2024-03-22
Cedere alle pretese degli islamici radicali sarebbe uno schiaffo a legalità e sicurezza
Un immobile usato dai musulmani per le preghiere a Monfalcone (Ansa). Nel riquadro la cover del libro «Ora basta» di Anna Maria Cisint
Il libro del sindaco Anna Maria Cisint: agli stranieri non può essere tutto permesso. Lo Stato prevenga i pericoli del fondamentalismo.Quando di mezzo ci sono gli stranieri, scatta una sorta di ideologia del «vale tutto», e il timore reverenziale a intervenire per far rispettare la legalità e la sicurezza. Chi viene eletto alla responsabilità della guida di una città ha, invece, il dovere di assicurare l’interesse generale e agire quando esso viene violato dai comportamenti di una fazione, o di un clan, a danno della collettività. Molto spesso per ignavia, o per timore del politicamente corretto, si trascura l’importanza di esercitare questa responsabilità e, poi, si pagano le conseguenze delle degenerazioni che ne conseguono. Ho voluto rompere il tabù che porta a tollerare la violazione della legalità e dell’ordine pubblico quando vengono infranti dagli immigrati presenti nel nostro territorio e che, diventa, una sorta di impunità verso i loro comportamenti. È questo il valore dei due provvedimenti che hanno fatto di Monfalcone un caso esemplare a livello nazionale: i centri islamici non possono agire come zone franche di predicazione, dove non si pratica l’uso della lingua italiana e dove chiunque può trovare rifugio. Il rispetto delle norme costituisce un elemento fondamentale di garanzia del convivere civile, che assume un particolare rilievo in una città come la nostra per la presenza di una consistente comunità musulmana, che mostra sempre più il volto integralista, soprattutto nei confronti delle condizioni delle donne. [...]Una trasmissione televisiva, Fuori dal coro, condotta dal giornalista Mario Giordano e che si occupa in modo attento alle questioni che riguardano le conseguenze della presenza migratoria in Italia, ha fatto scalpore con il servizio di un inviato che si è recato, con la telecamera nascosta, dentro una delle più grandi moschee milanesi, per raccontare tutto l’appoggio degli islamici presenti nei confronti di Hamas dopo l’orrore perpetrato contro Israele. In una puntata successiva, sono stati documentati i centri culturali che si trasformano in moschee abusive all’interno di scantinati e la destinazione di interi edifici adibiti a luoghi di culto, in via Zambelli, sempre a Milano. Tutti questi immobili sono gestiti, già dal 2013, da Ahmed Kabir, un immigrato arabo, che negli anni è stato condannato per stalking, molestie, violenza sessuale e resistenza a pubblico ufficiale. Gli abitanti del quartiere hanno raccontato episodi sconcertanti, come la volta in cui questo personaggio si sarebbe tirato giù i pantaloni davanti alla figlia di una residente. [...]Quando c’è in gioco la legalità e la sicurezza, come nel caso dei nostri due centri islamici, si deve essere chiari sul «da che parte si vuole stare» in uno Stato di diritto. L’Associazione islamica Baitus Salat in precedenza aveva cercato di aprire una grande moschea nel fabbricato di un supermercato dismesso nel 2010. L’acquisto dell’immobile era avvenuto nel 2017: con circa 2.000 metri quadrati a disposizione, si voleva realizzare una moschea di grandi dimensioni, che si sarebbe collocata in un’area centrale, su una strada a grande scorrimento. Numerose erano state allora le istanze dei cittadini rimaste, peraltro, inascoltate dalla precedente giunta di sinistra, preoccupati per i diversi risvolti di sicurezza e ordine pubblico che da un insediamento del genere, e di queste dimensioni, si sarebbero determinati. Abbiamo imposto uno stop, aprendo un contenzioso, finché, nel dicembre del 2021, il Consiglio di Stato ha posto la parola fine a questa eventualità dando ragione alla nostra azione. [...] Dopo i provvedimenti che hanno riguardato i due centri islamici si sono alimentate le prevedibili polemiche degli esponenti politici e degli opinionisti di alcuni organi di informazione della sinistra, a conferma della loro assoluta incapacità di comprendere le ragioni della legalità e i bisogni della nostra società. Il 23 dicembre, che è la giornata di attesa del grande evento della Natalità e che per ogni credente, com’è nel mio caso, rappresenta il momento che accompagna l’affermazione dei più alti valori cristiani, è stata organizzata una manifestazione per protestare contro il Comune e, quindi, contro le norme e i regolamenti sulla tutela dell’incolumità pubblica, che hanno obbligato la chiusura di due centri islamici che operavano al di fuori delle leggi vigenti. Ai promotori avevo chiesto di avere considerazione per ciò che rappresentano nel nostro Paese queste festività che sono espressione di spiritualità e di serenità. Si sono mostrati intransigenti nel rifiutare la richiesta di rinvio, così come in precedenza era stata respinta ogni proposta di dialogo che avevo formulato ai rappresentanti della comunità musulmana. Hanno, persino, rigettato la disponibilità alternativa data dal locale oratorio cattolico per ospitare i loro momenti di preghiera. È stata una vera e propria sfida verso le istituzioni da parte di chi vuole esportare da noi modelli di integralismo del tutto estranei alla nostra storia e alla nostra civiltà. [...]Nei Paesi islamici di provenienza dei promotori del corteo, un’iniziativa come questa, finalizzata ad andare contro le norme vigenti, sarebbe stata rigorosamente vietata. Di più: quando un italiano visita o vive nelle nazioni legate all’Islam allorché non dovesse rispettare usi, costumi e regole, comprese quelle ispirate dalla religione, sarebbe immediatamente arrestato, punito ed espulso. In ogni caso, in democrazia la volontà popolare non si esprime con un corteo, ma attraverso il consenso della stragrande maggioranza che si manifesta con il voto. Per questo, la forzatura di una manifestazione che ha concentrato musulmani arrivati da altre località, che sventolavano le bandiere italiane, ha rappresentato un vero e proprio atto di arroganza. Cedere alle loro richieste avrebbe significato tradire la fiducia dei cittadini che mi hanno appoggiato con il 73% dei voti e violare il dovere di rispettare la legalità del mio agire su cui ho giurato al momento dell’insediamento a sindaco.