2019-04-04
C’è un’altra grana per il ministro: la portavoce è pagata dai Moratti
Adriana Cerretelli, ex editorialista del Sole, è nel cda di Saras. Incarico da 65.000 euro lordi. E se il doppio lavoro non è contro la legge, sorgono dubbi sull'opportunità politica di mantenere rapporti con i big del petrolio. E il totosostituto è già caldissimo. Nei corridoi dei gialloblù si disegnano gli scenari di addio forzato di Tria. L'unica certezza è la carenza di nomi spendibili. Archiviati Sapelli e Tremonti, spunta Giorgetti. Lo speciale comprende due articoli. Che ci fa la portavoce del ministro Giovanni Tria nel Consiglio d'amministrazione del gruppo petrolifero Saras? Le austere sale di Via XX Settembre, dopo il caso di Niccolò Ciapetti, riservano un'altra sorpresa. Adriana Cerretelli, giornalista in pensione del Sole 24 Ore, fa parte infatti, come indipendente, del board della Saras, holding della famiglia Moratti. Rinnovata nel 27 aprile 2018, la giornalista ne faceva già parte (come si evince dal bilancio 2016 reperibile on line). La nomina a via XX Settembre è dell'8 ottobre 2018. La Saras è una delle eccellenze imprenditoriali italiane. Possiede - c'è scritto nel sito istituzionale della Spa - «una delle più grandi raffinerie del Mediterraneo ad elevata complessità» per «300.000 barili/giorno di capacità di raffinazione», che rappresentano «circa il 15% della capacità totale in Italia». Garantisce «oltre l'80% della produzione composta da prodotti a basso impatto ambientale quali gasolio autotrazione e benzina» e gestisce la «vendita all'ingrosso di prodotti petroliferi ad alto valore aggiunto». È proprietaria di «due depositi […] per la distribuzione dei prodotti ad Arcola (Italia) e a Cartagena (Spagna)» e di «circa 100 stazioni di servizio, situate principalmente nel sud della Spagna». Da qualche tempo, la holding si occupa anche di «attività di trading» e di «servizi di ingegneria nel settore oil». La Cerretelli, che nel cda ricopre il ruolo di componente del comitato Controllo e Rischi, nella scheda biografica aziendale è attenta a far notare di essere «laureata in scienze politiche» ed «editorialista per Il Sole 24 Ore a Bruxelles per l'Europa, la Nato e su tematiche globali». Nel 2000 - annota il cv - il «presidente della Repubblica l'ha nominata Ufficiale della Repubblica per il contributo dato con i suoi servizi giornalisti alla nascita dell'euro» mentre quattro anni più tardi, il «presidente della Repubblica francese l'ha insignita della Legion D'Onore per le sue analisi sull'Europa e gli scritti sulla Francia ed il suo ruolo Europeo». Tra le firme del giornalismo economico italiano, è sicuramente la più europeista e la meno compatibile con la visione battagliera e sovranista del governo gialloblù. Qualche tempo fa, la Cerretelli fu relatrice alla presentazione del libro di Sandro Gozi Generazione Erasmus al potere organizzata dalla rappresentanza del Partito democratico a Bruxelles. Gozi, ex sottosegretario agli Affari esteri dell'esecutivo di Matteo Renzi, si candiderà alle Europee del 26 maggio nella lista di Emmanuel Macron. Ecco, allora: che cosa ci fa la portavoce del ministro dell'Economia nel cda di una società quotata in Borsa con un fatturato superiore ai 10 miliardi di euro? Se non esistono, come la giornalista ha espressamente dichiarato, in un'autocertificazione, «cause di inconferibilità e incompatibilità» tra i due ruoli, potrebbero sussistere però motivi di opportunità. Non fosse altro per l'ingente flusso di informazioni riservate che transitano, e originano, dagli uffici in cui si prendono le decisioni di politica economica e finanziaria che riguardano tutto il Paese. Informazioni che, in un modo o nell'altro, la giornalista è chiamata a maneggiare. Un aspetto, particolarmente sensibile, che evidentemente non è sfuggito all'ex editorialista del Sole se, nel curriculum presentato al ministro, ha voluto espressamente specificare, al tempo della sua permanenza a Bruxelles per conto del quotidiano di Confindustria, che l'attività si svolgeva tra «incontri confidenziali, contatti di alto livello e la quotidianità degli appuntamenti istituzionali che variano tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, riunioni formali e informali dei ministri e vertici dei capi di Stato e di governo europei». L'incarico in Saras della portavoce scadrà nel 2021 ed è remunerato con 65.279 euro lordi all'anno a cui aggiungere