2021-10-22
Vi spiego le elezioni irachene: parla Marco Campomenosi
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Marco Campomenosi. Sullo sfondo spoglio elettorale in Iraq (Ansa-Getty Images)
L'Iraq è appena andato al voto. Per cercare di capire che cosa sta succedendo nel Paese e quali potrebbero essere le conseguenze di queste elezioni per l'intero scacchiere mediorientale, abbiamo intervistato Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo ed unico europarlamentare italiano presente nella missione di monitoraggio delle elezioni irachene. Campomenosi, come giudica i risultati delle elezioni irachene? Che cosa dobbiamo aspettarci nel Paese dal punto di vista politico? A fronte di un grande rafforzamento, le iniziali dichiarazioni della coalizione di al-Sadr sembrano voler indicare la volontà di avviare un momento post elettorale all'insegna della distensione e pacifico, mentre di tutt'altro tenore sono le reazioni degli sconfitti. Nelle prossime settimane sarà importante osservare come si svolgeranno i momenti di confronto tra le forze in campo per la formazione del futuro governo. È possibile che permangano alcune tensioni, abbiamo letto affermazioni da parte delle forze che hanno ottenuto pochi seggi che puntano a delegittimare il risultato del voto, tra queste vi sono formazioni sostenute dalle milizie sciite che, in questo momento, non sembrano voler accettare l'appello di al-Sadr. Il paese ha un drammatico bisogno di stabilità: saranno settimane decisive. Quali sono oggi i principali problemi interni dell'Iraq? A detta di tutti coloro che abbiamo incontrato -associazioni, movimenti, candidati indipendenti - il problema principale dell'Iraq è la corruzione, che di fatto impedisce lo sviluppo a un paese molto ricco, che ha risorse importanti e nella cui costituzione è scritto che il petrolio appartiene al popolo. La crescita dell'Iraq non è stata frenata solo da decenni di tirannia e di guerre, ma anche da una corruzione che, a livello verticale, occupa tutta la società e per i cittadini è il primo problema. Non di minore importanza, il tema della sicurezza: su questo aspetto sono stati fatti passi in avanti rispetto agli anni in cui gli attentati erano all'ordine del giorno, ma c'è ancora molta strada da fare. L'affluenza è stata piuttosto bassa. Come legge questo dato? Sull'affluenza i media e alcuni osservatori avevano lanciato un allarme prima del voto, le aspettative erano molto basse. Il dato finale del 41% è comunque leggermente meglio delle previsioni, ma indubbiamente rappresenta il dato più basso dalla caduta del regime di Saddam a oggi. La disaffezione dei cittadini è evidente, a cominciare dagli stessi giovani che hanno protestato e portato alla creazione di un nuovo governo che ha poi di fatto indetto le elezioni anticipate. Molti di quei giovani non sono andati a votare per mancanza di fiducia, perché non intravedono una speranza per il futuro. Il buon funzionamento della macchina elettorale ha però fatto sì che immediatamente dopo il voto, dalle associazioni e dai movimenti che abbiamo incontrato siano giunti riscontri positivi sulla partecipazione futura alle elezioni, segnale che lascia spazio all'ottimismo. Lei è stato in Iraq per il monitoraggio del voto. Come si sono svolte le operazioni di voto? Sono stati registrati dei problemi? Con l'eccezione di alcuni casi che rappresentano comunque una minoranza, le operazioni di voto in si sono svolte tecnicamente in maniera quasi perfetta. Noi stessi abbiamo potuto constatare di persona la presenza nei seggi di rappresentanti di tutte le forze politiche, mentre la selezione degli scrutatori è avvenuta con metodi quanto possibile trasparenti. Per il voto si è utilizzato un sistema ibrido, in parte con schede cartacee sulle quali i cittadini dovevano indicare il voto, con una successiva lettura da parte di un dispositivo elettronico. In circa un seggio ogni dieci è stata effettuata una verifica manuale sul funzionamento delle macchine e i risultati hanno dato perfetta corrispondenza. Più problematico e preoccupante, invece, quanto avvenuto nelle settimane precedenti alle elezioni, con candidati indipendenti, rappresentanti delle minoranze e donne pubblicamente ingiuriati, intimiditi o minacciati. Un fenomeno che non si può accettare, in democrazia. Secondo Al Jazeera, i partiti e gli schieramenti filo-iraniani non hanno preso affatto bene i risultati elettorali. Quale impatto potranno avere, secondo lei, le elezioni irachene sullo scacchiere mediorientale? È evidente che le influenze di paesi stranieri, Iran in primis ma anche Turchia, condizionino molto la politica irachena, facendo sì che l'Iraq non sia a tutti gli effetti un paese autonomo e indipendente nelle sue scelte. I risultati elettorali, purtroppo, non modificano questo scenario. Senza dubbio, con le forze di al-Sadr che escono rafforzate dalle urne, l'influenza di Teheran resterà molto forte. Come si sta muovendo l'Unione Europea rispetto al Medio Oriente? Che cosa dovrebbe fare, su questo fronte, Bruxelles in futuro? L'Unione Europea, con l'organizzazione di una missione di osservazione elettorale, ha voluto dare un segnale importante: non solo di apertura e disponibilità alla cooperazione, ma anche per evidenziare la necessità, per il paese che accetta di ospitare queste missioni, di accettare le osservazioni che emergono. Nel nostro report abbiamo evidenziato una serie di esigenze, di modifiche e di miglioramenti, per fare sì che le donne e le minoranze abbiano una rappresentanza vera e affinché non siano eletti che in realtà rappresentano interessi di altri. Sperando che abbia imparato la lezione, l'Occidente, in futuro, non deve commettere gli errori compiuti nelle altre aree di quello scacchiere e fare sì che l'Iraq possa essere un esempio positivo. Oggi la situazione in Kurdistan è molto tranquilla e ci aspettiamo miglioramenti anche a Baghdad. Perché questo avvenga, occorre che le forze che si ritengono sconfitte da queste elezioni ne accettino l'esito, senza tensioni. È una realtà molto complessa, tra tribù, milizie, settarismo religioso in cui è anche piuttosto complesso parlare di concetti come 'maggioranza' e 'opposizione' come si usa nei sistemi occidentali: utilizzare gli stessi strumenti e meccanismi per giudicare cosa avviene in quelle realtà sarebbe sbagliato, serve invece una buona dose di pragmatismo. Ho trovato gli ambasciatori dell'Ue molto uniti. E l'Italia? L'Italia in particolare svolge un ruolo importante, non solo per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse energetiche, ma anche a difesa del patrimonio culturale dell'Iraq, di cui gli iracheni sono molto orgogliosi. Aiutare quel paese non solo a sfruttare le proprie risorse, ma anche a ricostruire una struttura capace di andare verso una più ampia normalità, è un compito non solo decisivo e utile per le popolazioni locali, ma che ci aiuta a essere meglio compresi e più accettati: ovunque sono stato in Iraq, ho registrato grande apprezzamento per lavoro che l'Italia ha svolto in questi anni per il paese.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditara (Ansa)