2025-03-02
«Cgil fa politica e blocca i rinnovi Pa. Aumenti per legge scelta di governo»
Paolo Zangrillo (Imagoeconomica)
Il ministro per il Pubblico impiego Paolo Zangrillo: «Speriamo nel dialogo, ma ci sono 20 miliardi fermi e se Landini parla di rivolta sociale il no ai contratti è consequenziale. Uffici aperti di sera? Ci lavoriamo. Ora un ddl sul merito».In tempi di strette di bilancio e di motoseghe brandite a mo’ di avvertimento per i prossimi tagli ai dipendenti dello Stato, il ministro per la Pa italiana, Paolo Zangrillo, può vantare un piccolo record. È seduto su un tesoretto da circa 20 miliardi di euro, poco meno di una manovra, già stanziati dal governo per rinnovare i contratti e aumentare gli stipendi di chi lavora nella cosa pubblica. Ci sarebbe da festeggiare se non fosse per un piccolo particolare: il manager ex Fiat e Acea, prestato alla politica, fino a oggi ha potuto usarne solo una piccolissima parte. Motivo? Alcuni sindacati, Cgil e la Uil che la segue a rimorchio, si sono messi contro. Dicono che quelle risorse, sebbene si tratti di cifre mai viste prima, non bastano. Serve molto di più. E quindi bloccano tutto. Ministro cosa si prova? «Guardi da una parte c’è smarrimento, perché devo prendere atto che una parte del sindacato non comprende o fa finta di non comprendere l’impegno straordinario di questo governo a favore dei dipendenti pubblici. Noi veniamo da una storia di accordi sofferti e blocco del turnover, mentre nelle due ultime leggi di bilancio sono stati stanziati prima 8 e poi ulteriori 12 miliardi per coprire due tornate di rinnovi (2022-2024 e 2025-2027) a 3 milioni e 200.000 lavoratori del pubblico. Un segnale di continuità che mai si era visto prima». Cgil e Uil dicono che questi fondi non sono sufficienti perché tra il 2022 e il 2024 l’inflazione è cresciuta del 17% e il governo copre poco meno del 7%. I numeri le tornano? «Non mi tornano perché l’inflazione del periodo è del 14%, ma non è neanche questo il punto. Il problema è fare i conti con la realtà: per soddisfare le richieste di Cgil e Uil il governo dovrebbe stanziare 32 miliardi di euro solo per il rinnovo 2022-2024, quanto una robusta Finanziaria. Mi sembra evidente che non si possa fare. E del resto in un passato neanche tanto lontano, nel 2018, gli stessi sindacati che oggi votano contro i rinnovi bloccando gli aumenti hanno firmato accordi con incrementi salariali del 3,4% a fronte di un carovita cumulato negli otto anni precedenti pari al 12%. Perché ieri sì e oggi no?». Lei che idea si è fatto?«Il sospetto è che non vogliano negoziare e che stiano facendo politica».Sulle spalle dei dipendenti pubblici che stanno perdendo aumenti che oscillano tra i 150 e 200 euro lordi al mese. «E qui veniamo alla sensazione di disagio che sto provando per i lavoratori che non si vedono riconosciuto quanto loro dovuto. Il discorso vale per tutti, ma lei pensi al significato profondo che può avere il rinnovo del contratto per una categoria, i dipendenti della sanità, che nel periodo del Covid ha sofferto più di altre. I sindacati ci avevano segnalato l’importanza di dare un segnale a chi lavora nei Pronto soccorso, bene se andasse in porto solo il primo rinnovo vedrebbero aumentate le loro retribuzioni di 520 euro lordi al mese». E invece anche per i 580.000 tra infermieri e personale sanitario è tutto bloccato. «C’è stata una trattativa che riproponeva il solito schema, la Cisl a favore dell’accordo e la Cgil e la Uil contrari. Sono diventati decisivi gli autonomi e nel giorno del dentro o fuori sembrava che la maggioranza delle parti sociali fosse propensa al sì. Questo fino a mezzogiorno. Rientrati dalla pausa pranzo il Nursing Up (una sigla degli infermieri ndr) ha improvvisamente cambiato idea. Il suo voto è risultato decisivo per far saltare il rinnovo».Pensa possano esserci dei ripensamenti?