2022-06-06
Caro sindaco Lo Russo, il machete può svegliarla?
Caro Stefano Lo Russo, caro sindaco di Torino, le scrivo perché sono rimasto molto colpito dalle ultime immagini che sono arrivate dalla sua città, che tanto mi è cara: l’Eurofestival? Il Salone del libro? Macché: l’inseguimento fra nordafricani con tanto di machete in mano e corpo insanguinato, in pieno giorno, in uno di quei quartieri (Barriera di Milano) noto per essere sfuggito da tempo al controllo delle istituzioni.Ma ancor più mi ha colpito il suo commento: «È intollerabile», ha detto. E poi ha aggiunto che «il raccordo con le istituzioni è massimo» e che ci vuole «una strategia dell’attenzione sociale». Parole che, in quanto a concretezza, fanno concorrenza al vapor acqueo.La verità è che lei è sindaco da un anno e dei quartieri a rischio si è sempre disinteressato. Non gliene importa niente, come poco importava ai suoi predecessori di sinistra che da 25 anni governano la città a dispetto dei cittadini. Originario di Santa Rita, geologo, professore al Politecnico con cattedra sponsorizzata, da sempre rappresentante del Pd zona Ztl, si è distinto in questi 12 mesi per aver alzato le tasse (aliquote Irpef e Tari) e per aver occupato le poltrone delle municipalizzate con tutti i suoi compagnucci trombati. Per le periferie, poco o nulla. La Regione Piemonte ha rivelato che da un anno le ha messo a disposizione telecamere da installare nei quartieri a rischio, per aumentare la sicurezza. Non ha mai preso in considerazione l’offerta. Anzi: non si è presentato nemmeno agli incontri in cui se ne doveva discutere. Forse era troppo impegnato a distribuire cadreghe agli amici.Ora, dopo la pubblicazione di quel video choc, ha fatto sapere che le telecamere sono molto importanti e che forse verranno installate. Ma sembra un’altra di quelle affermazioni fumose, che sono la sua specialità. Le confesso che sono un cultore della rubrica di risposte ai lettori che tiene ogni domenica sulla Stampa. Sono uno spasso. Sindaco, che facciamo di quella rotonda che genera caos?, le chiedono. E lei: «È una sfida complessa». E il traffico in tilt in quella via? «Verifichiamo e ci riserviamo di intervenire». Sindaco, perché non recuperiamo gli immobili vuoti? E lei: «Concordo sulla necessità di innescare processi rigenerativi. Verificheremo». E sul lungo Po che succede? «Diventa importante far maturare la domanda e l’offerta secondo logica di maggior responsabilità. Il lungo Po è un’opzione da valutare”». E sarebbe fantastico se, mentre lei concorda «sulla necessità di innescare processi rigenerativi» e fa «maturare la domanda e l’offerta secondo logica di maggior responsabilità» per le strade della sua Torino non si aggirassero clandestini armati di machete che spargono sangue davanti alle scuole. Se per caso non riuscisse a cogliere la leggera distanza che intercorre fra le sue parole e la sua città le ricordo che a Barriera di Milano, alle elezioni che l’hanno fatta diventare sindaco, il 65% dei cittadini non si è nemmeno presentato alle urne. Si sentono dimenticati perché voi li avete dimenticati. E se continuerete a dimenticarli per occuparvi di ciò che vi sta a cuore, cioè spartirvi le poltroncine in santa pace, prima o poi viene già tutto come in una frana. E lei, caro sindaco, una frana dovrebbe sapere cos’è perché da geologo la studia. E da amministratore la impersona.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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