Cacciato Arcuri: c’è speranza

Cacciato Arcuri: c’è speranza
Domenico Arcuri (Ansa)
Alla fine, Mario Draghi ha ringraziato Domenico Arcuri e gli ha indicato la porta. Da oggi, il commissario Covid non è più l'amministratore delegato di Invitalia, ma il suo posto è stato preso da Francesco Paolo Figliuolo, un generale degli alpini, comandante logistico dell'esercito, ossia una persona abituata non solo alle emergenze (ha guidato la missione in Afghanistan e le forze Nato in Kosovo), ma anche all'organizzazione.

Le dimissioni di Arcuri arrivano in ritardo, non certo per colpa del nuovo presidente del Consiglio, ma semmai del suo predecessore, che avrebbe dovuto rimuoverlo già da molto tempo. I lettori della Verità sanno quante volte abbiamo messo in luce gli errori di colui che avrebbe dovuto difenderci dalla pandemia. Già a maggio dello scorso anno raccontammo prima di altri la mancanza di dispositivi di protezione nelle farmacie e la speculazione in corso attorno al prezzo. Domenico Arcuri, dopo aver dichiarato che le mascherine non erano indispensabili, alla fine si convinse e annunciò che sarebbero state rese disponibili a 50 centesimi. Ma, alla prova dei fatti, si scoprì che nessuno le aveva e di fronte al suo fallimento il commissario all'emergenza non trovò di meglio che attaccare i farmacisti, accusandoli di averle nascoste. Una sceneggiata già di per sé grave, ma questo fu solo l'inizio, perché poi vennero molti altri scivoloni. La promessa di una produzione italiana di dispositivi di protezione si risolse in una beffa, perché le mascherine continuarono ad arrivare dalla Cina e poi, ma ne parleremo presto, si scoprì come. Dopo di che si passò ai banchi a rotelle, miracolosi pezzi di arredamento che avrebbero da soli dovuto garantire il distanziamento sociale nelle scuole. Una nostra inchiesta dimostrò che alcuni dei vincitori delle gare della struttura commissariale guidata da Arcuri erano impossibilitati a produrre i banchi promessi. Una delle aziende aveva un solo dipendente e pure in cassa integrazione, ma avrebbe dovuto consegnare nell'arco di un mese centinaia di migliaia di tavoli semoventi. Una pagliacciata messa in atto mentre ci si dimenticava di provvedere, non solo all'acquisto di dispositivi per la misurazione della febbre da collocare in ogni scuola insieme con i detergenti per sanificare gli ambienti, ma anche ad aumentare i mezzi di trasporto per studenti e dipendenti. Non è finita: prima che giungesse la seconda ondata di coronavirus, Arcuri assicurava di essere intervenuto per aumentare i posti letto di terapia intensiva degli ospedali italiani, riuscendo a essere smentito in diretta dai medici rianimatori, che di brande e respiratori avevano visto solo una minima parte di quelli necessari. Nel pieno del contagio autunnale, si scoprì poi che il commissario all'emergenza era in ritardo sull'acquisto delle ambulanze, sui bandi per assumere nuovi medici, su quasi tutto fosse necessario a fronteggiare l'emergenza. Quanto abbiamo appena elencato, in un Paese normale avrebbe dovuto indurre il capo del governo a rispedire Arcuri là da dov'era venuto, ma nonostante l'evidenza degli errori, Giuseppe Conte non ha mosso un dito, riconfermando la fiducia nell'uomo che aveva messo al comando di tutti gli interventi anti Covid, in particolare del piano vaccinale. I risultati li abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, perché dopo il trionfalismo iniziale che aveva fatto sostenere ad Arcuri e compagni che l'Italia era prima in Europa per numero di persone vaccinate, abbiamo via via indietreggiato nella classifica, fino a diventare uno degli ultimi Paesi europei per immunizzati. Colpa delle aziende, ha detto il commissario: faremo causa, ma di citazioni in giudizio non abbiamo visto l'ombra, così come non si sono visti i frigoriferi per conservare le dosi, i tendoni per vaccinare gli italiani, le siringhe necessarie. Insomma, un disastro, che però Arcuri, con una buona dose di arroganza, difendeva nelle conferenze stampa senza mai deflettere.

Ma il flop manager, un boiardo di Stato passato indenne fra mille governi e mille maggioranze, ha dovuto fronteggiare il caso delle centinaia di migliaia di mascherine comprate in Cina, che hanno generato una provvigione di decine di milioni a un gruppo di strani intermediari, uno dei quali proprio in contatto con Arcuri. La Verità è stato il primo giornale a svelare l'affare miliardario. In perfetta solitudine, abbiamo raccontato i particolari di un'inchiesta sconosciuta al grande pubblico, minacciati a ogni articolo da querele dello stesso Arcuri. Dopo settimane in cui abbiamo descritto gli incredibili risvolti dell'operazione, la Procura ha deciso di sequestrare i proventi accumulati e già investiti in barche, gioielli, auto e moto di lusso, bloccando anche conti correnti milionari. Una persona è stata arrestata e altre sono state indagate e interdette. Il commissario si è dichiarato estraneo a tutto ciò, anzi parte lesa. Forse si è fidato della persona sbagliata, avendo avuto con lui un migliaio di contatti telefonici in poche settimane. La domanda che ci siamo rivolti fin dal principio e che forse si è posta anche Mario Draghi è semplice: può un ingenuo, uno che non si è accorto di essere stato usato per poter piazzare un colpo da un miliardo, con un guadagno da 70 milioni, rimanere a occuparsi con pieni poteri della salute degli italiani? La nostra risposta è stata da subito no, e a quanto pare anche quella del presidente del Consiglio. Al quale, dopo averlo ringraziato per essere intervenuto, abbiamo da porre una seconda domanda: può un ministro della Salute che, invece di predisporre le misure per evitare una seconda ondata del virus scrive un libro sui suoi successi, rimanere al proprio posto? Aspettiamo un'altra risposta, possibilmente in tempi brevi.

Donald ce l’ha fatta: shutdown sbloccato. Volano tutte le Borse, su anche oro e cripto
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.

Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.

Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.

Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?

Mamdani ha sedotto una città a suon di bugie
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.

Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.

Dimmi La Verità | Francesco Gallo: «Il Ponte sullo Stretto ed elezioni regionali»

Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.

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