altri 90.000 euro (lordi) di pensione. Mentre, per il ruolo tutt'altro che secondario al ministero, la Cerretelli percepisce... zero. Sì, perché nel decreto di nomina dell'ottobre 2018, firmato da Tria, c'è scritto che «per l'assolvimento del predetto incarico di portavoce del ministro dell'Economia non è attribuito alcun emolumento, trattandosi di incarico a titolo gratuito come disposto» dal decreto legge 95/2012 «salvo il riconoscimento del rimborso per eventuali spese rendicontate di missione all'interno e all'estero». Si tratta della normativa che vieta alle pubbliche amministrazioni di «attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza». Non è inopportuno però che uno stretto assistente del ministro, che lavora gratis per lo Stato, prenda invece soldi da un privato? E inoltre: quanto è faticoso, per la portavoce di Tria, liberarsi della rete di relazioni e del carico di informazioni ministeriali quando siede nel cda della Saras? E quanto è faticoso, per lo stesso ministro, scindere i due ruoli e i rispettivi punti di vista della sua stretta collaboratrice? <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ce-unaltra-grana-per-il-ministro-la-portavoce-e-pagata-dai-moratti-2633624588.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-il-totosostituto-e-gia-caldissimo" data-post-id="2633624588" data-published-at="1758185883" data-use-pagination="False"> E il totosostituto è già caldissimo Ministro per caso (e per intercessione quirinalizia) Giovanni Tria, nonostante le rassicurazioni pubbliche, anche di ieri, da parte di premier e vicepremier, rischia di dover preparare gli scatoloni e lasciare il timone del Mef subito dopo le elezioni europee. Il M5s lo sostituirebbe anche subito, mentre la Lega per il momento gli offre una sponda, seppure a tempo e legata al raggiungimento degli obiettivi. Non solo: la sua permanenza a via XX Settembre, stando a quanto si apprende da fonti bene informate, è legata in buona sostanza al fatto che Lega e M5s non hanno ancora individuato un successore, soprattutto per carenza di profili spendibili subito. I nomi circolati, Giulio Tremonti e Giulio Sapelli, non convincono per svariate ragioni. In realtà, la figura più accreditata per prendere il timone del ministero dell'Economia, resta quella di Giancarlo Giorgetti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, numero due della Lega, fu già in lizza per via XX Settembre lo scorso anno, quando Giuseppe Conte incassò il «no» del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Paolo Savona. Alla fine la spuntò Tria, gradito al Quirinale e governatore della Bce, Mario Draghi, che pure si era opposto strenuamente alla nomina di Savona: il suo nome venne fuori quindi come ripiego, una soluzione di compromesso accettata senza entusiasmo da Matteo Salvini e Luigi Di Maio pur di dare vita al governo del cambiamento. Giorgetti, dunque, anche in virtù di un ottimo rapporto con Mattarella, sarebbe in pole position per sostituire Tria, ma questa soluzione potrebbe rappresentare una trappola per il «gianniletta» lumbard, che non vuole nemmeno sentire parlare di questa ipotesi, che lo brucerebbe politicamente. Il percorso per la probabile sostituzione di Tria dopo le europee, comunque, è tracciato. Se la Lega otterrà un risultato superiore a quello del M5s, Salvini avrà buon gioco nel chiedere un riequilibrio nel governo tra il Carroccio e l'alleato. Per non andare alla guerra con Di Maio, Salvini punterebbe due ministeri molto importanti, attualmente guidati da tecnici: Economia e Esteri. Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi, in quota Quirinale, sarebbero sostituiti da due esponenti della Lega. In questo modo, il M5s non dovrebbe rinunciare a nessun ministero, e Di Maio prenderebbe due piccioni con una fava: accontentare Salvini e blindare i suoi fedelissimi più a rischio, come ad esempio il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Del resto, se Lega e M5s otterranno complessivamente un ottimo risultato elettorale dopo un anno di governo, anche il presidente Mattarella avrebbe difficoltà a opporsi a un riallineamento politico dell'esecutivo. C'è anche chi ha ipotizzato per il ministero dell'Economia un interim al premier Giuseppe Conte, ma la soluzione sembra oltremodo azzardata, considerato che l'avvocato del popolo ha già abbastanza gatte da pelare a Palazzo Chigi.
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