2025-01-02
Il Capodanno triste del fronte tra città semi deserte ed esplosioni in lontananza
A Toretsk, poco distante dai combattimenti, nessuno ha voglia di festeggiare. Un ufficiale consola le truppe, ma deve ammettere: «Il 2025 sarà l’anno peggiore».Da ieri chiusi i canali che rifornivano l’Europa attraverso l’Ucraina. E il prezzo ricomincia a volare.Lo speciale contiene due articoli.da ToretskAlexiey è entrato nel battaglione da pochi mesi, scelto dal comando generale per ridare lustro e speranza a un battaglione così decimato da rischiare lo scioglimento. Sa quanto è importante tenere insieme il gruppo, regalare un sorriso o una parola di conforto ai suoi uomini in così grande difficoltà.Anche se non è il momento di festeggiare, vuole che i suoi soldati sappiano di non essere stati abbandonati. Forse il più solo in questo momento è lui. Il comandante, si sa, quando le cose vanno male è il primo a pagare; quando vanno bene ha fatto semplicemente il suo lavoro.Alexiey è giovane, ha modi garbati ed è ben addestrato. Ha combattuto in prima linea e conosce l’odore del sangue. Per questo, quando, alla mezzanotte, nelle trincee del fronte di Toretsk, alla radio risuona la sua voce ferma, le sue parole hanno l’effetto di un balsamo per i cuori dei soldati. Il suo è un riconoscimento dei lunghi e difficili giorni di battaglia e un augurio per l’anno che verrà: «Ragazzi, è su di voi che ora poggia la difesa di Toretsk. Secondo le nostre stime i russi hanno perso circa 2.000-2.500 uomini. Solo ieri abbiamo eliminato nove Bmp (veicoli per sbarco truppe, ndr)».Tuttavia, il comandante non indora la pillola: l’anno nuovo, dice, sarà il peggiore di sempre, e nemmeno il gelo dell’inverno rallenterà i combattimenti. Nonostante la crudezza della realtà, le sue parole infondono un senso di unità. Per gli uomini, stretti nelle loro buche scavate solo il giorno prima, circondati dai russi, sentire quella voce è una piccola scossa dai pensieri negativi e un richiamo all’orgoglio nazionale. Da quel punto remoto del fronte, si sentono più vicini al resto dell’Ucraina.A poche ore di distanza, nella cittadina a 30 chilometri dal fronte, il Capodanno si prepara in modo diverso. Al supermercato, c’è un’insolita frenesia: più clienti del solito si affrettano tra gli scaffali, e l’insalata Olivier (da noi conosciuta come insalata russa), la pietanza simbolo delle feste, va a ruba. A base di piselli, uova, patate, prosciutto e maionese, prende il nome dallo chef belga che l’avrebbe ideata in un ristorante di Mosca verso la metà del XIX secolo. Non mancano altre tipologie di insalate tradizionali, come quella di barbabietole, tanto amata in questo periodo dell’anno. Ma la festa, nella sua essenza, è un miraggio.Chiediamo agli abitanti come celebreranno il Capodanno e la risposta è all’unisono: non c’è molto da festeggiare. La realtà è dura. La maggior parte delle persone trascorrerà la serata bevendo Coca Cola o kompot, il succo di frutta fatto in casa. I più fortunati riusciranno a trovare un po’ di vodka di contrabbando nei negozietti, ma per molti sarà una notte come tante altre, segnata dalla guerra.Antonia, una cassiera con un cappello bianco e rosso da Babbo Natale, sorride con ironia quando le chiediamo dei festeggiamenti: «Il coprifuoco è alle nove», ci spiega. «Mio marito è al fronte, non si può bere alcol, non ci si può riunire, e ovviamente i fuochi d’artificio sono vietati. Ma, anche dopo la guerra, non credo che qualcuno vorrà più spararli». Con un tono pacato, aggiunge: «Dopo il discorso del presidente berrò una tazza di cioccolata e andrò a letto».Nel piccolo centro commerciale, l’unico luogo vagamente animato della città, le luci al neon, i colori vivaci dei prodotti sugli scaffali e qualche decorazione natalizia offrono una parvenza di