2025-08-28
Crollano i morti da clima: gelati i catastrofisti
Il terremoto in Myanmar della primavera 2025 (Getty Images)
Secondo i numeri di un grande broker assicurativo (Aon), i decessi per disastri naturali nei primi 6 mesi del 2025 sono stati 7.700 (5.456 solo per il terremoto in Myanmar). Ben sotto la media degli ultimi 25 anni (37.250). È una buona notizia, ma nessuno ne parla.Per diffondere sui media il terrore climatico non si usano soltanto gli studi scientifici controversi, per non dire falsi. C’è anche il silenzio selettivo. È il caso del rapporto semestrale del broker assicurativo mondiale Aon, che ogni sei mesi fa il punto sui danni derivanti degli eventi naturali estremi.L’ultimo report pubblicato il 15 luglio, relativo al primo semestre di quest’anno, afferma che «7.700 persone sono morte a causa di disastri naturali nel primo semestre del 2025, ben al di sotto della media del ventunesimo secolo di 37.250, con la maggior parte dei decessi (5.456) derivanti dal terremoto in Myanmar». Pur considerando che la perdita di anche una sola vita umana è un danno irreparabile, la notizia in sé è positiva, poiché significa che sinora nel 2025 ci sono state molte meno vittime rispetto alla media degli ultimi 26 anni. Non solo: il terremoto non è un avvenimento climatico, per cui il numero delle vittime per eventi estremi legati al clima scende a circa 2.200. Il dato per il primo semestre 2025 è quindi persino migliore del dato grezzo, già ottimo. Naturalmente, nessuno ha sentito parlare di questo numero. Si tratta di un dato da specialisti, legato al valore dei beni assicurati, però questo non ha mai impedito alla grancassa ecotalebana di rilanciare dati terrificanti, isolati dal contesto ed usati in maniera strumentale. Di solito, la narrazione associa gli eventi climatici ad una sempre maggiore dannosità. Quando invece c’è un dato che smentisce la narrazione, ecco che questo viene nascosto. A nostra verifica (potremmo sbagliarci, e lo speriamo) nessuna testata di informazione del circuito ufficiale ha rilanciato i numeri di Aon, salvo alcuni organi specializzati in assicurazioni. Questi hanno menzionato il rapporto poiché riporta un dato (quello del valore delle perdite assicurate) che rappresenta un record: 100 miliardi di dollari, quasi tutti (il 90%) negli Stati Uniti. Molto hanno pesato, in questo caso, i numerosi incendi in California, che hanno distrutto immobili di pregio in zone residenziali di lusso.Ma per quanto riguarda il dato positivo sulle vittime, nulla.«Si tratta a tutti gli effetti di un nuovo record per numero di morti causate da disastri climatici, però positivo», afferma Gianluca Alimonti, fisico ricercatore senior dell’Infn – Istituto nazionale di fisica nucleare e docente di Fondamenti di Energetica all’università degli Studi di Milano. «La prima metà del 2025 ha visto il minor numero di morti per disastri climatici e meteorologici di qualsiasi prima metà d’anno di questo secolo», prosegue Alimonti.Nel contesto dei numeri storici, con 8 miliardi di abitanti sul pianeta, in effetti, si tratta di un numero particolarmente basso. Lo conferma anche l’autorevole International Disaster Database, il database internazionale dei disastri più usato al mondo (EM-DAT), gestito dal Centro di ricerca sull’epidemiologia dei disastri (Cred), presso l’Università Cattolica di Lovanio in Belgio. Si tratta di un archivio globale di eventi dal 1900 a oggi con dati su tipo di disastro, luogo, data, morti, persone colpite, evacuate o senza tetto, perdite economiche. Il centro è un riferimento accreditato presso grandi organizzazioni internazionali come Onu e Oms.Il numero del Cred per le vittime da eventi meteorologici è ancora più basso. Ma anche utilizzando il dato di Aon, cioè 2.200, dalle serie storiche Cred si evince che il 2025 è l’anno migliore da quando si registrano in maniera strutturata le perdite per catastrofi naturali, cioè da 25 anni. I dati del periodo precedente al 2000 infatti sono discutibili, come lo stesso Cred avverte in una nota quando si accede alla base dati: «I dati precedenti al 2000 sono particolarmente soggetti a distorsioni nella rendicontazione». «Analizzando i dati EM-DAT si ricava che non c’è una tendenza evidente alla crescita o diminuzione nel numero di decessi per cause meteorologiche o climatiche dall’inizio del secolo ed il 2025 detiene chiaramente il record per il minor numero di decessi», dice ancora il professor Alimonti. In effetti, i dati dicono che vi sono stati anni in cui le vittime sono state molto numerose, per eventi come il ciclone Nargis nell’Oceano indiano nel 2008 e l’ondata di calore in Russia nel 2010. Ma non c’è una tendenza definita, tanto che il secondo numero più basso di vittime è del 2009 (2.600 vittime). «Anche togliendo dalla serie i dati più estremi, dall’analisi non emerge una propensione all’aumento delle vittime», conclude Alimonti. Peraltro, analizzando i dati, il numero di decessi dovuti a catastrofi naturali nella prima metà del 2025 è inferiore anche a ciascuno dei secondi semestri degli anni di questo secolo. E allargando la visuale, i decessi da disastri naturali sono in costante diminuzione da almeno un secolo a questa parte, sempre secondo l’EM-DAT.Naturalmente, questo non significa che vada tutto bene, né che di per sé queste statistiche siano indice di qualcosa. Significa solo che la manipolazione dell’informazione, condita dai silenzi sui dati che contraddicono la narrazione eco-sfrenata, è e resta un tema dirimente. L’industria del terrore climatico, ben finanziata, è molto attenta a non lasciarsi sfuggire nulla.Qualcuno intanto si porta avanti e pensa a nuove statistiche. Il World Weather Attribution, ad esempio, cerca di determinare il grado in cui un evento meteorologico estremo è stato influenzato dai cambiamenti climatici. Si chiama Extreme Event Attribution ed è una specie di gioco delle ipotesi: come si sarebbe comportato il clima senza le emissioni di CO2 generate dall’uomo? La dubbia, se non inesistente, base scientifica dell’operazione apre la strada a manipolazioni ancora più smodate.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
Continua a leggereRiduci