2020-08-18
«Che caos sul numero dei contagiati. Necessari i tamponi per i migranti»
Il direttore del dipartimento di sanità pubblica della «Federico II»: «Dati troppo generici sugli infetti, non è corretto mescolare gli asintomatici alle terapie intensive. Servono più controlli alle frontiere».Una sfilza di numeri non è il modo migliore per disegnare il quadro di un'epidemia da Covid-19 non solo per una questione di corretta informazione, ma anche per indirizzare le scelte sulle modalità di assistenza da parte del Sistema sanitario. Secondo Maria Triassi, direttore del Dipartimento di sanità pubblica, farmacoutilizzazione dell'Università Federico II di Napoli, le decisioni prese dalle varie Regioni, per contenere la diffusione del coronavirus Sars-Cov-2, sono spesso state dettate da «un approccio sommario al problema, condizionato da una modalità incompleta di presentazione dei dati». Perché non basta sapere quanti sono i positivi al Covid-19? «Il numero complessivo dei positivi dà un'informazione abbastanza generica. Per far capire alla popolazione l'impatto sul Sistema sanitario bisogna distinguere tra positivi asintomatici, positivi con sintomi lievi, con sintomi gravi, pazienti in terapia intensiva e pazienti deceduti. Inoltre si dovrebbe anche distinguere tra positivi che si sono infettati in Italia e positivi che hanno contratto il Covid-19 in vacanza all'estero. Solo procedendo in questo modo si può convivere con il virus senza imporre ai nostri connazionali regole e divieti spesso insensati. La presentazione completa e corretta dei dati e la loro comunicazione alla popolazione contribuirebbe alla chiarezza ed eviterebbe equivoci fuorvianti».Non chiediamo un po' troppo a un sistema che fatica a fare i tamponi anche solo negli aeroporti? «È solo una questione di comunicazione dei dati, non bisogna lavorarci. Non so perché non si faccia, ma con i dati più dettagliati si potrebbe avere la giusta attenzione sul problema evitando sia un eccessivo allarmismo e, all'opposto, una sottovalutazione della situazione. Se l'80% dei positivi è asintomatico e il fenomeno è costante, allora dobbiamo lavorare di più sul territorio, sul controllo della trasmissione. Se i casi gravi aumentano, è l'ospedale che deve essere pronto a curarli. Ecco perché è utile monitorare, regione per regione, la proporzione dei casi con sintomi gravi e quelli in terapia intensiva. Il Sistema sanitario deve quindi essere flessibile».Fornire questi numeri ogni giorno è fattibile? «Non è necessario. Sarebbe importante avere il dato dettagliato relativo a una settimana. Si tratta di un orizzonte temporale adeguato per avere il polso dell'andamento della situazione e poter intervenire con tempestività nell'organizzazione dell'assistenza sanitaria. I dati giornalieri infatti risentono di oscillazioni dovute al numero di tamponi che vengono processati. Il lunedì, ad esempio, ci sono di solito numeri più bassi perché nel fine settimana si fanno meno test». Circa la metà dei positivi sono di importazione: vacanzieri, turisti, migranti. Non tutti sono testati allo stesso modo: ogni Regione fa un po' a modo suo…«L'aggiornamento deve essere omogeneo. Non possiamo fare i tamponi solo sugli italiani che tornano dall'estero. Bisogna tenere la guardia alta su tutti quelli che arrivano alla frontiera: turisti e migranti. Dobbiamo occuparci di queste persone, in particolare dei migranti. È un nostro dovere, sia per la loro stessa salute, sia per evitare che si creino in autunno dei focolai incontrollati e incontrollabili. Se vogliamo bloccare il contagio dobbiamo fare i tamponi alle frontiere: vacanzieri, turisti e migranti». I tamponi rapidi hanno un problema di attendibilità: si potrebbe perdere il 30% dei positivi. È un problema grave?«Tutti i test hanno dei limiti. Si fa quello che si può. Il fenomeno è nuovo e va monitorato. Occorre prevedere un sistema di raccolta dati rapido e unico per tutto il territorio nazionale, in modo da uniformare l'indagine epidemiologica e consentire una lettura omogenea del quadro epidemiologico essenziale. Inoltre, si deve puntare su tamponi rapidi per la diagnostica immediata, soprattutto in autunno quando, nei pronto soccorso, ci sarà da distinguere tra le varie sindromi respiratorie. Non si potrà aspettare ore per avere i risultati».A sentire certi numeri si ha l'impressione che si debba fare una corsa contro il tempo per evitare una seconda ondata del Covid-19…«Siamo in tempo perché ogni giorno è diverso. È una situazione in piena evoluzione. Nessuno può prevedere quello che accadrà. La cosa che sicuramente dobbiamo fare è usare le mascherine: se le usano tutti nessuno si contagia. Questo vale anche in tutti i mezzi di trasporto pubblici, negli aerei, nei treni. Oltre alle mascherine serve il distanziamento e il lavaggio frequente delle mani».