2023-07-07
«Rivelò i segreti del caso Cospito». Imputazione coatta per Delmastro
Il gip non ha accolto la richiesta di archiviazione della Procura. La reazione: «Ne prendo atto, fiducioso in un esito positivo».Sulla segretezza degli atti decide il ministero che li ha emessi e non la magistratura, aveva spiegato il Guardasigilli Carlo Nordio. Il gip del Tribunale di Roma, Emanuela Attura - sconfessando la Procura capitolina, che aveva avanzato una richiesta di archiviazione nella quale si prospettava che c’era stata una violazione del segreto amministrativo ma che mancasse «l’elemento soggettivo» del reato, ovvero il dolo - ieri ha disposto l’imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia. Andrea Delmastro. I documenti incriminati sono uno stralcio di una relazione sulle manifestazioni esterne agli istituti di pena del movimento anticarcerario degli anarchici e antagonisti trasmessa dal Nic, il Nucleo di investigazione centrale della Polizia penitenziaria, e una relazione del Gom, il Gruppo operativo mobile, sull’osservazione del detenuto Alfredo Cospito, l’anarcoinsurrezionalista finito al 41 bis. In uno dei passaggi venivano descritti i colloqui nell’ora d’aria tra l’arruffapopoli e i detenuti con i quali gli veniva permessa la socialità: un boss della camorra, un killer della ’ndrangheta e l’uomo che avrebbe dovuto premere il pulsante per azionare l’esplosivo della strage di Capaci. Le chiacchierate vertevano sulla strategia per arrivare all’abolizione del 41 bis. Un resoconto utilizzato in modo provocatorio dal vicepresidente del Copasir e coordinatore di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, dopo la visita di quattro parlamentari dem (Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Walter Verini e Silvio Lai) a Cospito. Il sottosegretario alla Giustizia, dopo un esposto presentato dal portavoce rossoverde Angelo Bonelli, è stato accusato di aver passato quelle carte proprio al collega di partito (e coinquilino) Donzelli. Con gli inquirenti, però, il generale Mauro D’Amico, già direttore del Gom, non ha mai ritenuto coperte da segreto le comunicazioni di servizio inviate al Dap e contenute nell’appunto del Nic. Erano classificate come a «limitata divulgazione», ma si trattava pur sempre di resoconti inviati al ministero e non di annotazioni destinate all’autorità giudiziaria. Niente segreto, insomma. E lo stesso aveva sostenuto Delmastro, che quando si presentò a Piazzale Clodio con il suo difensore, l’avvocato Giuseppe Valentino, si ritrovò davanti il procuratore Francesco Lo Voi e un pool composto dall’aggiunto Paolo Ielo e dai pm Rosalia Affinito e Gennaro Varone. I pm, con la solita tecnica con la quale ripartiscono un colpo al cerchio e uno alla botte, hanno riconosciuto «l’esistenza oggettiva della violazione del segreto amministrativo», quindi il reato, «fondato», però, «sull’assenza dell’elemento soggettivo, determinato da errore su legge extrapenale». In sostanza, secondo i pm, sarebbe mancata la consapevolezza dell’esistenza del segreto. Un ragionamento per salvare capra e cavoli che deve avere indispettito il gip. Dopo aver ascoltato le parti in udienza, il giudice ha ritenuto sussistenti sia l’elemento oggettivo che quello soggettivo del reato. E ora i pm, seguendo le indicazioni del gip Attura (che è segretario della Ges, la Giunta esecutiva sezionale di Roma dell’Anm), dovranno formulare l’imputazione coatta. Ma quella di ieri non è l’unica batosta per i pm romani del pool che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione. Tralasciando Mafia capitale (fascicolo trattato anche da Ielo), si va dall’assoluzione di Marcella Contraffatto, ex segretaria di Piercamillo Davigo, che era stata accusata di aver diffuso i verbali dell’avvocato Piero Amara sulla Loggia Ungheria ed è stata licenziata dal Csm, a quella del capo di gabinetto della Regione Lazio Maurizio Venafro, a quella degli ex sindaci di Roma Ignazio Marino e Gianni Alemanno prima e Virginia Raggi poi. Fino a quella del giudice del Consiglio di Stato Nicola Russo e dell’imprenditore Alfredo Romeo. Finirono sulla graticola anche Luca Barbareschi e Gigi D’Alessio (entrambi assolti), il prefetto Francesco La Motta (ex vice capo dei servizi segreti), l’ex comandante dell’Arma Tullio De Sette. «Prendo atto della scelta del gip di Roma che, contrariamente alla Procura, ha ritenuto necessario un approfondimento della vicenda giuridica che mi riguarda», ha commentato Delmastro, aggiungendo: «Avrò modo, davanti al giudice dell’udienza preliminare di insistere per il non luogo a procedere per insussistenza dell’elemento oggettivo, oltre che di quello soggettivo. Sono fiducioso che la vicenda si concluderà positivamente, convinto che alcun segreto sia stato violato, sotto tutti i profili». Bonelli esulta. E rivendica: «Se non ci fosse stato il mio esposto, l’uso spregiudicato che Delmastro e Donzelli hanno fatto di atti riservati dello Stato sarebbe passato come se nulla fosse». Poi scivola sulla procedura: «La decisione della Procura di Roma (in realtà è del gip, la Procura aveva chiesto l’archiviazione, ndr) è una buona notizia perché non c’è nessun cittadino, a maggior ragione parlamentare o esponente di governo che debba poter pensare di utilizzare atti riservati dello Stato come strumento per attaccare l’opposizione». E ovviamente alla fine ha chiesto le dimissioni di Delmastro. Che già Nordio aveva respinto.La reazione del governo è stata dura. Le agenzie di stampa citano «fonti di Palazzo Chigi»: «In un processo di parti non è consueto che la parte pubblica chieda l’archiviazione e il gip imponga che si avvii il giudizio. Quando questo interessa esponenti del governo in carica è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee». Nordio, durante l’informativa in aula sul caso Delmastro era sembrato rivolgersi alla nuora affinché la suocera intendesse: «Se la qualifica della segretezza dell’atto non dovesse più dipendere dall’autorità che forma l’atto, cioè dal ministero ma devoluta all’interpretazione della magistratura, potrebbe crearsi una problematica da risolvere in altra sede». E probabilmente finirà così.
Alan Friedman, Cathy Latorre e Stephen King (Ansa)