festa. Fuori, invece, il silenzio è spettrale. I ristoranti sono deserti, e tutti quelli a cui chiediamo di eventuali celebrazioni organizzate rispondono che non ci sarà nulla. Anche l’amministrazione comunale conferma: nessun evento, nessun festeggiamento.Alle quattro del pomeriggio il buio cala rapidamente, portando con sé un freddo pungente. Le strade, già quasi vuote, si svuotano del tutto. Dalle finestre illuminate delle case si percepisce la presenza di una popolazione ridotta a un quinto rispetto a quella di prima della guerra.In un negozio di tabacchi, una giovane commessa, quando le chiediamo dei suoi piani per la serata, replica: «Sarò con il mio fidanzato. Forse guarderemo un film…». E mentre lo dice strizza l’occhio, lasciando intendere che cercheranno un po’ di intimità.Proseguendo per una delle vie centrali, notiamo una famiglia entrare in un edificio che sembra un negozio. Curiosi, li seguiamo e scopriamo che si tratta di un acquario privato. Due grandi stanze ospitano enormi vasche piene di pesci, tra cui persino dei piranha. I bambini, incantati, osservano la custode dare da mangiare ai pesci, mentre i genitori, per un attimo, si concedono un momento di spensieratezza. Per loro, quello è il Capodanno: una breve parentesi di normalità in mezzo alla tempesta.Dalla finestra al settimo piano di un palazzo popolare osserviamo il paesaggio circostante. Mezzanotte è passata da poco e cerchiamo di carpire con gli occhi e le orecchie una parvenza di normalità, qualche schiamazzo, un po’ di musica, ma niente, il silenzio avvolge tutto. Solo in lontananza, verso la linea del fronte su cui abbiamo una buona visuale, si vedono, confusi tra la nebbia, le luci delle esplosioni nella zona di combattimento, ma non se ne sente il rumore. Oggi il vento soffia dalla parte opposta e così almeno in questo Capodanno si potrà dormire.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/capodanno-triste-del-fronte-2670721909.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="stop-al-gas-russo-in-ue-transnistria-al-gelo" data-post-id="2670721909" data-published-at="1735806425" data-use-pagination="False"> Stop al gas russo in Ue: Transnistria al gelo Da ieri mattina è cessato il flusso di gas russo verso l’Europa trasportato dal gasdotto che viaggia in territorio ucraino. La piattaforma europea per la trasparenza dei transiti del gas (Entsog) mostra chiaramente il flusso in ingresso a Velké Kapusany in Slovacchia precipitare a zero dalle ore 6 di ieri. Si chiude un’epoca, iniziata ai tempi in cui Mosca era la capitale dell’Unione Sovietica. Il gasdotto che attraversa l’Ucraina nel 2024 ha trasportato poco meno di 15 miliardi di metri cubi di gas russo verso l’Europa, lontano dai circa 65 miliardi di metri cubi/anno del 2020. Il governo ucraino ha deciso di non rinnovare l’accordo scaduto con Mosca per il transito del gas verso l’Unione europea poiché non intende permettere che la Russia venda ancora gas all’Ue per finanziare la guerra di invasione. L’Ucraina non utilizza gas russo, avendo una buona produzione interna. L’unico gasdotto che ancora trasporta gas dalla Russia verso l’Europa è ora il Turkstream.La decisione comporta una perdita di circa un miliardo di euro all’anno di diritti di transito pagati dalla Russia, compensati parzialmente da un aumento di quattro volte delle tariffe di trasporto di gas all’interno dell’Ucraina.Alcuni Paesi dell’Europa Centrale e Orientale ancora dipendenti dal gas russo proveniente dalla direttrice ucraina, ossia Slovacchia, Austria e Cechia, si sono organizzati nel frattempo con forniture alternative. L’impatto sulle forniture fisiche di gas per l’Unione europea è trascurabile, considerato che la fine dell’accordo era nota da tempo.L’unico problema dal punto di vista della fornitura fisica è la Moldavia. A