Secondo il Fondo monetario, lo stop a diesel e benzina provocherà la diminuzione dei redditi e dell’occupazione senza ridurre in modo significativo le emissioni di CO2. Il petrolio è destinato a restare la prima fonte energetica per molto tempo.
Secondo il Fondo monetario, lo stop a diesel e benzina provocherà la diminuzione dei redditi e dell’occupazione senza ridurre in modo significativo le emissioni di CO2. Il petrolio è destinato a restare la prima fonte energetica per molto tempo. Anche il Fondo monetario internazionale boccia la transizione green imposta dall’Unione europea. Un documento di lavoro presentato in questi giorni a Washington al vertice della Banca Mondiale, analizza le conseguenze dello stop ai motori benzina e diesel nel 2035. Lo studio mette in evidenza due criticità. Innanzitutto i riflessi su ricchezza e occupazione provocati dallo spostamento della domanda dai veicoli convenzionali verso quelli elettrici. Poi l’avvertimento che recuperare il vantaggio competitivo accumulato dalla Cina nelle auto a batteria sarà lungo e costoso.Secondo le proiezioni del Fmi, la penetrazione dei veicoli elettrici comporterà una diminuzione del Pil europeo di circa lo 0,3% a medio termine. Questa stima evidenzia le sfide economiche associate alla transizione. «Il settore automobilistico», scrivono gli esperti Fmi, «potrebbe subire una contrazione occupazionale, con una riallocazione della forza lavoro verso settori a minor intensità di capitale che pagano salari e stipendi molto più bassi rispetto all’industria dell’auto». Già adesso tra annunci delle case costruttrici e stime, siamo a 600.000 uscite entro il 2030 contando licenziamenti, dimissioni incentivate e mancati rinnovi di contratti. L’analisi del Fondo Monetario si sofferma sulle importazioni dalla Cina pronunciando una implicita condanna ai dazi. «Con meno auto elettriche importate, le politiche climatiche dovranno essere più rigorose per raggiungere gli obiettivi climatici, riducendo il potere d’acquisto delle famiglie». Le importazioni di vetture a batteria «redistribuiscono anche guadagni e perdite tra i paesi specializzati nella produzione di automobili (che perdono quote di mercato) e i Paesi importatori netti di automobili (che guadagnano potere d’acquisto) visto il basso costo delle vetture importate dalla Cina».Le criticità non si fermano qui. «La transizione all’elettrico», prosegue il documento, «oltre che sulla produzione di automobili e sull’energia impatterà anche sulla domanda di altre materie prime».Insomma secondo il Fmi si fa presto a issare la bandiera del «tutto elettrico» come risposta all’allarme ecologia. Accelerare su questa strada rischia di avere un esito catastrofico. Imporrà un ricorso maggiore a minerali rari per realizzare l’alimentazione elettrica senza arrivare ad un calo significativo delle emissioni considerato che ancora per molto tempo i carburanti fossili avranno un ruolo centrale. Amin Nasser, amministratore delegato di Aramco, la compagnia petrolifera saudita, ha recentemente condiviso le sue convinzioni in un seminario a Singapore. Nasser non prevede un calo brusco della produzione che dovrebbe mantenersi sopra i 100 milioni di barili al giorno fino al 2050. Unione Europea, Stati Uniti e il Giappone restano grandi consumatori di greggio nonostante i giganteschi incentivi concessi allo sviluppo delle energie alternative e delle auto verdi. Nasser ha anche ricordato che i Paesi del Sud del mondo sono grandi consumatori di petrolio man mano che le loro economie si sviluppano. Il capo di Aramco ha avvertito che la transizione energetica è più complessa e lenta di quanto molti si aspettassero. Sarà un percorso lungo e impervio.Ha fornito cifre che spostano molto lontano nel tempo gli obiettivi della decarbonizzazione. Ha ricordato che su 1,5 miliardi di veicoli in circolazione a livello globale, solo 57 milioni sono elettrici. La diffusione è limitata a Stati Uniti, Cina e alcuni Paesi dell’Unione Europea. Nasser ha messo in rilievo le difficoltà che limitano la diffusione dell’elettrico nei Paesi in via di sviluppo. Il costo delle auto e l’assenza di infrastrutture rappresentano ostacoli significativi. In Asia, ad esempio, quasi il 70% dell’elettricità utilizzata per caricare le batterie proviene ancora da fonti energetiche convenzionali. Solo il 12% alimentato da rinnovabili.Guardando al futuro, Nasser si è mostrato ottimista sulla ripresa della domanda di petrolio in Cina, grazie al pacchetto di stimoli economici varati dal governo. Ha evidenziato la crescente richiesta di carburante per aerei e prodotti chimici disegnando un futuro ancora molto florido per l’industria del petrolio.Il capo di Aramco non teme la concorrenza degli altri componenti del cartello Opec, cui ora si è aggiunta la Russia. Grazie a relazioni solide e di lungo termine con clienti in India e Cina, ha affermato che Aramco è ben posizionata per affrontare qualsiasi eventualità. «Abbiamo sempre scenari pronti per rispondere a qualsiasi evento imprevisto», ha concluso, rimarcando la capacità della società di mantenere le forniture anche in situazioni di crisi.Che cosa aggiungere? La transizione verso i veicoli elettrici rappresenta una sfida complessa e dagli esiti incerti. Mentre l’Europa va avanti a testa bassa le proiezioni del Fmi e le osservazioni di leader del settore come Amin Nasser dicono che è molto alto il rischio di incenerire risorse immense inseguendo un obiettivo incerto.
Ansa
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