2020-07-07
Caso Palamara, il Csm vuol cambiare regole
Alla vigilia del processo al pm romano (e a tempo di record) il parlamentino porta al plenum di domani una proposta per aumentare i membri della disciplinare: servono componenti estranei alle conversazioni. Antonello Racanelli (ex segretario di Mi): «Todos caballeros».Il Consiglio superiore della magistratura si sta preparando con tutti i crismi al giudizio finale nei confronti di Luca Palamara, Cosimo Ferri e altri cinque ex consiglieri del Csm, tutti incolpati per la partecipazione a un dopocena dell'hotel Champagne di Roma. La prima udienza è prevista per il prossimo 21 luglio e per affrontarla il parlamentino dei giudici ha deciso di cambiare le regole temendo un'epidemia di astensioni e ricusazioni dei membri della sezione disciplinare. La soluzione immaginata? Portare il numero dei potenziali giudici da 16 a 20, praticamente l'intero consiglio. La proposta di modifica del regolamento sta procedendo a velocità sorprendente: lo scorso 10 giugno il comitato di presidenza del Csm, con apposita delibera, ha incaricato del ritocco la seconda commissione e, dopo nemmeno un mese, la pratica verrà votata nel plenum dell'8 luglio. Il relatore sarà Giuseppe Cascini, pesantemente coinvolto nella vicenda delle chat. Il procuratore aggiunto di Roma è uno dei sei componenti della sezione, presieduta dal vicepresidente del Csm David Ermini. Gli altri sono Pier Camillo Davigo, Marco Mancinetti, Paola Matia Braggion e Fulvio Gigliotti. Nel precedimento cautelare nei confronti di Palamara del 2019 Ermini, Cascini e Mancinetti si erano già astenuti. Da allora, però, sono diventate pubbliche le conversazioni Whatsapp di Palamara con decine di colleghi, tra cui diversi consiglieri del Csm e non solo con i tre astenuti dell'anno scorso. Probabilmente al Csm, dopo essersi fatti due conti, si saranno accorti che sei membri completamente estranei ai fatti che si dovranno trattare potrebbero non trovarsi. Ecco come nasce la proposta dell'allargamento della platea dei potenziali componenti di un «tribunale» già molto criticato. L'articolo 105 della Costituzione attribuisce al Csm l'adozione dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati, ma da sempre la questione è assai dibattuta. Per esempio un ex magistrato di peso come Luciano Violante da anni sostiene l'esigenza di un'alta Corte esterna al Csm per il giudizio delle toghe. Qualcun altro ha proposto, per essere certo dell'imparzialità, un sorteggio dei suoi membri, come avviene per altri organi giurisdizionali, ad esempio per il Tribunale dei ministri. L'obiezione è che coloro che giudicano nella sezione disciplinare questo o quel collega potrebbero dover decidere, in altre commissioni, dell'avanzamento di carriera o dell'incompatibilità ambientale degli stessi soggetti. Al momento fanno parte della sezione disciplinare, tra titolari e supplenti, quattro pm, cinque laici eletti dal Parlamento, cinque giudici di merito (tribunali e corti d'appello) e due di legittimità (Cassazione). Ora con la scusa che «l'incremento del numero di procedimenti pendenti davanti alla sezione disciplinare determina un aumento dei casi di possibile incompatibilità», verrà rimpinguato il numero dei supplenti: i laici passeranno da tre a quattro e i giudici di merito da tre a sei, «al fine di assicurare l'indefettibilità e la continuità della funzione disciplinare». Il laico mancante sarà scelto tra Emanuele Basile (Lega), Alberto Maria Benedetti (5 stelle) e Alessio Lanzi (Forza Italia), tutti non coinvolti nelle chat. Gli altri tre giudici dovranno essere individuati tra Concetta Grillo (ha una chat con Palamara, suo vecchio compagno di corrente), Mario Suriano, Elisabetta Chinaglia, Giuseppe Marra ed Ilaria Pepe.Antonello Racanelli, ex segretario di Magistratura indipendente, la corrente moderata, sul tema ha inviato ai colleghi una mail molto critica intitolata «Todos caballeros». Il procuratore aggiunto di Roma, all'inizio del testo, ribadisce di aver già sostenuto pubblicamente l'opportunità di una separazione della sezione disciplinare dalle altre articolazioni del Consiglio e la scelta per sorteggio dei suoi membri. Poi, confessando ironicamente «stupore e sincera ammirazione», evidenzia la velocità con cui la pratica è approdata al plenum: «Tutto ciò appare singolare se solo si pensa ai normali tempi di trattazione delle pratiche in seconda commissione che, solitamente, prevedono una complessa interlocuzione con i competenti uffici della Presidenza della Repubblica, specie per le modifiche regolamentari». Senza contare che nella scorsa consiliatura, aggiunge il magistrato, «il regolamento è stato oggetto di numerose e significative modifiche» e che «in quell'occasione non si ravvisò la necessità di interventi sul punto». Infine Racanelli stigmatizza anche la celerità della fissazione delle udienze per Palamara & C e chiede, «visti i proclami di trasparenza dell'attuale Consiglio», quali siano «i criteri di fissazione delle udienze disciplinari» e i tempi medi che intercorrano tra la richiesta della Procura generale della Cassazione e la fissazione da parte del Csm. E qui Racanelli ricorda che le richieste di fissazione da parte del pg della Suprema corte sono state evase (con la firma di Ermini, astenutosi un anno fa) «nel giro di due giorni con udienza fissata entro il mese successivo». Una tempistica da record. Evidentemente il Csm ha fretta di chiudere una vicenda che con i suoi cascami sta incrinando la credibilità della magistratura.
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