2024-06-16
        Campione in dissesto, ma il Comune spende 2,7 milioni per 15 dipendenti
    
 
Il personale dell’ente della cittadina da 1.200 abitanti gode di un assegno extra tra gli 8.000 e i 13.000 franchi svizzeri.Può il segretario di un Comune da 1.600 abitanti guadagnare più del presidente della Repubblica? E un impiegato di fascia bassa dello stesso ente portarsi a casa uno stipendio da più di 100.000 euro lordi l’anno? Succede a Campione d’Italia, exclave italiana in territorio svizzero, che per decenni ha avuto un’economia particolarmente florida, basata sugli introiti del locale casinò, gestito da una società interamente partecipata dal Comune. Fino al 2018, quando il fallimento della casa da gioco (riaperta nel 2021 dopo l’omologa del concordato) ha trascinato il Comune in un dissesto milionario, tutt’ora gestito da un organismo straordinario di liquidazione che, affianca il lavoro dell’attuale primo cittadino, eletto nel 2020 dopo due anni di commissariamento. Prima del tracollo di 6 anni fa i dipendenti dell’ente locale erano circa 120 (poco meno del 10% della popolazione) di cui una quarantina deputati ai controlli all’interno del casinò, adesso, il drastico taglio al budget comunale ha falcidiato il personale, ridotto a 14 unità più una part time. Ma gli stipendi d’oro, derivanti da una norma risalente agli anni ’80, basata sul fatto che la «particolare situazione geografica ed il contesto economico svizzero in cui è inserito il Comune di Campione d’Italia ove la valuta corrente è il franco svizzero», stabiliva trattamento un economico dei dipendenti del Comune di Campione d’Italia con decorrenza 1 gennaio 1986 , prevedendo un assegno ad personam da 4.000 a 5.000 franchi svizzeri, e assegno di exclave da 5.000 a 6.000 franchi per un totale mensile netto a dipendente fra 8.000 13.000 franchi. A oggi una cifra che spazia all’incirca tra gli 8.000 e i 13.000 euro netti mensili. Per questo, due esponenti dell’opposizione locale, Simone Verda e Gianluca Marchesini, hanno inviato una lunga lettera a Sergio Mattarella, chiedendo un suo intervento sull’argomento. Per i due politici, è «imbarazzante verificare che da oltre quattro anni dall’inserimento in Ue (di Campione d’Italia, ndr) i dipendenti del Comune di Campione continuino a percepire stipendi da oltre 10.000,00 euro mensili netti , forse ma nemmeno troppo giustificabili prima per il diverso contesto economico ma anacronistici e arbitrari per l’intera finanza pubblica con irrazionalità che 14,5 dipendenti comunali costano quasi 2.700.000 di euro l’anno che corrisponde a quasi un terzo del contributo che lo stato annualmente versa al Comune, legge e contributo ex Lege on vigore fino al 2043». Prima del dissesto, spiega Verda alla Verità, i maxi stipendi venivano coperti «dai proventi che generava il casinò, che riempivano le casse del Comune», con cifre che oscillavano, prima del 2018, tra i 40 e i 50 milioni di euro. L’ente locale è tutt’ora l’azionista unico della società partecipata che gestisce la casa da gioco, ma, spiega ancora l’esponente dell’opposizione, con l’entrata in vigore del concordato, indispensabile per sanare il debito da circa 132 milioni di euro della casa da gioco, quest’ultima paga al Comune una somma fissa per tutta la durata del concordato. Si parte dai 500.000 euro del 2022, per arrivare ai 2,5 milioni che la casa da gioco verserà nel 2026 e 2027. Insomma, senza il contributo di Stato, il Comune probabilmente farebbe fatica a pagare gli stipendi. E i dipendenti della casa da gioco? Fino alla bancarotta anche loro avevano stipendi molto alti, simili a quelli dei dipendenti comunali. Ma adesso, oltre ad essere passati da 492 a 173, ci racconta ancora Verda «con il concordato, hanno assunto le persone con degli stipendi “all’italiana” in un contesto ancora simile a quello svizzero». «Non abbiamo i loro costi di vita» prosegue, «ma neanche quelli italiani, quindi con i 1.700 euro di stipendio del casinò chi lavora lì fa fatica». Praticamente un paese a due velocità, con i pochi dipendenti comunali elevati a élite. Il politico locale ci spiega: «La segretaria comunale storica è andata in pensione il 31 marzo, e ha sempre percepito uno stipendio di 14-15.000 euro al mese per 13 mensilità». Una cifra che trova riscontro nel rendiconto pubblicato sul sito del Comune: nel 2022 la spesa per la retribuzione lorda del segretario comunale della piccola cittadina è stata di 333.000 euro (di cui 91.000 di arretrati di anni precedenti), molti di più di quelli del 2021, quando il costo si era fermato a 282.000 euro, con 61.800 di arretrati. Sempre nel 2022, gli 8 impiegati di «categoria B» sono costati al Comune di campione d’Italia 911.000 euro (di cui 278.000 di arretrati) mentre loro sette colleghi di «categoria C» hanno pesato sul bilancio per 1,2 milioni di euro (359.000 di arretrati). A questi stipendi particolarmente generosi va aggiunto anche il vantaggio della tassazione fisica agevolata per le persone fisiche residenti nell’exclave. Per il periodo d’imposta 2023, gli abitanti di Campione hanno beneficiato di una riduzione forfettaria al 33,27 per cento. Ma non è finita. Essendo in dissesto, il Comune non può svolgere concorsi pubblici per assumere personale, quindi per ricoprire i ruoli indispensabili è costretto a ricorrere alle prestazioni di lavoro di dipendenti in servizio presso un altro Comune limitrofo. È il caso ad esempio, ci spiega ancora Verda, di due figure dell’ ufficio tecnico «pagate 2-3.000 euro al mese. Il paradosso è che nel loro Comune guadagnano 1.500-1.800 euro al mese, e da noi ne guadagnano di più, facendo 20 ore alla settimana», invece delle 40 che svolgono nel Comune di provenienza. Va precisato che il Comune di Campione non risulta aver presentato progetti per il Pnrr. Ancora più particolare il caso dei due agenti della polizia locale che prestano servizio lungo le strade di Campione. Le condizioni economiche sono simili a quelle dei loro colleghi dell’ufficio tecnico. Ma i due agenti erano parte della pianta organica decimata, a suo di pensionamenti e mobilità, dalla procedura di dissesto. Salvo poi tornare (nel rispetto della legge) a fare il secondo lavoro.
        Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
    
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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