2024-04-07
Occhio alle spinte sulla casa in affitto. Così gli italiani diventano più poveri
Per Confindustria l’incremento della mobilità alimenterà lo sharing: i grandi fondi acquistano gli immobili che poi vengono locati. La Germania insegna: è il modo migliore per abbattere il patrimonio della classe media.Come sempre accade in Italia, qualunque intervento di regolarizzazione e sanatoria crea polemiche con tanto di strascichi politici. La parola magica in negativo e sottintesa è quella dell’evasione. Non fa eccezione la norma presentata questa settimana in consiglio dei ministri da Matteo Salvini. Si tratta di un intervento che regolarizza tre livelli diversi di irregolarità, dai semplici problemi di natura formale, alle difformità più pesanti. Ne avranno beneficio i proprietari di case, ma anche i Comuni che scopriranno di poter incassare nuovi fondi. «Sulla casa stiamo lavorando non per condonare abusi esterni, ma per aiutare milioni di famiglie che non riescono a comprare o a vendere casa loro», ha spiegato Salvini. «È un problema», ha aggiunto, «che riguarda la maggior parte delle case italiane e sta bloccando gli uffici comunali. Per quanto mi riguarda va regolarizzato: il cittadino paga, il Comune incassa, e il mercato riparte», ha proseguito per poi concludere: «Mi sembra una cosa assolutamente ragionevole, che ovviamente non riguarda le zone sismiche, archeologiche o le ville abusive sulle spiagge». Insomma, nessuno può negare che in un momento come l’attuale con tassi alti e il pericolo incombente dell’arrivo delle normative Ue sulla casa green, il mercato del mattone sia stagnante e tendenzialmente in flessione. Gli ultimi dati Istat, quelli diffusi l’altro ieri, dimostrano chiaramente quanto sia calato il potere d’acquisto delle famiglie e la predisposizione alle transazioni immobiliari. Dati che cristallizzano quella che è la semplice osservazione empirica del momento, frutto dell’inflazione e delle scelte poco opportune (per usare un eufemismo) della Bce. Sbloccare la burocrazia è dunque un passo intelligente e opportuno. Diffidiamo da chi, come i partiti di sinistra, sventola sempre lo spauracchio dell’evasione, per di più senza mai averla contrasta effettivamente. Ma c’è dell’altro. Sbloccare la burocrazia e gli impicci aiuterà anche i piccoli proprietari a regolarizzare e, se lo desiderano, a vendere in tempi più brevi o a prezzi più congrui. Il che di per sé, oltre a essere un buon training per tenere su il Pil, aiuta anche a stoppare una deriva abbastanza pericolosa che va sotto il nome di sharing economy. O, parlando di case, della cessione ai grandi fondi a fronte di contratti di affitto lunghi quanto il corso della vita. Proprio l’intervento targato Salvini è stata l’occasione di ribadire questo concetto, rigirando completamente la frittata rispetto al ruolo dei piccoli proprietari immobiliari.Ieri, sulle colonne del Sole 24 Ore è apparsa una intervista a Davide Albertini Petroni, presidente di Confindustria Assoimmobiliare. Dopo essersi dilungato sul concetto, condivisibile, secondo cui «la regolarizzazione spinge la riqualificazione degli immobili», il presidente dell’associazione descrive il punto di vista sul parco case italiano. «Il mercato si sta orientando verso la locazione», spiega ai giornalisti del Sole per via di una serie di mutamenti sociali». Il riferimento è alla necessità di maggiore mobilità tra una città e l’altra, come nel Nord Europa. La soluzione sarebbe quella di dare quartieri e pezzi di città in mano ai grandi fondi i quali garantirebbero locazioni perfino a valori calmierati, nel caso in cui dovessero nascere partnership pubblico-privato. Ora, vale la pena ricordare che in un recente studio di Bankitalia nell’analizzare il crollo della ricchezza mediana degli italiani (che è passata da 200.000 euro a 150.000 in soli dieci anni) si apriva un inciso dedicato a Berlino. La Germania è il solo Paese Ue - oltre al nostro - che ha visto crollare il patrimonio della classe media. E nel caso tedesco per un motivo preciso. La stragrande maggioranza dei cittadini è in affitto. Ecco perché la scusa di favorire la mobilità ci puzza un po’. È legittimo che una associazione persegua i propri fini e interessi. Ma attenzione: l’economia in sharing porta al crollo dei patrimoni mediani che sono quelli che contraddistinguono la borghesia e quindi tengono in equilibrio il Pil. Ovviamente il nostro non vuole essere un attacco ai fondi, ma a quelle norme e regole che vorrebbero favorirli a tutti i costi. E ci riferiamo alle regole Ue sulle case green. È chiaro che molto dipenderà da come i singoli governi metteranno a terra i decreti attuativi, ma l’obbligo di mettere in regola un numero elevato di immobili (oltre 4 milioni) in pochi anni creerà un collo di bottiglia. Chi non ha la liquidità necessaria per intervenire dovrà chiedere alle banche fidi che, come già sta accadendo ora, saranno più costosi di quelli applicati alle case con classi energetiche migliori. Chi, a scendere nella scala della ricchezza, non otterrà il mutui sarà costretto a vendere la casa. E lo dovrà fare a un prezzo più basso, diventando più povero. La sharing economy andrà bene per le biciclette, già non è il massimo per le auto, ma sulle case innescherebbe un spirale di impoverimento. Non sappiamo se chi sta a Bruxelles faccia finta di non saperlo oppure se, ideologicamente, immagini grandi fondi che gestiscano le case e governi che sussidino i cittadini su modello Reddito di cittadinanza grillino. Il tessuto sociale italiano va sistemato, non cambiato. Piccole aziende e proprietà diffuse sono un bene: vanno stimolate non combattute. È bene tenerlo presente quando, dal prossimo anno, Roma sarà chiamata ad applicare le normative green.