2019-11-09
Caso Mps-Antonveneta: sette anni a Mussari
L'ex presidente di Montepaschi è stato accusato di aver mascherato i bilanci per coprire le perdite causate dall'acquisto dell'istituto padovano. Condannati anche tutti gli altri 12 imputati, fra cui l'ex dg Antonio Vigni. Confiscati 88 milioni a Nomura e 64 a Deutsche bank.È durata solo sei mesi la soddisfazione di Giuseppe Mussari e compagni per l'assoluzione in Cassazione nel processo sull'occultamento dei derivati a Consob e Bankitalia. Ieri il Tribunale di Milano ha rifilato una condanna clamorosa all'ex presidente del Monte dei Paschi di Siena e dell'Abi, Mussari, a ben 7 anni e sei mesi di reclusione, mentre l'ex direttore generale Antonio Vigni si è visto appioppare sette anni e tre mesi. Le banche estere Nomura e Deusche bank subiranno una confisca record complessivamente da 150 milioni di euro. Sono stati necessari sei anni di indagini e tre anni solo per arrivare al primo grado, con alcuni reati prescritti e altri che cadranno per lo stesso motivo nei prossimi due o tre anni.La banca più antica del mondo è stata salvata dallo Stato con oltre 5 miliardi di euro per rilevarne il 68% del capitale e sostenerne le quotazioni. Oggi vale appena 1,7 miliardi contro i 12,5 miliardi di capitalizzazione di fine 2015, ovvero prima di svenarsi per comprare Antonveneta senza neppure lo straccio di una due diligence. Per i contribuenti, oltre che per gli azionisti, si rischia un altro salasso a causa della gestione dissennata di quella che è stata a lungo la considerata la «banca dei compagni» per definizione. E fu proprio per nascondere le perdite su Antonveneta che Mussari e Vigni avrebbero sottoscritto una serie di derivati i quali, però, erano anch'essi delle bombe a orologeria, solo che avevano la scadenza più avanti. Su questi derivati tossici, mai dai nomi seducenti come Santorini, Alexandria, Chianti classico, Fresh, avviati tra il 2008 e il 2011, alla fine Mps ha accumulato oltre 2 miliardi di perdite che, con i 10 sborsati nel 2008 per Antonveneta, rappresentano il conto finale della sconsiderata stagione di Mussari, oggi scaricato da tutti e dipinto come un rampante avvocato di provincia, ma che invece è stato un acclamato presidente dell'Associazione banche italiane dal 2010 al 2013. Certo, i pm milanesi Giordano Baggio, Stefano Civardi e Maurizio Clerici avevano chiesto otto anni per Mussari e Vigni, ma quando si ha a che fare con i banchieri, come insegnano i casi di Gianni Berneschi (Carige) o Vincenzo Consoli (Veneto banca), non si sa mai come vanno a finire i processi, anche se migliaia di investitori ci hanno rimesso l'osso del collo. Le condanne di ieri segnalano che l'impianto accusatorio ha retto e a Mussari, almeno in primo grado, sono state negate le attenuanti generiche. Va detto anche che non è stato un processo semplice, fin qui, perché dall'inizio del dibattimento si erano costituite 1.300 parti civili, che nel corso di questi tre anni sono state spesso liquidate dalle banche coinvolte. Ma intanto a Confcomsumatori e Federconsumatori ieri è andato anche un risarcimento di 50.000 euro ciascuna, più che simbolico. E mentre a Treviso, per il crack di Veneto banca, la Procura manda a processo il solo Consoli dopo aver «archiviato» la posizione degli altri top manager, a Milano hanno ottenuto anche la condanna a quattro anni e otto mesi dell'ex direttore finanziario del Monte, Gian Luca Baldassarri, e del suo braccio destro Daniele Pirondini (cinque anni e tre mesi). E a Milano c'erano sul banco degli imputati anche sei ex dirigenti di Deutsche bank, due di Nomura. Come banca, sempre in base alla legge sulla responsabilità penale delle persone giuridiche, il Monte era uscito dal processo di ieri con un patteggiamento nel 2015, che a questo punto si è rivelato lungimirante, visto che se la cavò con 600.000 euro di sanzione penale e 10 milioni di confisca. I capi di imputazione che hanno portato alle condanne di ieri riguardano reati che vanno dalle false comunicazioni sociali all'aggiotaggio, all'ostacolo all'autorità di vigilanza. Alcuni, come quelli relativi ai derivati del 2008 e alle prime comunicazioni «errate» a Bankitalia e Consob, sono nel frattempo caduti in prescrizione. Del resto, le inchieste cominciarono a Siena, ma furono trasferite a Milano nel 2015 e queste prime condanne, ancorché siano ben lontane dall'essere definitive, sono già un mezzo miracolo. I giudici della seconda sezione penale, presieduti da Lorella Trovato, dopo la revoca di alcune costituzioni di parte civile, sono entrati in camera di consiglio nella mattinata e nel primo pomeriggio hanno letto una sentenza dura anche nei confronti delle banche straniere, che avrebbero in qualche modo «approfittato» dello stato di pre insolvenza dei senesi. E allora, Deutsche bank ag (la sede tedesca) e Deutsche bank London branch sono state colpite dalla confisca complessiva di 64 milioni di euro e da una multa di altri 3 milioni. Anche le due società del colosso tedesco, oggi in grave crisi, sono state condannate in virtù della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. Stangata anche per la banca giapponese Nomura, con una confisca da 88 milioni di euro e a una multa di 3,4 milioni di euro. I difensori dei manager di Deutsche bank hanno già annunciato «sicuro ricorso in appello» e lo stesso è scontato che faranno i legali degli ex vertici di Rocca Salimbeni. A undici anni dai primi fatti contestati, anche se quella di ieri fosse una condanna definitiva, sarebbe comunque difficile dire «giustizia è fatta».