2022-08-31
Caro bollette, rivolta delle aziende del nord
Mario Draghi (Imagoeconomica)
L’esecutivo disposto a un nuovo decreto per ridurre i costi di luce e gas ma usando solo l’extragettito di luglio e senza scostamenti di bilancio. Quattro associazioni di Confindustria chiedono a Mario Draghi un intervento che mitighi i 41 miliardi di costi aggiuntivi.Palazzo Chigi resta fermo sulla posizione. A quanto risulta, ci sarà un nuovo decreto che mira a ridurre i costi delle bollette ma senza creare extra deficit o un nuovo scostamento di bilancio. Significa che il governo sta setacciando i cassetti degli ultimi decreti cercando risparmi insperati da sommare ad eventuali extragettito dovuto alla stessa inflazione. Uno schema utilizzato già in precedenza per altri interventi e soprattutto per il decreto Aiuti bis previsto in conversione per la prossima settimana. La differenza è che per il momento il premier sarebbe intenzionato a utilizzare l’extragettito di luglio. Quello di agosto non sarebbe fruibile se non intorno al 20 settembre. Il risultato sarebbe però una cifra vicina al mezzo miliardo. Praticamente un’elemosina. Motivo per cui le cose vanno a rilento, tanto che gli appelli rivolti dai partiti a Mario Draghi sono compiti anche se nascondono un po’ di stizza. Così dopo gli interventi di Giorgia Meloni, Carlo Calenda, ieri è tornato sul tema Matteo Salvini.«Litighiamo su tutto, ma sulle bollette di luce e gas apriamo subito il Parlamento e mettiamo un tetto agli aumenti» e «basta copiare la Francia di Macron», perché «questa è un’altra guerra e i lavoratori rischiano di morire con le aziende chiuse», ha detto il segretario della Lega durante un incontro elettorale ad Agrigento. «È improcrastinabile un intervento sia italiano che europeo per bloccare le bollette e fermare la speculazione in corso sull’energia prodotta da rinnovabili. Ne ho discusso stamani al distretto industriale della pelle di Arzignano in Veneto. Siamo pronti a sostenere l’intervento del governo», ha invece scritto il segretario del Pd, Enrico Letta , su Twitter. Il Pd intanto, attraverso le presidenti di senatori e deputati Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, attacca «le aziende che stanno rifiutando di versare la tassa sugli extraprofitti» perché «mettono a rischio la tenuta economica e sociale del Paese». Per questo, dice, il governo deve intervenire «al più presto con tutti gli strumenti a disposizione per recuperare quanto dovuto dalle aziende». L’uscita dimostra, se ce ne fosse bisogno, la lontananza di molti esponenti piddini dalla vita reale e dalle necessità del settore produttivo. Non a caso ieri a muoversi in modo frontale per chiedere un intervento urgente del governo sono state quattro associazioni territoriali di Confindustria. Tutte del Nord. L’occasione è stato l’incontro straordinario tra tra i presidenti Annalisa Sassi (Confindustria Emilia-Romagna), Francesco Buzzella (Confindustria Lombardia), Marco Gay (Confindustria Piemonte), Enrico Carraro (Confindustria Veneto) con gli assessori allo Sviluppo Economico Vincenzo Colla (Emilia-Romagna), Guido Guidesi (Lombardia), Andrea Tronzano (Piemonte) e Roberto Marcato (Veneto). Gli industriali hanno messo sul tavolo la necessità di trovare una toppa a un buco imminente di 41 miliardi, esattamente la cifra che corrisponde agli extra costi legati alle bollette. La, seppur silenziosa, rivolta della Confindustria del Nord ha un segno molto preciso. Non si tratta della solita dialettica politica tra i partiti e il governo. Non si tratta nemmeno dell’intervento del presidente di viale dell’Astronomia, che pur rappresentando le singole territoriali, riveste un ruolo implicitamente politico vista la delega a trattare con il governo. Ecco che l’uscita delle 4 associazioni che rappresentano per peso e fatturato quasi il 60% dell’intero sistema produttivo merita un ampio spazio e la massima attenzione. D’altronde, ieri è uscita una nota con toni da fanfara e nella quali si elencavano gli interventi messi in campo dal governo a partire da gennaio. Circa 50 miliardi contro caro prezzi e caro bollette. La notizia rappresenta però due aspetti tutt’altro che positivi. Il primo riguarda l’importo: 50 miliardi sono tanti ma non sono serviti granché. Si sono limitati a congelare il prezzo della benzina, ma non hanno scalfito minimamente le bollette. Il che porta a dire che il prossimo intervento dovrà essere almeno di pari importo. Il secondo aspetto porta a una valutazione politica degli interventi del governo Draghi. Alla sua prima conferenza stampa il premier, sollecitato da una giornalista interessata a conoscere i pilastri della visione economica draghiana per il rilancio del Paese, rispose: «Prima ci occupiamo del Covid, poi verrà il momento dell’economia». Ecco, questo momento non è mai arrivato. Gli interventi si sono limitati a bonus, aiuti e incentivi. Nessuna strategia. Né interventi sul sistema bancario o su Monte dei Paschi di Siena. Nemmeno nella riforma del fisco è spuntata una visione rivoluzionaria. A questo punto se tutto si limita ai bonus, bastava un Giuseppe Conte che con i suoi aiuti Covid ha aperto la strada a ulteriore debito pubblico e alla statalizzazione del Paese.