Da giovedì, tutto il Paese dovrebbe diventare zona gialla. In sei Regioni, però, l'Rt è pari o superiore a 1: Lombardia, Veneto, Liguria, Calabria, Puglia e Basilicata. Poche certezze sui futuri provvedimenti: sarà confermato il coprifuoco e (forse) si tornerà a sciare il 18.
Da giovedì, tutto il Paese dovrebbe diventare zona gialla. In sei Regioni, però, l'Rt è pari o superiore a 1: Lombardia, Veneto, Liguria, Calabria, Puglia e Basilicata. Poche certezze sui futuri provvedimenti: sarà confermato il coprifuoco e (forse) si tornerà a sciare il 18. Le feste natalizie volgono al termine e, tanto per cambiare, sul fronte delle norme anti Covid regna l'incertezza. Man mano che ci si avvicina alla fatidica data del 7 gennaio, giorno in cui l'Italia uscirà dal lockdown decretato dal governo per il periodo festivo, si moltiplicano infatti i segnali contrastanti e le incognite sulle modalità della (parziale) riapertura. Tanto che dai settori più intransigenti dell'esecutivo, e da una parte dei governatori, si contesta già che si possa parlare di una mini riapertura. A partire dalla scuola, dove la determinazione dell'esecutivo di far tornare in classe i liceali appare più fragile di ora in ora. Ma andiamo per ordine, partendo dalle cose certe: salvo domani, l'Italia resterà zona rossa fino al giorno dell'Epifania, come stabilito dal decreto ad hoc per il Natale. Martedì 5 e mercoledì 6 varranno le regole fin qui osservate per le feste, che non guasta ricordare: zona rossa su tutto il territorio nazionale, con divieto di uscire dalla propria abitazione, se non per motivi urgenti, di lavoro o di salute. È consentito visitare nella propria Regione parenti e amici, ma per una sola volta al giorno e comunque non in numero maggiore di due adulti. Con gli adulti, possono muoversi i minori di 14 anni, che non vengono dunque conteggiati nelle limitazioni. Per quanto riguarda gli esercizi, restano chiusi bar e ristoranti, tranne che per l'asporto e per la consegna a domicilio, così come restano chiusi i negozi dello shopping come abbigliamento e calzature, mentre sono aperte farmacie, edicole, tabaccai e parrucchieri. L'attività sportiva e motoria è consentita ma solo a livello individuale e ovviamente è consentita la passeggiata per portare fuori il cane. Tra oggi e mercoledì, ci sarà la tregua rappresentata da lunedì 4, giorno in cui l'Italia sarà tutta in fascia arancione. Ciò vuol dire che ci si potrà muovere liberamente dalle 5 del mattino alle 22 nel proprio Comune, e si potrà «sconfinare» solo per motivi di comprovata necessità. Potrà invece uscire dal proprio Comune (e dalla propria Regione), entro un raggio di 30 chilometri, chi abita in un piccolo centro abitato (meno di 5.000 abitanti), senza però raggiungere il capoluogo di provincia. I bar e i ristoranti, invece, continueranno a restare chiusi e a servire solo per asporto e a domicilio, mentre saranno aperte le altre tipologie di esercizio. A questo punto, stando a quanto scritto nel decreto natalizio, da giovedì 7 gennaio si dovrebbe tornare alla situazione precedente al 24 dicembre, con tutta l'Italia in zona gialla, incluso l'Abruzzo, che era rimasto arancione, stando a quanto assicura il governatore, Marco Marsilio. Ma qui nascono i problemi (e il potenziale caos): i dati sul contagio dicono che la curva non sta rallentando come si vorrebbe, e in sei Regioni (Calabria, Liguria, Veneto, Basilicata, Lombardia e Puglia) il famigerato indice Rt è pari o superiore a 1, il che potrebbe aprire la porta a una terza ondata. Ora, premesso che dal 7 tornerà il sistema delle Regioni con colori differenti sulla base dei dati sul contagio e la facoltà per i sindaci di stabilire ulteriori chiusure di strade e piazze ritenute a rischio assembramento, ci