2025-01-28
Caso spioni, niente arresti e fascicolo a Roma
Raffaele Cantone, procuratore di Perugia (Imagoeconomica)
Il Riesame boccia i procedimenti a carico dell’ex pm antimafia Laudati e del tenente della Gdf Striano. E invia gli atti nella Capitale. Secondo i giudici non c’è urgenza, né pericolo di inquinamento delle prove. Ma l’impianto accusatorio di Cantone resta valido.È finita con un pareggio la partita al tribunale del Riesame di Perugia dell’inchiesta sugli accessi abusivi per spiare Vip e politici: se da una parte le difese hanno ottenuto la conferma del rigetto delle richieste d’arresto e il trasferimento degli atti a Roma, dall’altra, la Procura ha visto riconoscere l’impianto accusatorio. Le «condotte risalenti nel tempo» e «l’intervenuto pensionamento» hanno messo al riparo l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati dalla richiesta di arresto che aveva avanzato il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone. L’assenza dal «servizio attivo» e di «condotte anche astrattamente inquinanti», oltre che datate, invece, escludono «l’urgenza» di un provvedimento cautelare per il tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, che guidava il Gruppo Sos. Per i giudici del del Riesame gli arresti non sono necessari e gli atti passano di mano per competenza territoriale che, proprio come aveva ammonito il procuratore generale perugino, Sergio Sottani, era radicata a Roma. La decisione, presa il 17 dicembre, ovvero pochi giorni dopo il rigetto della richiesta di misure cautelari da parte del gip (le cui motivazioni sono state depositate ieri), rappresenta un punto fermo nell’intricata vicenda sui presunti accessi abusivi ai sistemi informatici nella quale con Laudati e Striano sono indagati anche altri soggetti, tra cui tre giornalisti del quotidiano Domani. Alla base della decisione vi sono due elementi principali: l’assenza di urgenza e del pericolo di inquinamento probatorio. Per Laudati, hanno valutato i giudici, «l’intervenuto pensionamento sin dal 17 aprile 2024», insieme al fatto che le accuse risalgono a un periodo piuttosto lontano (dal 26 marzo 2019 al 2 marzo 2023) in relazione ad accessi non autorizzati a sistemi informatici, per i quali è già stata registrata la traccia digitale (come per il reato di falso, per il quale sarebbero state «raccolte le prove necessarie»), «sostanziano», scrivono i giudici, «un significativo, prolungato, «tempo silente». Inoltre, non sono stati registrati comportamenti successivi che potrebbero «anche solo astrattamente» interferire con le indagini. Anche per Striano, secondo i giudici del Riesame, non ci sono elementi di attualità: «Il medesimo, da tempo, non è più in servizio attivo […], gli addebiti concernono condotte significativamente risalenti nel tempo (dal maggio 2018 al marzo 2023; con un singolo episodio risalente al 2014)» e sono assenti «condotte (anche) astrattamente inquinanti». La seconda questione, quella della competenza territoriale, non è meno importante. Gli accessi abusivi contestati si riferirebbero, infatti, a episodi verificatisi quando i due erano operativi negli uffici della Dna, che ha sede nella Capitale. I giudici del Riesame citano una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (la 3866 del 2024), che introduce questo principio: «La Direzione nazionale antimafia è istituita nell’ambito della Procura generale della Cassazione; di conseguenza, la sua competenza, estesa all’intero territorio nazionale, sottrae i magistrati a essa addetti dalla generale applicazione dell’articolo 11 del codice di procedura penale (quello che indica la competenza di un’altra Procura) al pari di quanto avviene per i magistrati della Cassazione». Una tesi già sostenuta dal pg perugino Sottani, ma che non aveva trovato d’accordo né la Procura di Roma, né quella generale della Cassazione. La norma, che punta a «evitare che il rapporto di colleganza e di normale frequentazione […] possa inquinare, anche solo nelle apparenze, l’imparzialità di giudizio», per il Riesame «non può trovare applicazione in relazione a magistrati, quali quelli addetti alla Dna, che non svolgono funzioni territoriali, ma hanno una dimensione operativa di carattere nazionale». E così il fascicolo che nella primavera del 2023 era arrivato in Umbria proprio da Roma, adesso dovrà fare il percorso inverso. L’ordinanza del Riesame, però, contiene anche un terzo snodo: il quadro probatorio. Sebbene non fosse una questione sollevata «né dal pm, né dalle difese», sottolineano i giudici del Riesame, lo ritengono «correttamente descritto» dal gip nella sua ordinanza di rigetto e «sussistente anche da parte di questo tribunale».Oltre che fondato su undici elementi elencati nell’ordinanza, che vanno dai provvedimenti sulla gestione delle Sos alla «verifica» della «vicenda Crosetto (Guido, il ministro della Difesa che sarebbe stato «spiato» da Striano e dai giornalisti, ndr)», con accessi sospetti di Striano alle banche dati («relativi a 172 soggetti politici, del mondo dello spettacolo, ministri, imprenditori e calciatori»). Fino ai presunti interessi privati di Laudati in una vicenda (quella di una speculazione edilizia davanti al suo villino di Santa Marinella) per la quale era stata predisposta una proposta preinvestigativa per affossare il progetto di nuove case vicine al mare e ai contatti «costanti» di Striano con i giornalisti, «ai quali passava informazioni che avrebbero dovuto rimanere segrete». Soddisfatte le difese. «Siamo contenti che il tribunale abbia accolto le nostre eccezioni», afferma l’avvocato Massimo Clemente, difensore di Striano. «La decisione è un’ulteriore riprova della piena legittimità dell’operato di Laudati», commentano gli avvocati Andrea e Maria Elena Castaldo, legali del magistrato in pensione. La decisione sembra aver incontrato anche i favori della Procura che, con tutta probabilità, non impugnerà in Cassazione il rigetto delle misure, avendo incassato il riconoscimento sugli indizi di colpevolezza. Il fascicolo, come disposto dal Riesame, dovrebbe partire per Roma già la prossima settimana.