2019-12-14
Caos Finanziaria: altro buco da 1 miliardo
L'iter diventa grottesco: almeno tre emendamenti sono spariti per qualche ora, errori e conti sballati rendono il testo votato in Commissione scoperto per 1.100 milioni. Giuseppe Conte annuncia un vertice per lunedì: il giorno in cui al Senato sarà chiesta la fiducia... Al Senato, a partire dalla Commissione bilancio presieduta dal grillino Daniele Pesco, non bastava il caos di una discussione sulla manovra protratta oltre ogni ragionevole limite, e che travolgerà qualunque possibilità di intervento da parte dell'altro ramo del Parlamento: infatti, dopo il rodeo in Commissione, e terminato ieri anche il dibattito generale nell'aula di Palazzo Madama, le repliche dei relatori (di maggioranza e minoranza) ci saranno lunedì (stesso giorno di un vertice politico dei giallorossi), poi comparirà il fatidico maxi emendamento, e sarà posta dal governo una fiducia blindata a e al buio. Dopo di ciò, Montecitorio potrà a mala pena guardare la legge di bilancio, senza alcuna chance di introdurre modifiche che richiederebbero un ritorno al Senato, a quel punto precluso dal calendario: come si sa, in mancanza di approvazione della manovra entro il 31 dicembre, si entrerebbe in esercizio provvisorio. Ma tutto questo - dicevamo - non bastava ancora per completare una scena sempre più grottesca. Ieri, passando dal tragico al comico, sono emerse altre tre cose una più incredibile dell'altra. Nell'ordine: una misura di spesa inizialmente da 80 milioni e poi sostanzialmente decuplicata, senza che la maggioranza se ne rendesse ben conto; uno sforamento complessivo di ben 1 miliardo e 100 milioni, che quasi tutti negano (ma già ci si affanna a capire come rimediare); e infine, la sparizione - per alcune lunghissime ore - dei testi di almeno tre emendamenti approvati, con senatori e personale vario sguinzagliati a cercare disperatamente tra pile di carte, cassetti e cestini, a caccia dei foglietti smarriti. Cominciamo da quest'ultimo aspetto, francamente il più surreale, una cosa da riunione di condominio, anzi da avanspettacolo, da Bagaglino. I testi che mancavano all'appello riguardavano: l'emendamento che allunga da 5 a 10 anni la possibilità di riscatto ai fini pensionistici di periodi non coperti dai contributi; un cosiddetto emendamento Seveso; e infine la contestatissima norma sulla canapa. Nella chat di un gruppo senatoriale, è perfino comparso il messaggino «manca la cannabis», che a prima vista poteva sembrare una richiesta rivolta da un gruppo di tossici a un pusher. Invece, si trattava di parti mancanti nel famoso «allegato A». Fogli che alla fine - com'è come non è - sono miracolosamente riemersi.Su tutto questo, la senatrice Erica Rivolta, vicepresidente leghista di opposizione e correlatrice di minoranza, ha giustamente perso la pazienza, e ha formalmente chiesto tempi più lunghi per emendare (nel pomeriggio di ieri il termine è infatti slittato in avanti di due ore). Per carità, alla fine servirà a poco, vista la fiducia in arrivo, ma era sacrosanto che almeno le opposizioni potessero avere sotto gli occhi tutto ciò che era effettivamente stato approvato in Commissione. E invece la discussione generale in aula è avvenuta sulla base di un testo provvisorio, mentre i funzionari lavoravano disperatamente per rimettere insieme i pezzi. Interpellata dalla Verità, la Rivolta ha confermato le indiscrezioni, e ha manifestato un fortissimo disappunto politico verso la maggioranza, e invece comprensione per la macchina organizzativa del Senato e le condizioni in cui è stata fatta lavorare dai giallorossi: «Capisco che una maggioranza possa avere momenti convulsi, però abbiamo chiesto più volte tempi certi di lavoro e invece siamo stati trascinati in questo modo. Tra l'altro, noi della Lega abbiamo fatto un'opposizione molto dura ma sempre corretta. E non possono certo dire che sia stata l'Ue a farli ritardare». Ma non finisce qui. Nella ricerca di fondi per pensionamenti e prepensionamenti dei giornalisti, erano stati stanziati circa 80 milioni. Poi la misura è stata allargata anche a poligrafici e stampatori, con il piccolo «dettaglio» che la maggioranza non si è resa conto di aver decuplicato platea e spesa, portando la misura a una dimensione 10 volte più grande. Si ignora il contenuto dell'interlocuzione tra relatori, governo e Ragioneria generale, ma la sensazione è quella di un pasticcio clamoroso.Di più: indiscrezioni attendibili dicono che l'intero complesso della manovra, tra una toppa e l'altra nel caos finale, registri uno sforamento di 1,1 miliardi. E come si fa adesso che il testo è di fatto inemendabile, per le ragioni spiegate? In teoria, l'unico beneficio del bicameralismo sarebbe proprio quello di correggere in una Camera gli errori commessi dall'altra: ma se si preclude all'altro ramo del Parlamento di operare, come di fatto accadrà in questo caso, l'esito è disastroso, nel senso che gli errori diventano inemendabili, pur disponendo di due Camere. Un controsenso, una bizzarria inimmaginabile. Così, da ieri girano voci surreali, che - in altri tempi e con altri governi - avrebbero già determinato reazioni furiose in Parlamento, dichiarazioni politiche fiammeggianti, e anche alti moniti dalle sedi istituzionali più elevate: e cioè l'idea di un decreto che il governo potrebbe cucinare a cavallo delle festività di fine anno per correggere - in modo più o meno mascherato - le storture nel frattempo rimaste nella manovra.
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