2021-01-03
Finiti i 228 milioni stanziati. Altro problema il fondo di garanzia: si sanno i finanziamenti richiesti ma non quelli realmente erogati.Al cashback di Natale sugli acquisti effettuati dall'8 dicembre al 31 dicembre 2020 hanno aderito 5,8 milioni di italiani che hanno maturato un risarcimento potenziale di 200 milioni, ossia circa 35 euro a testa in media in arrivo a febbraio. Altro che i 150 euro promessi in partenza dal governo. Che è riuscito, però, a stare dentro le coperture previste - circa 228 milioni - solo perché dal 24 dicembre l'Italia è diventata zona rossa e i negozi sono stati costretti a chiudere tutto impedendo gli acquisti (anche se al momento del varo dell'iniziativa da parte del governo non era stata ancora decisa la stretta natalizia senza la quale nelle tasche dei richiedenti sarebbero arrivati a malapena 20 euro).Come giustamente faceva notare ieri, in un post su Facebook, Enrico Zanetti, ex viceministro dell'Economia nel governo Renzi e oggi socio del centro studi tributari Eutekne, «dopo i fantamiliardi di liquidità di aprile, annunciati in occasione di una conferenza stampa relativa a un decreto a saldo zero, il premier Giuseppe Conte ci è ricascato con il cashback, annunciando rimborsi ottenibili fino a 150 euro per gli acquisti di Natale 2020 con bancomat e carte di credito. Peccato che l'articolo 11 comma 3 del Decreto attuativo del cashback (Dm 24.11.2020 n. 156) preveda che, per gli acquisti effettuati in questo periodo, il limite massimo di rimborsi erogabili sia di 227,9 milioni di euro. Non vi è dunque da stupirsi se, a fronte di circa 5,8 milioni di italiani che hanno cumulato un diritto di rimborsi medi di 35 euro, stia calando il silenzio istituzionale sull'iniziativa. Semplicemente sono finiti i circa 200 milioni che erano stati messi a disposizione nel mondo reale», aggiunge Zanetti. Sottolineando che è «quello che assai poco frequentano i comunicatori di Palazzo Chigi e l'interprete che a essi si affida». Assai più ingenti sono le risorse disponibili per i rimborsi relativi agli acquisti effettuati nei due semestri 2021 e nel primo semestre 2022: circa 1,35 miliardi a semestre. «Resta da capire, in termini di rapporto qualità-prezzo (4,75 miliardi in due anni), la bontà dell'iniziativa», conclude nel post.Secondo Zanetti le domande da farsi sul cashback di Natale, dunque, sono: «4,75 miliardi di rimborsi in due anni a chi paga con carta di credito negli esercizi commerciali, invece che di maggiori ristori agli esercenti, per larghissima parte fanno emergere evasione o per larghissima parte vanno a coloro che già oggi fanno tantissimi acquisti con carte di credito e bancomat?». Seconda domanda: «È chiaro che la misura di per sé può andare, ma in termini di rapporto qualità-prezzo e di costo opportunità è una buona misura o soltanto una buona bandiera?». Di certo, a ridosso del Natale e fino a Capodanno, lo staff della comunicazione di Conte capitanato da Rocco Casalino faceva filtrare compulsivamente a giornali e agenzie di stampa gli aggiornamenti sugli iscritti al programma attraverso la app Io, sull'«enorme volume di traffico» e su come si stanno risolvendo i «disagi» e i disservizi. In attesa di delucidazioni dal governo, facciamo notare che il cashback di Natale non è l'unica iniziativa partita con la gran fanfara di Palazzo Chigi senza avere le necessarie coperture per finanziarla. Anzi, è solo la punta di un iceberg ben più grande come dimostra anche il caso del bazooka di liquidità promesso dal governo per le imprese con la moratoria sul credito. Il decreto Liquidità ha definito misure che dovrebbero attivare 400 miliardi di euro di finanziamenti, attraverso il Fondo centrale di garanzie e Sace. L'Abi, l'associazione dei banchieri, segnala che al primo gennaio i finanziamenti richiesti dalle banche al Fondo di garanzia sono saliti a 126,7 miliardi, per 1,592 milioni di domande: di queste, 1,050 milioni sono richieste fino a 30 mila euro, per 20,5 miliardi, e 211 mila sono le domande di garanzie su moratorie, per 4,2 miliardi di euro.In tutti questi mesi sia da Abi sia dal Mediocredito centrale sono sempre state aggiornate le cifre sulle domande presentate ma non su quelle effettivamente erogate complessivamente alle aziende che ne hanno fatto richiesta. Anche per quelle accolte, inoltre, non significa automaticamente che l'assegno verrà staccato, né è ancora chiara la tempistica necessaria per avere i soldi in cassa. La coperta sarà abbastanza lunga per coprire tutti o finirà come con l'extra cashback di Natale? Tra l'altro dal 1° gennaio è partito anche il nuovo cashback. Per ottenere il 10% di rimborso sulle spese effettuate dal primo giorno del 2021 occorrerà effettuare questa volta 50 pagamenti a semestre con carta o bancomat e tramite pos. Sarà possibile avere un rimborso fino a 150 euro a semestre, con un rimborso massimo, per ogni singola transazione, di 15 euro. Per il piano cashless l'esecutivo ha previsto una spesa di 1,75 miliardi nel 2021, che salgono a 3 nel 2022. Il governo Conte è disposto a utilizzare le risorse del Recovery fund, indebitandosi dunque con l'Europa, per finanziare i rimborsi del 10% sugli acquisti senza contante. L'ultima versione del piano di resilienza italiano destina proprio al cashback 4,75 miliardi di euro.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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