2024-07-15
Caro Soumahoro, il vittimismo non paga più
Aboubakar Soumahoro (Ansa)
Caro Aboubakar Soumahoro, le scrivo questa cartolina perché sto apprezzando molto il suo tentativo di riprendersi la scena. Sono sempre stato un fan delle imprese impossibili, e la sua, di tutte, mi sembra la più impossibile. Però lei ce la sta mettendo tutta. Si vede che smania dalla voglia di avere di nuovo i giornali ai suoi piedi come ai bei tempi in cui l’Espresso le dedicava copertine e rubriche fisse e Angelo Bonelli si commuoveva nel candidarla in Parlamento, quasi fosse l’Ilaria Salis delle baraccopoli. Ora le hanno girato tutti le spalle, perciò mi commuove il suo affannoso sbattersi per un titolo di giornale e un invito ai talk show, cercando di far dimenticare quel fango che portò con sé a Montecitorio. E non solo sugli stivali.Solo per rimanere agli ultimi giorni lei ha: 1) lanciato al governo la proposta choc di «legalizzare il caporalato»; 2) raggiunto Monfalcone per appoggiare le moschee abusive degli islamici; 3) denunciato presunti insulti razzisti subiti in una palestra. Quest’ultimo tentativo di farsi notare è caduto subito, miseramente, nel vuoto perché gli insulti si sono rivelati una delle sue tante bufale. La presunta proposta choc della «legalizzazione del caporalato» non ha choccato nessuno. Anzi è stata snobbata, ottenendo al massimo qualche breve sui giornali. E l’idea di appoggiare gli islamici di Monfalcone non ha fatto altro che rivelare che dietro il progetto delle moschee abusive non c’è un’esigenza religiosa, ma un disegno politico. Vede, caro Soumahoro, così lei rischia di risultare ancora più patetico di quando frignava «mi vogliono morto», o di quando difendeva il «diritto all’eleganza» di sua moglie. Anche perché lei, nel frattempo, espulso con ignominia dal gruppo di Verdi e Sinistra, ha fondato un partito che per il momento è un clamoroso ossimoro: si chiama infatti «Italia plurale» ma di plurale non ha nulla, tanto meno il numero degli iscritti. E noi siamo preoccupati perché temiamo che il partito faccia la fine del suo secondo libro, Il manifesto degli invisibili, annunciato in pompa magna a fine dicembre e poi svanito nel nulla. Un po’ come i soldi del Covid che dovevano finire alla Lega Braccianti, ricorda? I suoi ex soci dissero che non li videro mai. Evidentemente, caro Soumahoro, lei ha l’invisibilità nel destino. Ma noi non ci arrendiamo. E siccome ci teniamo che torni protagonista, ci permettiamo un piccolo suggerimento: lasci perdere le finte denunce, le proposte choc, le moschee abusive e il vittimismo da povero nero. Nessuno ce l’ha con lei perché è nero: ce l’hanno con lei perché diceva di voler difendere gli immigrati e non si è accorto che a speculare su di loro, stando alle inchieste, erano sua moglie e sua suocera. Perché diceva di essere dalla parte degli sfruttati, ma poi è stato il primo a sfruttarli per fare carriera. Perché si diceva solidale a chi viveva nei ghetti ma poi si è comprato una villa, e con che soldi ancora non si sa. Capisco che dopo tutto ciò tornare credibile sia un’impresa tosta, ma non c’è che una strada: essere un po’ più vero. E, se possibile, meno pagliaccio.
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