2025-09-21
La «censura» di Donald sveglia il «Corsera»
Antonio Polito (Imagoeconomica)
Polito si ricorda del free speech proprio adesso che i promotori delle purghe sono i conservatori americani. Di per sé, la tesi sarebbe condivisibile. Peccato però che fosse il suo giornale a redigere le liste di proscrizione dei presunti «putiniani d’Italia».Oggi le censure vogliono avere una buona coscienza. Percorrono le autostrade dell’informazione su auto elettriche, fingono di interpretare con distacco i fatti e hanno la memoria meravigliosamente selettiva, come quel direttore di giornale che un giorno - per nascondere una notizia - mi disse con aria divertita: «Questa testata ha più di un secolo di storia. E a 100 anni e passa puoi permetterti qualche vuoto di memoria». Impressioni astratte da quadro di Jackson Pollock che derivano spontanee dalla lettura dell’editoriale del Corriere della Sera vergato dal vicedirettore Antonio Polito. Titolo: «I padroni dell’odio». Svolgimento: «Il free speech è quello dei miei amici e l’hate speech quello dei miei nemici».Non è esattamente così e non dovrebbe esserlo in assoluto, gli eretici non possono essere sempre e solo gli altri. Riassunto del Polito-pensiero: «La destra dice: hanno ucciso Charlie Kirk, eroe Maga e uomo libero, perché senza peli sulla lingua smontava i tabù del politicamente corretto. Di conseguenza i Maga chiudono la bocca, fanno licenziare o minacciano di cause miliardarie singole persone, giornali ed emittenti che contestino o irridano le loro opinioni sul delitto Kirk». La contraddizione è evidente, la scelta è profondamente sbagliata (da Minculpop, da Soviet supremo), le tesi dell’articolo a favore della libertà di parola sono condivisibili e ripropongono le posizioni in merito di un piccolo quotidiano che in queste ore ha compiuto nove anni di vita.Quel che è curioso è che il più importante giornale italiano abbia improvvisamente a cuore il free speech e si accorga di quanto è prezioso per la democrazia, solo quando a farlo scricchiolare - con una decisione istintiva e sgangherata - è il governo conservatore per eccellenza. Sarebbe stato liberatorio leggere parole così sagge (nessuna ironia) quando era più difficile scandirle. Per esempio mentre veniva demonizzato chi si permetteva di criticare il Green Pass per andare a lavorare, mentre veniva idealmente sciolto nell’acido chi diffidava del potere salvifico dei vaccini, mentre venivano esposti al ludibrio delle liste di proscrizione (anche da parte del giornale di Polito, do you remember «Ecco i filoputiniani»?) coloro che sollevavano dubbi sulla strategia dell’Unione europea nel contrastare la prepotenza russa in Ucraina.Allora il free speech era un fastidio, alle sfilate della fashion week si portava con maggiore disinvoltura il pensiero unico. E chi non lo sposava andava esecrato in piazza, espulso dai social, paragonato a un untore manzoniano di peste intellettuale. Annichilito dal pregiudizio etico, annientato dal conformismo dominante prima che dalle sue buone (o cattive) ragioni. Sarebbe stato stupendo leggere l’editoriale di Polito cinque, dieci anni fa mentre Bruxelles metteva in ginocchio la Grecia e cominciava a prendere decisioni cervellotiche, contrarie agli interessi dei cittadini. Allora c’era qualcuno che, essendosene accorto, cominciava a dirlo. «Euroscettico ignorante, al rogo!». E via a tifare pelosamente per la macelleria della Troika. Allora qualcun altro faceva notare che calpestare con gli scarponi chiodati tradizioni e identità di Paesi sovrani avrebbe condotto a gastriti profonde, a conflitti sociali, a destabilizzazioni. «Schifoso sovranista, a cuccia!». Per zittire il dissenso in nome di un moralismo servile si inventavano termini nuovi e li si lanciava addosso ai critici come letame se non come pietre. Per poi scoprire (il tempo è galantuomo) che perfino Mario Draghi - per il Corriere un superuomo nietzschiano non criticabile anche quando si contraddiceva fra il pranzo e la cena - oggi a babbo morto è euroscettico. E questa è la nemesi o una pièce teatrale. Conseguenza della presa di coscienza? Una scrollata di spalle, control+alt+canc. E dopo una lunga stagione trascorsa con la divisa della polizia del karma a evitare che le argomentazioni altrui entrassero in gioco, ecco che la prima buccia di banana trumpiana diventa un buon motivo per tuffarsi con il costume ascellare e il monocolo della saggezza nella piscina delle libertà condivise. Sì, fino a domattina, fino a quando farà comodo alla maschera più di moda in politica: il socialista travestito da liberale. Nell’articolo viene giustamente ricordato il discorso di JD Vance a Monaco con l’invettiva all’Europa: «Da voi la libertà di parola sta regredendo», per metterne in evidenza la contraddizione. Ma la prima contraddizione fu proprio di coloro che in tv, nelle redazioni, nei think tank neppure ascoltarono quella verità sotto gli occhi di tutti (soprattutto di milioni di elettori) ma la bollarono sbellicandosi come «arroganza specchio dell’ignoranza» di questo bamboccio degli Appalachi. La libertà di pensiero deve valere per tutti gli argomenti. Nessuno escluso. E riguarda anche chi ci ha fatto entrare a ritroso nel ventunesimo secolo, con l’occhio fisso al retrovisore, caro Polito. Comunque benvenuto nel club. Forse come titolo sarebbe stato più efficace un autobiografico «I padroni dell’ovvio».
Germanio, strozzatura cinese. Aumenta la domanda di navi a prova di ghiaccio. Porti, gli USA contro la Cina. Petrolio, nebbia sui dati. Terre rare, l’accordo Ue-Cina non funziona.
Vladimir Putin (Getty Images)