2025-08-21
Cartabellotta muto sullo stipendio (vietato)
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta (Ansa)
Incalzato dal senatore leghista Borghi e dalla «Verità», il presidente della Fondazione Gimbe non scioglie i dubbi sulla gestione di finanziamenti e utili. Né sottolinea il fatto che lui stesso non può essere remunerato essendo alla guida di un ente non profit.Chissà se tra gli «stakeholder» che il ministro della salute Orazio Schillaci intende coinvolgere per rinominare il comitato vaccinazioni Nitag - citandoli addirittura nel decreto di revoca - figura anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe (Gruppo italiano medicina basata sulle evidenze). Fatto sta che il gastroenterologo siciliano residente nella rossa Bologna, stakeholder o no, si è comunque autoconferito l’incarico, facendosi portatore d’interessi (definizione di «stakeholder») della galassia pro vax: è stato tra i primi, infatti, a mettere nel tritacarne il ministro e i due scienziati (su un totale di ventidue membri Nitag) Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle accusando Schillaci, che li aveva nominati, di «grave irresponsabilità politica che annienta la credibilità delle Istituzioni, svilisce la scienza e legittima la disinformazione». Bùm! Da che pulpito? L’indignato speciale è stato così categorico che il senatore della Lega Claudio Borghi ha cominciato a porsi qualche domanda. Prima fra tutti: «Chi è costui?». Noi lo ricordiamo bene: è l’autore delle simpatiche poesie in rima baciata concepite in pieno furore vaccinale per convincere tutti a inocularsi la terza dose di vaccino anti Covid a Natale. All’epoca qualcuno osava sussurrare quella che poi è diventata un’evidenza scientifica conclamata, ossia che il preparato anti Covid non impediva l’infezione, ma lui insisteva: «A Natale una grande tavolata/ solo se parentela tutta vaccinata/ E per il cugino/ che non ha fatto il vaccino/ solo un tramezzino/ nello stanzino». Dante si rivolterebbe nella tomba, soprattutto dopo averlo sentito esporre in commissione Covid la sua versione della gestione pandemica (osservata più da pulpiti televisivi che accademici) tra un «dissimo», «tradummo» e «chiesimo», ma tant’è: la Fondazione Gimbe da lui presieduta ha percepito, secondo la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, 757.435 euro per incarichi vari e risulta quindi ben inserita nel circuito degli esperti che, dal Covid in poi, hanno «divulgato evidenze scientifiche» (come quelle del vaccino che proteggeva dal contagio, per intenderci), ricorrendo anche alla metrica poetica, come abbiamo visto, per «sensibilizzare istituzioni e cittadini sulla necessità di rilanciare il Servizio sanitario nazionale», anche grazie alla raccolta di ulteriori finanziamenti con il 5 per mille. Borghi, che è uomo di finanza e guarda i numeri, è andato al punto: come si mantiene Gimbe? Chi la finanzia? È possibile visionare i bilanci della Fondazione? Facendo una visura camerale non risulta alcun bilancio. Anche noi della Verità abbiamo provato a chiederglielo, ma il presidente Gimbe non ci ha voluto rispondere «per non alimentare la polemica». La polemica, però, si smonterebbe subito se lui rendesse pubbliche tutte le informazioni richieste da un senatore della Repubblica e da un quotidiano che fa informazione. «Noi non siamo un ente pubblico, siamo una Fondazione che non è obbligata a pubblicare il bilancio, come tutte le fondazioni», osserva. Ma dato che c’è opacità proprio sui finanziamenti e certamente il presidente di Gimbe non ha nulla da nascondere, cosa gli impedisce di rendere pubblici i bilanci per chiudere ogni discussione? Mistero. Così come è un mistero che, alla domanda «qual è il suo stipendio», formulata sia da Borghi che da noi, Cartabellotta non sia immediatamente saltato sulla sedia precisando, a scanso di equivoci, che il presidente di un ente no profit non può percepire alcun stipendio: niente di tutto ciò, soltanto il silenzio. Gli enti no profit e le Fondazioni sono organizzazioni senza scopo di lucro, la cui finalità principale è quella di svolgere attività di utilità sociale, culturale e scientifica reinvestendo gli eventuali utili nella propria attività o in altre iniziative di interesse generale. In altre parole, l’obiettivo non è la distribuzione di profitti. Sarebbe bastato questo, a Cartabellotta, per spegnere sul nascere la diatriba. Ma la Fondazione ha preferito replicare sul sito, a seguito di un tempestivo aggiornamento effettuato proprio nel bel mezzo della discussione con Borghi, la notte tra il 19 e il 20 agosto, per rendere noto che Gimbe «è un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro e non riceve alcun finanziamento pubblico». Realizza i propri scopi statutari grazie a «pagamento di corrispettivi da parte di organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di servizi di formazione e advisorship». È l’accountability la prima vittima di questa polemica agostana: una legittima richiesta di trasparenza viene subito trasformata in «insinuazione e richiesta inquisitoria», come se chiedere a un ente privato no profit come spende i soldi ricevuti dalle amministrazioni pubbliche equivalga a una denuncia. «Parlamentari della Repubblica che cercano sollievo provando a screditare Gimbe con pretestuose insinuazioni, richieste inquisitorie e toni intimidatori», vittimizza Cartabellotta su X. «Attenzione - replica Borghi - se posso permettermi di controllare come vostro rappresentante (dei cittadini, ndr) che diamine fa costui con i vostri soldi è soltanto grazie alla mia immunità, altrimenti alla prima domanda sarei seppellito di querele intimidatorie». Alla Verità, il presidente Gimbe chiosa: «Se Borghi mi telefona e me le chiede, gli do tutte le informazioni che desidera, ma se sventola queste domande in maniera minacciosa, non mi piace». Capito? Non si parla di soldi in pubblico davanti ai cittadini, con buona pace della trasparenza.
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