sono alcuni nodi da sciogliere a livello centrale che attualmente appaiono lungi da soluzione. Intanto, ricordiamo cosa significa zona gialla, visto che teoricamente tutta l'Italia giovedì lo sarà: ci sarà libertà di movimento tra le Regioni gialle (quindi tutte) e saranno aperti, oltre a tutti gli altri negozi, i bar e ristoranti, che però dovranno chiudere alle 18. Restano in vigore, anche dopo le feste, tutte le misure sul distanziamento nei locali pubblici e l'obbligo di indossare la mascherina anche all'aperto ma il dpcm scade il 15 gennaio, e se per le norme appena citate non c'è il minimo dubbio sulla conferma (compreso il coprifuoco alle 22), su altre questioni c'è aria di polemica. In primis, la scuola: nelle Regioni gialle il governo ha fatto sapere di voler far tornare alle lezioni in presenza gli studenti del liceo, seppure per il 50%. La cosa però sembra preoccupare molto governatori, genitori degli alunni e sindacati di categoria, che stanno chiedendo all'esecutivo di tornare sui propri passi. Poi c'è la questione bar-ristoranti, che stanno pagando il prezzo più alto, in termini economici, della pandemia. Per loro, sempre teoricamente, il 7 gennaio si torna a lavorare a pranzo e poi si resta aperti fino alle 18 e alle 22 per asporto e consegne a domicilio, ma c'è chi da una parte chiede di rinnovare le chiusure con il prossimo provvedimento del governo e chi, dall'altra (come i rappresentanti di categoria) chiede la riapertura serale almeno nelle zone gialle dopo il 15 gennaio. Per non parlare di cultura e sport: al momento appare difficile una riapertura di palestre e piscine, ma vale lo stesso discorso fatto per la ristorazione, con i diretti interessati che implorano una maggiore flessibilità da parte dell'esecutivo (magari ammettendo lezioni individuali), nel rispetto delle norme anticontagio, per non chiudere definitivamente i battenti. La decisione presa dal ministro della Salute, Roberto Speranza, di riaprire gli impianti sciistici il 18 gennaio, indurrebbe all'ottimismo le categorie citate, ma la curva dei contagi e la parabola politica del governo concorrono a delineare un quadro estremamente incerto, per non dire confuso.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
Il leghista in corsa per il Veneto: «È vero, qui mancano lavoratori, ma serve formazione tecnica, non immigrazione incontrollata».
(Arma dei Carabinieri)
Gli uomini del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti hanno sgominato un’organizzazione criminale dedita all'immigrazione illegale attraverso l’uso fraudolento del decreto flussi.
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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- È ormai diventata la prima causa di morte tra i 15 e i 29 anni, superando gli incidenti stradali. Dopo i lockdown si è registrato un boom. Non a caso, l’isolamento sociale è una delle maggiori cause. I più esposti sono i maschi.
- La psicologa Michela Pensavalli: «Un figlio depresso è ancora uno stigma. I segnali di pericolo non sono sempre eclatanti. Occhio alle frasi di autosvalutazione: vanno prese sul serio, anche se espresse in modo scherzoso».
- La preghiera è terapeutica, pure per gli adolescenti: i sociologi concordano nel rilevare i benefici del credo religioso, inteso come frequentazione regolare di un luogo di culto.
Lo speciale contiene tre articoli.
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Dopo l'attentato di Huntingdon, dove sabato due uomini sono saliti su un treno diretto a King’s Cross a Londra e hanno iniziato ad accoltellare i passeggeri, le autorità prima hanno taciuto l’identità degli aggressori. Poi si sono limitate a ricordare la loro cittadinanza britannica. È l’ennesima ipocrisia progressista.





