2023-09-09
La corsa dei Verdi alle case «pulite» punta alle colonnine in tutti i box
Primi incontri tecnici dei parlamentari europei sulla direttiva: la trattativa s’ incaglia sugli obblighi per i posti auto con ricarica, sui pannelli solari e i parcheggi per bici. Le forzature per chiudere nel 2023 proseguiranno.L’accelerazione dei Verdi a Bruxelles sulle case green si è già fermata? Piano con l’entusiasmo perché, se c’è una sicurezza dalla quale partire, questa riguarda la volontà ferrea dei progressisti Ue di portare a casa la normativa che impone un brusco cambiamento della classe energetica delle nostre abitazioni, eppure i primi incontri non sono andati proprio nella direzione che la banda degli ecologisti duri e puri auspicava.La tabella di marcia rivelata dalla Verità negli scorsi giorni, ed emersa da un email che alcuni funzionari dei Verdi hanno inviato ai parlamentari europei, prevedeva già il 6, 7 e 8 settembre i primi meeting. L’obiettivo è partire in modo soft sui temi considerati meno spinosi, per poi affrontare tra una decina di giorni anche a Strasburgo l’articolo 9 che definisce le tempistiche e la gradualità del passaggio da una classe energetica all’altra. Il vero centro del contendere. Il problema è che anche sui dispositivi all’apparenza meno divisivi, i parlamentari si sono divisi al punto di richiedere «l’aiuto da casa», l’intervento cioè dei tecnici per riuscire a dipanare una matassa che la politica non è riuscita a sciogliere. È successo, secondo quanto risulta alla Verità, sull’articolo 9 bis, quello che riguarda l’obbligo di installare i pannelli solari su tutti i nuovi edifici e prevede la possibilità di estendere l’imposizione anche agli immobili di vecchia costruzione. Era un articolo rimasto in sospeso anche dopo l’ultimo trilogo, il vertice che coinvolge Commissione, Consiglio e Parlamento, del 31 agosto e che nonostante sia passata più di una settimana per far decantare, non ha trovato soluzione. Resta la spaccatura tra chi spinge per una stretta sugli obblighi e chi invece invoca maggiore flessibilità e non vede di buon occhio l’imposizione sulle nuove costruzioni. Figurarsi sul vecchio. I punti di attrito però non finiscono qui. È emerso infatti che i parlamentari chiamati a raccolta nelle riunioni tecniche degli ultimi due giorni non abbiano trovato la quadra sull’articolo 12, quello che impone l’istallazione delle colonnine o di punti di ricarica per le auto elettriche in tutti i garage. Anche qui la divisione netta è tra chi chiede maggiore flessibilità e chi invece reclama tutto e in tempi abbastanza celeri, non solo per quanto riguarda le nuove abitazioni ma anche quelle già in essere. Sembra che la discussione si sia concentrata sulle differenza tra edifici residenziali e non e sulla eventualità che la stretta venisse circoscritta alle ristrutturazioni profonde o allargata a tutti i casi in cui vengano effettuati dei lavori. Da ricordare che lo stesso articolo 12 riguarda anche il progetto di parcheggi per le biciclette nei condomini. Un altro capitolo. E che è iniziata la discussione pure sull’articolo 6, che fa un riferimento diretto ai costi da affrontare. Al di là dei particolare, però, qui interessa evidenziare il dato generale. È chiaro che il vento in Europa sta cambiando e che questi mesi che precedono la campagna elettorale in vista del voto del giugno 2024 saranno decisivi per portare a casa i provvedimenti ecologisti tanto cari alla sinistra Ue e ai Verdi, in particola modo, che hanno nell’architetto irlandese Ciaràn Cuffe la punta di diamante e il relatore del provvedimento sulla casa. Ecco perché in vista del prossimo trilogo, quello del ottobre, è stata fissata una fittissima serie di incontri e per lo stesso motivo, come riportato da questo giornale, Ditte Juul Jorgensen, la direttrice generale della direzione energia della Commissione Ue, in audizione in commissione industria, ha evidenziato la necessità di «finalizzare un accordo entro la fine dell’anno». Ecco, la partita ambientalista che si sta giocando a Bruxelles somiglia tanto a una sorta di dentro o fuori. O i provvedimenti vengono approvati nei prossimi mesi o le normative a emissione zero rischiano di saltare del tutto. Ed è ovvio che più passa il tempo e più le possibilità che si trovino dei compromessi al ribasso, ambientalmente parlando, aumentano. Proprio per questo abbassare la guardia adesso sarebbe oltre che suicida davvero imperdonabile, perché vorrebbe dire gettare alle ortiche tutti gli sforzi profusi per rendere quantomeno più flessibile un provvedimento che riguarda 1 milione e 800.000 immobili residenziali degli italiani e costerà in media 35.000 euro alle famiglie, con i dati più allarmanti che arrivano dal Sud e dalle periferie.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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Mario Venditti. Nel riquadro da sinistra: Maurizio Pappalardo, Silvio Sapone e Antonio Scoppetta (Ansa)
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