2019-05-16
Papa Bergoglio nomina il parroco dei Renzi nuovo vescovo di Prato
Don Giovanni Nerbini, per anni confessore della famiglia, ha ottenuto un ruolo di grande rilievo. Il giorno dell'arresto andò a casa di babbo Tiziano Renzi, che ha sempre difeso apertamente: «Metterei due mani sul fuoco».Potrebbe essere un record mondiale. In Italia, e precisamente nella diocesi di Prato, è stato nominato vescovo (sarà ordinato a giugno) da papa Francesco al posto di monsignor Franco Agostinelli un avvocato e più precisamente il difensore dei Renzi, specializzato in arringhe televisive. Scherzi a parte, il sessantacinquenne don Giovanni Nerbini, che da settembre proverà a convertire gli oltre 70.000 cinesi della diocesi («Preferisco parlare di attrazione e vorrei mostrare il volto bello del pastorato»), dal 2007 a oggi è stato il parroco di Rignano sull'Arno.Insomma, da 12 anni è stato il prete di riferimento della famiglia Renzi. E, sentendo il peso del ruolo, negli ultimi tempi è sceso più volte in campo per difendere i genitori dell'ex premier dalle accuse della Procura di Firenze. A febbraio è stato immortalato da fotografi e videoperatori mentre con il piglio del pastore risoluto a recuperare le pecorelle smarrite fece visita a casa di Tiziano e Laura Renzi, costretti agli arresti domiciliari. Un gesto di solidarietà così gradito che quando Papillon Tiziano ruppe il silenzio con un virulento post di Facebook sulle sue prigioni, una delle poche carezze fu proprio per lui: «Grazie a chi sta pregando per noi, perché per noi è il regalo più grande. E grazie a don Giovanni Nerbini».Il combattivo prelato accettò di rilasciare dichiarazioni pubbliche, senza neppure aver letto le carte dell'accusa. Per lui i Renzi erano innocenti a prescindere. Sentenziò: l'inchiesta «evidentemente evoca un'immagine delle persone che non corrisponde a quanto uno conosce, io da tanti anni, la maggior parte dei rignanesi da una vita, sia di Tiziano che della moglie; quindi c'è uno sconcerto, una sofferenza, un disagio, una preoccupazione che è grande. Poi aspettiamo che la giustizia umana faccia il suo corso anche se la giustizia umana è molto umana e a volte ci si domanda fino a che punto sia giustizia». Sulla presunta «correlazione della discesa in politica di Matteo Renzi e gli attacchi alla politica» don Giovanni Nerbini rispose così: «Diciamo che non si sono mai più fermati, c'è una reiterazione e un crescendo, se vogliamo, che ha coinvolto a macchia d'olio una parte considerevole della famiglia, e questo naturalmente è un ulteriore motivo di preoccupazione perché poi le persone rischiano di rimanere schiacciate da questo meccanismo». Avete capito don Giovanni? Ma questa non era la sua prima intemerata. Due anni prima, dopo che divenne pubblico il coinvolgimento di Tiziano nell'inchiesta Consip, fu un buon profeta: «Io credo che alla fine, come nella precedente situazione (l'inchiesta di Genova, ndr), venga tutto fuori in maniera chiara (…). Mi son fatto l'idea di uno di quei cortocircuiti in cui si mettono accanto certi tasselli senza poi una sostanza». In effetti nel 2018 i pm hanno chiesto per Tiziano l'archiviazione. Ma il don non si limitò alla predizione e paventò il complotto: «Ma uno che per 62 anni è vissuto tranquillo, ha fatto per 40 anni un lavoro e non è successo nulla, ora, da quando il figlio è presidente del Consiglio, si scatena ogni forma di buriana…». Lui sull'innocenza di Tiziano avrebbe scommesso: «Io ci metterei la mano sul fuoco, ecco, tutte e due ce le metto. Ho visto in mille occasioni quanto si prodiga per aiutare le persone con grande larghezza e generosità di mezzi […] è una persona specchiata».Don Giovanni è stato insegnante nelle scuole elementari prima di entrare in seminario ed è stato consacrato sacerdote a 41 anni, nel 1995.Nel 2014, da parroco di Rignano, ha festeggiato la nomina di Renzi a premier con queste parole: «Gli siamo vicino spiritualmente non solo perché conosco lui e la sua famiglia […]. Del resto, San Paolo nelle sue lettere invita a pregare per chi ha responsabilità. E noi in questo caso lo facciamo volentieri anche e in particolare per il nostro caro Matteo». Nel 2015, il vescovo di Fiesole, monsignor Mario Meini, lo ha chiamato come suo vicario generale, ma gli ha lasciato anche la parrocchia di Rignano. Nel 2019 è arrivata la prova più dura, quella dell'esperienza di «cappellano del carcere». O meglio di padre spirituale dei genitori dei Renzi, durante la loro breve cattività. «Difensore dei coniugi Renzi? Mi hanno attribuito questo ruolo, ma io mi limito a fare il parroco e per questo sto vicino agli afflitti. In quel momento mi era stato chiesto espressamente di stargli vicino dai famigliari», ci ha confidato ieri. Gli abbiamo anche chiesto se, considerata la contrapposizione forte che si è creata tra papa Francesco e le politiche di Matteo Salvini sull'immigrazione, non ritenga che la sua nomina vada interpretata come un segnale politico da parte del Vaticano. «Non credo, sono convinto che si tratti di una scelta pastorale. Anche perché se il papa se deve mandare dei messaggi diretti non ha paura di farlo». Don Nerbini con i genitori di Renzi ha condiviso alcuni pellegrinaggi a Medjugorje. «Se credo a quelle apparizioni? Io credo in Dio padre onnipotente, in Gesù Cristo, nello Spirito santo e nella Madonna immacolata, sono andato là diverse volte a pregare, ma non ho mai incontrato i veggenti. La Chiesa ha su di loro una posizione prudente che condivido. L'ho detto anche ai Renzi». Da quando ha lasciato i domiciliari ha più visto Tiziano Renzi? «Sì, ma non le dico se l'ho confessato». Sulla promozione del parroco rignanese non poteva mancare il commento del senatore Matteo Renzi: «Con la nomina di don Giovanni Nerbini il Santo Padre fa un regalo alla Chiesa pratese». Amen.
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