«Io sono un uomo del dialogo e ribadisco anche adesso la mia disponibilità a trattare, ma mi sembra che le posizioni di Cgil e Uil siano pregiudiziali, e del resto questa chiusura fa il paio con “la rivolta sociale” invocata da Landini. Tutto sommato è un comportamento conseguente».Lei potrebbe attribuire questi aumenti per legge, certo si perderebbe tutta la parte normativa degli accordi, ma così almeno i dipendenti pubblici si vedrebbero riconosciuto quanto loro spetta in busta paga. È già successo in passato. «La considero una extrema ratio, anche perché in questo modo i lavoratori dovrebbero rinunciare ad alcuni istituti - penso alla settimana corta fino al giovedì a parità di orario, al supporto psicologico e al patrocino legale gratuito, oppure alla possibilità di ricevere i ticket anche se sono in smart working - che sono previsti nei vari contratti non ancora operativi. Detto questo ci sono 20 miliardi stanziati ed è chiaro che non possiamo tenerli bloccati».C’è un deadline? In molti pensano che almeno fino a metà aprile, quando ci sono le elezioni delle Rsu (si votano i rappresentanti sindacali nella varie categorie) non si muoverà una foglia. «Lei è ottimista, il processo del rinnovo delle Rsu è lunghissimo e andrà avanti almeno fino a dopo l’estate. Altro che aprile». A maggior ragione le chiedo: fino a quando siete disposti ad aspettare?«E io le ribadisco che sono un uomo del dialogo, che non è una decisione che posso prendere da solo ma va condivisa con il governo e che di certo non possiamo aspettare in eterno». Cambiamo capitolo. Cosa ne pensa di Musk che brandisce la motosega come simbolo dei tagli ai dipendenti pubblici?«Penso che siamo in situazioni molto differenti. Musk ha avviato in modo risoluto un percorso di efficientamento della macchina burocratica americana, mentre noi arriviamo da anni di blocco del turnover che ha portato la media tra dipendenti del pubblico impiego e cittadini residenti al 5,8% ben sotto la media Ue dell’8%».Insomma, bisogna assumere?«È quello che stiamo già facendo, tra 2023 e il 2024 abbiamo assunto quasi 350.000 persone e continueremo su questi ritmi anche perché da qui al 2032 circa 1 milione di dipendenti pubblici entrerà in età da quiescenza». Oltre ad assumere si sente anche la necessità di formare e ringiovanire gli organici che hanno un età media tra le più alte d’Europa. «Nel 2021 l’età media dei dipendenti pubblici era di 51 anni e mezzo e con le nuove assunzioni siamo già arrivati a 49 anni. È un processo che richiede tempo ma che continuerà in questa direzione nei prossimi anni con processi formativi che guardano molto alla digitalizzazione. Mi preme però sottolineare che uno dei nostro obiettivi è rendere più attrattivo il lavoro nella Pa e se guardo ai dati recenti penso che qualcosa di buono si intraveda. Negli ultimi due anni abbiamo bandito 22.000 concorsi mettendo a disposizione 340.000 posti di lavoro e ricevendo 1 milione 300.000 candidature». Attrazione per il posto fisso. «C’è questo elemento, ma io penso che si noti anche una rinnovata attenzione al benessere nei luoghi di lavoro».In realtà una delle lamentele più comuni riguarda proprio il fatto che nel pubblico si fa carriera solo attraverso i concorsi. «E infatti non sarà più così. A breve porteremo in cdm un ddl che introduce meccanismi di valutazione e quindi di premio e di carriera sulla base degli obiettivi raggiunti. Saranno responsabilizzati i dirigenti che avranno anche il compito di proporre i collaboratori e di seguire il loro processo di crescita sulla base di elementi oggettivi. La Corte dei conti dice che oggi il 98% dei dipendenti pubblici ha una valutazione eccellente, con tutto la fiducia che ho per la categoria mi sembra evidente che ci sia qualcosa da cambiare».I cittadini vi chiedono anche più flessibilità. Magari di avere uffici aperti fino a sera e nei fine settimana. «Ci stiamo lavorando. Ci sono segnali in questo senso anche nei rinnovi contrattuali, pensi per esempio alla settimana corta fino al giovedì a orario invariato». In un’intervista racconta della sua passione per la cucina e dell’abitudine di andare al mercato per acquistare le materie prime dei suoi piatti. Cosa le chiedono i cittadini quando la riconoscono? «Mi chiedono di semplificare e di rendere la Pa piú vicina agli utenti. Per questo motivo stiamo lavorando a ritmi serrati per raggiungere l’obiettivo, previsto dal Pnrr, di semplificare 600 procedure entro il 2026. A fine 2024 siamo arrivati a quota 230 e ora attraverso la consultazione “La tua voce conta” lanciata dal dipartimento della funzione pubblica stiamo raccogliendo segnalazioni e idee da parte dei nostri utenti. La prossima settimana saremo in Sicilia con una ulteriore tappa di “facciamo semplice l’Italia”. Con il confronto e il dialogo possiamo davvero rendere la Pa più moderna e accessibile ai nostri utenti».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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