una resa di fronte al prepotente di turno, con annessi richiami storici alla famosa occupazione della Cecoslovacchia da parte di Hitler nel 1939. Chi sollecita la pace e non la vittoria contro Putin sarebbe insomma un codardo, al pari di quelli che di fronte ai nazisti si voltarono dall’altra parte facendo finta di non vedere.
In realtà, la storia è molto diversa e i richiami di chi si appella al passato non hanno alcun fondamento. Innanzitutto, il rifiuto di ogni trattativa al momento ha prodotto solo centinaia di migliaia di morti e feriti da entrambi le parti. E probabilmente nei mesi a venire, se non si troverà la via per un armistizio, conteremo altre centinaia di migliaia di vittime, anche in Europa. Niente di questo accadde nel 1939, quando con la scusa di difendere le ragioni gli abitanti dei Sudeti, popolazione di origine germanica insediata tra la Boemia e la Slesia, i tedeschi occuparono la Cecoslovacchia. Nel nostro caso i richiami storici c’entrano come i cavoli a merenda, perché gli abitanti del Donbass non sono quelli dei Sudeti e le potenze occidentali, invece di voltarsi dall’altra parte, sono pienamente coinvolte in una guerra di cui non si intravede la fine.
Nonostante si combatta da quasi quattro anni e la scia di sangue si allunghi giorno dopo giorno, c’è ancora chi sostiene che è necessario continuare a combattere. Anzi, dato che molti ucraini per evitare di finire al fronte e perdere la vita si sono dati alla macchia, a fare la guerra dovrebbero essere gli stessi europei. I capi di stato maggiore inglese e francese già invitano i propri concittadini a prepararsi a perdere i figli in battaglia. E uno dei comandanti della Nato, l’ammiraglio Cavo Dragone, addirittura invoca un attacco preventivo alla Russia, che sebbene venga definito ibrido altro non vuol dire che iniziare un conflitto.
Sì, mentre il papa parla di pace, in Europa c’è tanta voglia di guerra. Di solito, attaccare serve a far dimenticare la crisi economica, consentendo alle industrie in difficoltà di riciclarsi con la produzione di armamenti. È ciò che accade in Germania e anche in Francia. Dove un’industria alla canna del gas si attacca ai cannoni e ai carri armati pur di risollevarsi.
Ciò detto, chi parla di pace non rischia solo di venire ridicolizzato, come dice il Papa, ma anche di finire nelle liste di proscrizione. Quando nei primi mesi di guerra qualche commentatore invitò a far sedere al tavolo della trattativa ucraini e russi, descrivendo i pericoli di un conflitto che poteva destabilizzare l’Europa, il Corriere della Sera si incaricò di comporre l’elenco dei putiniani d’Italia, colonna infame da porre al bando. Se fra qualche anno si ripercorrerà la storia dell’invasione dell’Ucraina, dell’arroganza di Putin e degli errori dell’Occidente, ma anche dei molti tentativi di raggiungere un cessate il fuoco, credo che sarà utile ripercorrere anche i tentativi di tappare la bocca, con accuse ingiuste e sgradevoli, a tutti coloro che invece delle armi avrebbero voluto far parlare il buonsenso. Ma purtroppo, come in molte guerre, il ragionamento non ha diritto di cittadinanza e dunque si è preferito dividere il mondo in due: i buoni di qua, i cattivi di là. Con il risultato che in nome della pace giusta si sono mandati a morire migliaia di persone e si è impedita a chi la sosteneva l’unica pace possibile.