seguito della fine dell’accordo tra Kiev e Mosca, da ieri la regione separatista della Transnistria, in Moldavia, non riceve più gas russo. Nella regione la fornitura di riscaldamento e acqua calda è stata sospesa.Il resto della Moldavia non utilizza gas russo da tempo, ma il gas che arrivava in Transnistria serviva anche ad alimentare un grosso impianto di produzione di energia elettrica. Immediato l’impatto sulle importazioni di elettricità dalla vicina Romania e in serata anche dall’Ucraina. La mancanza di gas in Transnistria, oltre a mettere a dura prova la popolazione esponendola al rigido inverno, rischia di creare uno scompenso sulle reti elettriche nell’Europa Orientale.La Commissione europea ha diffuso un documento in cui parla di quattro rotte alternative per il gas verso l’Europa Centrale, dopo la fine del transito via Ucraina. La prima è attraverso la Germania, dove è stata ampliata la capacità di rigassificazione del Gnl ed è aumentato l’import dalla Norvegia. Anche la via attraverso la Polonia è percorribile, grazie all’interconnector che dalla Polonia può far arrivare gas a Cechia, Austria, Ungheria e Ucraina, proveniente dalla Norvegia e dai diversi nuovi terminali di rigassificazione. La terza via possibile è attraverso l’Italia, dove il flusso che normalmente entra dall’Austria può essere invertito in uscita (cosa già accaduta in passato per piccoli quantitativi). Infine, la via attraverso i Balcani, dove la rete di gasdotti coinvolge anche Grecia e Turchia. Queste soluzioni sono fattibili e già attive ma richiedono ancora un po’ di aggiustamento, soprattutto sui costi per il trasporto del gas all’interno dell’Ue. Il primo ministro slovacco Robert Fico ha avvertito ieri sulle gravi conseguenze della fine dell’accordo: «L’interruzione del transito del gas attraverso l’Ucraina avrà un impatto drastico su tutti noi nell’Ue, non solo sulla Federazione Russa» ha detto ieri in un video pubblicato su un social.Se l’impatto sui flussi fisici è limitato al problema in Transnistria, quello sui prezzi è certamente più evidente. Il prezzo del gas giornaliero sul mercato Ttf è salito costantemente dal 18 dicembre sino al massimo di 48,64 €/MWh il 31 dicembre. Il future per il mese di febbraio quotava lo stesso giorno 48,88 €/MWh.E l’Italia? Il nostro Paese nel 2024 ha importato gas dalla Russia (via Tarvisio) circa 5,5 miliardi di metri cubi di gas, pari al 9% dell’import nazionale. Va detto però che tali volumi sono frutto di scelte commerciali degli importatori, che decidono di volta in volta da quale fonte approvvigionarsi, sulla base delle condizioni di mercato (domanda e prezzi). Si tratta cioè di volumi facilmente sostituibili da altre fonti. In particolare, poi, nel 2024 è mancato per gran parte dell’anno il rigassificatore di Livorno, che nel 2023 aveva garantito l’import di 3,8 miliardi di metri cubi di Gnl. Il maggior fornitore di gas all’Italia nel 2024 è stata l’Algeria, con 21 miliardi di metri cubi (il 35% dell’import). Un grande contributo alle importazioni è venuto dai rigassificatori, che hanno immesso nel sistema italiano volumi pari a 14,6 miliardi di metri cubi, pari al 25% del totale. Con l’arrivo da aprile prossimo del nuovo rigassificatore di Ravenna il totale della capacità italiana salirà a 28 miliardi di metri cubi all’anno.In sintesi, l’Ue continua a perseguire il disegno di spostare l’asse delle forniture di gas verso Occidente, tagliando fuori la Russia. Ma servono ancora investimenti in ridondanza per aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti e questo significa prezzi ancora alti per il 2025. L’abbandono del gas dalla Russia non ha ancora finito di portare a galla i relativi costi.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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