Il 7 dicembre Europarlamento, Consiglio e Commissione fanno il punto sulla direttiva. Nelle ultime bozze c’è maggiore flessibilità nel raggiungimento degli obiettivi. L’Italia dovrà dare priorità alla ristrutturazione dei circa 5 milioni di immobili «più energivori».
Il 7 dicembre Europarlamento, Consiglio e Commissione fanno il punto sulla direttiva. Nelle ultime bozze c’è maggiore flessibilità nel raggiungimento degli obiettivi. L’Italia dovrà dare priorità alla ristrutturazione dei circa 5 milioni di immobili «più energivori».La direttiva sulle case green tornerà sul tavolo europeo il prossimo 7 dicembre quando si terrà il secondo round - dopo l’ultima riunione del 12 ottobre in cui è stata sventata l’eco-patrimoniale sugli immobili dando l’ennesima batosta ai socialisti - tra Parlamento Ue, Consiglio e Commissione (il cosiddetto trilogo) per fare il punto prima di approdare ad un accordo definitivo.Leggendo le bozze di testo uscite dalle trattative, la novità più importante sembra essere quella relativa all’articolo 9 della Epbd (Energy performance of buildings directive). Nella versione del Parlamento veniva ipotizzato, per gli edifici residenziali, l’obiettivo di raggiungere la classe energetica E nel 2030 e D nel 2033. Un approccio superato, con Bruxelles che pare orientata su un sistema di regole aperto, nel quale diventa fondamentale il ruolo dei Paesi membri, che avranno maggiore discrezionalità. Ogni Stato dovrà infatti preparare una road map per la riqualificazione del suo patrimonio immobiliare, disegnando quindi una traiettoria di progressiva riduzione dei consumi degli edifici fino al 2050, quando si dovrà tendere alle emissioni zero. L’obiettivo è ridurre l’utilizzo medio di energia primaria, misurando il consumo al metro quadrato dei nostri edifici, a partire dal 2020. I Paesi dovranno specificare il numero di edifici e unità immobiliari da ristrutturare annualmente. In sostanza, verrà definita la cornice all’interno della quale i Paesi membri sono liberi di fissare le loro priorità. I livelli di riduzione da raggiungere saranno definiti nel corso dell’ultimo incontro politico di dicembre. Questa operazione di miglioramento dell’efficienza energetica media degli immobili non potrà essere messa in atto puntando solo sull’impatto benefico degli edifici nuovi, perché la direttiva impone che i Paesi membri assicurino che «almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria sia raggiunto attraverso il rinnovo degli edifici più energivori». Nella stessa direttiva si specifica che gli edifici più energivori sono quelli che rientrano nel 43% di immobili con le performance più basse nel patrimonio nazionale. Come ha sottolineato domenica scorsa un articolo del Sole24Ore, prima del 7 dicembre si svolgeranno, comunque, almeno due vertici tecnici, nei quali gli sherpa delle diverse istituzioni proveranno a chiudere gli ultimi punti controversi. A cominciare dal bando totale dell’uso di combustibili fossili negli edifici dal 2035, proposto dal Parlamento.Ma quanti sono in Italia gli edifici residenziali? Lo stesso articolo del quotidiano di Confindustria ha ricordato che in base agli ultimi dati Istat, parliamo di circa 12 milioni di case. Di questi, ne saranno considerati prioritari circa 5 milioni. Nella precedente versione gli obiettivi di riqualificazione agivano su un arco temporale molto breve, perché teoricamente bisognava portare milioni di immobili dalle classi più basse (F e G) al livello minimo della classe E già entro il 2030. Il nuovo assetto della direttiva concede, invece, più tempo ai Paesi membri. Quanto, lo si capirà nel dettaglio una volta uscito il testo uscito dalla riunione del 7 dicembre. Agli obiettivi di efficientamento potranno contribuire anche le operazioni di riqualificazione di immobili colpiti da disastri naturali, come i terremoti e le inondazioni. In questo modo, le risorse spese per piani straordinari di intervento sul territorio potranno comunque contribuire al raggiungimento degli obiettivi comunitari. Sarà poi la Commissione Ue a vigilare sul rispetto della direttiva.Secondo Isabella Tovaglieri della Lega, relatrice ombra della direttiva al Parlamento europeo, «l’indicazione di procedere in via prioritaria alla ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni chiarisce un aspetto tecnico della direttiva, fissando una percentuale frutto di un compromesso, che lascia tuttavia agli Stati membri un discreto margine di manovra. Per noi l’importante è aver ottenuto la revisione dell’articolo 9, che ora si concentra sulla riduzione graduale dei consumi energetici degli edifici, con scadenze temporali che devono ancora essere fissate, e non impone più onerosi passaggi di classe energetica ai proprietari di casa». Da ben due anni Confedilizia ha lanciato l’allarme a Bruxelles e a Roma sui pericoli che l’approvazione della direttiva come impostata inizialmente avrebbe comportato. Sulla parte più controversa della direttiva, quella relativa ai target e delle tappe con cui rendere più efficienti le abitazioni, ha prevalso l’impostazione più flessibile. Rimane aperta la discussione sull’obbligo di installare pannelli solari su edifici pubblici e non residenziali, e su alcune parti concernenti misure finanziarie e sanzioni.Nel frattempo, in Italia si registra un aumento dei trasferimenti della nuda proprietà degli appartamenti, a metà del prezzo di mercato. Chi ha deciso di sfruttare questa possibilità (l’ex proprietario conserva l’usufrutto dell’immobile fino alla morte) è spesso un pensionato che fatica ad arrivare a fine mese anche per colpa dell’inflazione.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





