2025-03-09
La Cassazione riconosce l'efficacia probatoria di Whatsapp anche per le indagini fiscali
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Con l'ordinanza n.1254 del 18 gennaio di quest'anno e richiamando la sentenza n.11197 pubblicata il 27 aprile del 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che le conversazioni su Whatsapp possono essere utilizzate come prova nei procedimenti civili, compresi quelli tributari, purché siano comprovabili la provenienza e l'autenticità.«I messaggi Whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare - si legge nell'ordinanza - sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una chat di Whatsapp mediante copia dei relativi screenshot, tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi».Se salta immediatamente all'occhio che l'antico sintagma «carta canta» non è più il solo a dettare legge in materia di controversie civili, dal momento che le tecnologie informatiche diventano sempre più incisive e fondamentali nelle relazioni sociali di ogni tipo, va messo l'accento su due elementi dell'ordinanza della Corte: la provenienza e l'attendibilità.Perché un contenuto di conversazione WhatsApp costituisca prova documentale, dunque, devono essere verificabili con certezza il suo autore (provenienza) e l'autenticità dei contenuti (attendibilità).Se a ciò si aggiunge che con Circolare n.1/2018 la Guardia di Finanza autorizzava l'esame dei dispositivi elettronici durante i controlli fiscali per individuare irregolarità contabili, si ricava che individui, aziende e imprese, attraverso un qualunque loro device, possono essere legittimamente controllabili, verificabili e violabili.Viene da chiedersi, inoltre, alla luce dei progressi tecnologici sempre più rapidi e sofisticati, quanto siamo discutibili quei concetti di attendibilità e certezza richiamati dalla Corte di Cassazione, e che significato possa attribuirsi alla parola «privacy» oggi. E ancora, è legittimo dubitare di eventuali "colpi bassi" interpersonali o interaziendali, o internazionali, per intuibili motivi, di fronte a raffinati e futuri impieghi dell'intelligenza artificiale che già ora, in determinate circostanze, ha reso difficile individuare il confine tra effettività e manipolazione?Se la Corte di Cassazione italiana ha messo le mani avanti, ricorrendo ai termini di «attendibilità» e «provenienza», in un mondo che cambia e ruota vorticosamente attorno all'informatica, un tempo dipendente dal cervello umano ma nel tempo sempre più dipendente da altre intelligenze, è logico preoccuparsi di se, come e perché siano alterabili quella attendibilità e quella provenienza? Inoltre, quale sicurezza posso rivestire le conversazioni, le indicazioni, le direttive, le programmazioni, e tutte le altre azioni comunicate via Whatsapp per i dipendenti di un'azienda, per l'azienda stessa e per i cittadini di un determinato Stato in un momento storico come quello odierno?Se la carta da sola oggi non è più l'unica a cantare, in che modo si possono prevenire gli effetti di future e/o stonate comunicazioni?E, infine, alla luce di questi e di altri annessi e connessi a questi interrogativi, chi si pensa possa controllare i controllori? Chi e quando potrebbe essere punibile se responsabile di eventuali azioni fallaci, intenzionali e non?Se il progresso tecnologico, senza dubbio fondamentale per ridurre i tempi e aumentare gli agi, sostituendo il viso con lo schermo, la penna con la tastiera, l'incontro di persona con la riunione digitale, mostra da un lato sicuramente enormi vantaggi, come quello di regalare in primis il dono dell'ubiquità a tutti, dall'altro potrebbe riservare l'enorme preoccupazione della confusione d'identità, magari con il rischio di pronunce che incolpino con formula piena invece che assolvere: per non aver commesso il fatto.A quali posteri consegnare l'onere dell'ardua sentenza?
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)