2021-06-20
«C’è un errore nella sentenza Ilva»
Il giudice dovrà rettificare lo sbaglio rilevato dal difensore di un ex caporeparto. Convocati in tribunale, a Taranto, gli imputati e il pm per la verifica delle carte.Il tribolato affare giudiziario, che ruota attorno all'ex Ilva di Taranto, si arricchisce di un piccolo «mistero». Una comunicazione del 17 giugno scorso, firmata dal presidente della Corte d'assise del Tribunale, Stefania D'Errico, convoca infatti per il giorno 8 luglio gli imputati e il pubblico ministero per la «correzione di errore materiale ex art. 130 e 547 cpp» della sentenza che poche settimane fa ha portato alla condanna dei fratelli Riva e di numerosi manager dello stabilimento siderurgico. Tra questi c'è anche l'ex caporeparto (oggi in pensione) Antonio Colucci, al quale i giudici hanno inflitto una pena di quattro anni di reclusione, a fronte dei cinque richiesti dall'accusa. È stato il suo avvocato, Tommaso Marrazza, ad accorgersi dell'errore e a comunicarlo alle toghe con un messaggio di posta elettronica certificata l'8 giugno scorso.Gli articoli 130 e 547 del codice di procedura penale consentono al giudice di rettificare sentenze, ordinanze e decreti «inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità», e la cui «eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell'atto».Quale sia questo «refuso» si scoprirà solo al momento dell'intervento, ma è assai probabile che si tratti di un semplice dato riportato in maniera sbagliata. «È escluso che riguardi il processo logico di formazione della prova», spiega un giudice al nostro giornale, «che resta invece motivo di impugnazione».La sentenza di primo grado dell'inchiesta «Ambiente svenduto», culminata nel 2012 con il sequestro della cittadella industriale, è arrivata dopo 329 udienze spalmate in cinque anni di dibattimento, e dopo una camera di consiglio di ben undici giorni. Dei 47 imputati iniziali, ventisei sono stati riconosciuti colpevoli per un totale di 27 secoli di reclusione. Fabio e Nicola Riva, i figli del patron Emilio, morto nel 2014, sono stati condannati a 22 e 20 anni di carcere, rispettivamente, per concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Condannati anche l'ex potente consulente per le relazioni istituzionali del gruppo, Girolamo Archinà (21 anni e sei mesi) e l'ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola (tre anni e sei mesi), per concussione aggravata in concorso. Secondo i giudici, che hanno accolto la ricostruzione della Procura, l'ex leader di Sinistra ecologia e libertà avrebbe esercitato indebite pressioni sul management dell'agenzia per la protezione ambientale Arpa Puglia per ammorbidire i rapporti con l'Ilva.Il dispositivo della sentenza – quello che ora dovrà essere revisionato dal giudice – riporta infine anche la condanna di tre società – l'Ilva, in amministrazione straordinaria; l'ex Riva Fire e la Riva forni elettrici – nei cui confronti sono stati emessi provvedimenti di confisca in solido per oltre due miliardi di euro.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)