2023-12-22
Se incoraggia la ciurma di Casarini la Chiesa non viola il Concordato?
Luca Casarini con Papa Francesco nell'aula Paolo VI in Vaticano (Ansa)
Per il «Corriere», contestare i vescovi pro Ong è contro il patto Vaticano-Italia e quindi contro la Costituzione. Ma l’accordo parla di «reciproca collaborazione». Cei e Pontefice spronano chi aggira le regole sui migranti.La logica, prima di tutto. Seguiteci un attimo. Chi critica la Chiesa per i finanziamenti alle Ong violerebbe il Concordato e, quindi, la Costituzione? D’accordo. Allora, anche la Chiesa, incoraggiando attività contrarie all’interesse pubblico - quelle di imputati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, da cui costoro avrebbero pure tratto profitto - viene meno al patto siglato con le istituzioni. E, dunque, alla Carta fondamentale della Repubblica, con la quale dovrebbe collaborare.No, non siamo confusi per un attacco di mal di mare, da cui saremmo stati colpiti a bordo del natante di Luca Casarini. Stiamo provando a prendere per buono il discutibile ragionamento di Alberto Melloni, editorialista del Corriere. A suo parere, sarebbe proibito «accusare» le gerarchie ecclesiastiche di favorire l’invasione di clandestini. Poi c’è il dettato dell’Accordo tra il Vaticano e l’Italia. All’articolo 1, il trattato recita: «La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese». Chiaro? Il Papa e le nostre autorità si riconoscono reciprocamente la piena autonomia e il diritto di governarsi da sé. È bandita - per usare un termine che un tempo andava tanto di moda - qualunque ingerenza negli affari interni.Ebbene, cos’è l’elargizione di somme di denaro a un’associazione privata, affinché vada a raccogliere i migranti in acqua e li conduca in un porto italiano, se non un’ingerenza negli affari della nostra Repubblica? Una maniera di misconoscere l’indipendenza e la sovranità italiane? E cosa fa un Pontefice, nel momento in cui esorta la ciurma di Casarini e di don Mattia Ferrari a riprendere il largo, nonostante un procedimento in corso a Ragusa, se non intromettersi nel libero ambito di autodeterminazione di Roma? L’esecutivo italiano non ha la facoltà di considerare indesiderabili gli ingressi dei clandestini sul suo territorio? E di agire per limitarli? In che modo, pertanto, i vescovi, sovvenzionando Mediterranea saving humans, avrebbero «collaborato» a «promuovere» il «bene del Paese», come proclama il Concordato? L’interesse italiano lo valuta il governo, che risponde al Parlamento, che viene eletto dal popolo, oppure lo stabiliscono e lo perseguono Eccellenze ed Eminenze? Dobbiamo essere proprio noi, cattolici e antimoderni, a ribadire la necessaria separazione dei poteri temporale e spirituale? Dove sono finiti laici, laicisti, progressisti, gruppettari e disobbedienti? Forse, stavolta, vogliono obbedire. Al Papa.Francesco, nel corso dell’udienza di mercoledì, alla presenza dell’ex Tuta bianca e del cappellano della Mare Jonio, ha lodato l’Ong che ha ricevuto aiuti da varie diocesi, anche grazie all’interessamento del cardinale Matteo Zuppi, capo della Cei: «Fanno un bel lavoro questi, salvano tanta gente». Incluso Casarini, il quale, grazie all’impiego come pescatore di uomini, avrebbe risolto i problemi legati all’affitto e al divorzio. All’ex no global, il successore di Pietro avrebbe detto: «Coraggio, tornate in mare a salvare vite». Ossia, a compiere atti politici in assenza di controllo democratico. I sedicenti soccorritori, nei fatti, mettono alle corde lo Stato: una volta che noi abbiamo sottratto i migranti ai flutti, tu rifiuti ai disperati un attracco sicuro?Ma non è finita. Beppe Caccia, l’armatore della nave Ong, entrò in contatto con il portavoce del leader libico Khalifa Haftar, al quale aveva confidato che gli attivisti della Ong erano «contrari alla politica del governo italiano in materia migratoria». Alla faccia del «bene del Paese». Son questi gli eroi che ha elogiato Jorge Mario Bergoglio. Uno che, per usare le parole dell’ex Tuta bianca, «pensa alle cose concrete». E cosa c’è di più concreto di un accordo internazionale, tipo il Concordato tra Chiesa e Stato italiano? Mettersi a negoziare con il capo di una fazione straniera rischia o no di creare - andrebbe chiesto a Melloni - «una fessura istituzionale non riparabile»?Sul Corsera, lo storico ha fustigato le «voci estremiste», capaci di contestare il Papa, Zuppi e i vescovi, «in violazione delle garanzie concordatarie». Una «strada» che, stando alla «laicità costituzionale», «non può essere percorsa»: essa, addirittura, «viola la libertà di una fede». Libertà - o meglio, licenza - che, a ben vedere, proprio l’Accordo con Roma non concede: un conto è professare un credo, un conto è trasformarlo in un manifesto ideologico per aggirare le regole. Il diritto di esprimersi si è trasformato in un attentato alla Costituzione, mentre spedire soldi a chi, sulla pelle dei «poveretti», fa politica senza essere stato mai votato, è una maniera di esercitare il culto? Ma per favore. La logica, prima di tutto.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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