2018-11-29
Caccia alle talpe del governo Pd sospettate di aver aiutato i Moretti
La famiglia di imprenditori, accusata di associazione a delinquere e reati fiscali, secondo gli inquirenti cercò di ammorbidire le indagini in corso avvicinando Pier Carlo Padoan e importanti ufficiali delle Fiamme gialle.La caccia alle talpe della famiglia aretina Moretti Cuseri dentro le istituzioni a targa Pd è in pieno svolgimento. Antonio Fioravante, il figlio Andrea e due stretti collaboratori sono stati arrestati venerdì scorso con un lungo elenco di contestazioni: dall'associazione per delinquere al riciclaggio. Padre e figlio ieri durante gli interrogatori di garanzia si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, senza dare spiegazioni su quanto riassunto a pagina 129 dell'ordinanza di custodia cautelare dal gip Piergiorgio Ponticelli: «La polizia giudiziaria ha constatato numerosi tentativi di avvicinamento (…) effettuati nei confronti di personalità di rilievo che rivestono, o rivestivano, incarichi di vertice nelle pubbliche istituzioni e che, almeno allo stato degli atti, risulterebbero non andati a buon fine». Per assicurarsi che sia andata davvero così il pm, il 4 settembre scorso, ha iscritto un apposito fascicolo a modello 45 senza ipotesi di reato né indagati, che però potrebbe presto registrare una svolta. È, infatti, assodato che in questa vicenda sono presenti tutti e tre i pericoli presupposti alle esigenze cautelari: la fuga (gli indagati sono residenti all'estero e posseggono un aereo), reiterazione del reato (controllavano ancora le loro società) e l'inquinamento delle prove. Senza contare che Antonio Moretti e il figlio Andrea, elenca il gip, risultano aver già subito svariate condanne, quasi tutte per reati fiscali, e una confisca dei beni, confermata in appello nel marzo scorso. Il giudice elenca le intercettazioni in cui quest'ultimo concreto pericolo risulta evidente, senza contare i «significativi contatti rilevati nei tabulati telefonici». Infatti Antonio Moretti e la compagna Paola Santarelli, come abbiamo raccontato sabato e martedì, avrebbero avvicinato personaggi eccellenti.Il 2 e il 3 marzo la coppia si trovava a Roma ed entrò in contatto con l'ex vicecomandante generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, buon amico di Matteo Renzi e Luca Lotti, che però con La Verità respinge le accuse: «Conosco la signora Santarelli da 15 anni. Io davvero non capisco che cosa c'entro in tutta questa storia. Volevano avvicinarmi? Ma le pare che una che conosce il ministro Padoan si può rivolgere ad Adinolfi in pensione, ma andiamo...».In effetti gli inquirenti hanno messo agli atti che alle 12.25 del 3 marzo l'ex ministro dell'Economia telefonò alla Santarelli e che i due telefonini rimasero in linea per 135 secondi. Pier Carlo Padoan non ha voluto affrontare l'argomento con il nostro quotidiano.In un'intercettazione ambientale Moretti, a caccia di sponde per risolvere i suoi problemi con le Fiamme gialle, sembra fare riferimento al comandante interregionale Edoardo Valente, il quale sarebbe stato contattato da un misterioso terzo soggetto: «So che l'ha chiamato e l'ha fatto venire lì a Roma e ci ha parlato a voce. Gli ha detto che gli rompono sempre i coglioni (…) Andrea più di così io non posso».L'imprenditore si muove con cautela usando un linguaggio «criptico» al telefono e «smorzando» il tono della voce nei colloqui di persona. Come se sospettasse di essere spiato. Tentativi di abbordaggio, tutti, che sembrano non andare a buon fine, ma che non lo demoralizzano; essendo Moretti - annota il giudice - abituato a «muoversi in modo scaltro» e interessato a tentare «con tutti i mezzi a sua disposizione di evitare noie di alcun tipo». Moretti è particolarmente ansioso di intervenire sul piano investigativo. Come testimonia il fatto che, appena due giorni dopo il primo blitz dei finanzieri nelle sue aziende, prova inutilmente a rivolgersi a un luogotenente, comandante della sezione operativa della compagnia della Guardia di finanza di Arezzo che però - immediatamente - avvisa i superiori del tentativo di avvicinamento. Le manovre però proseguono. «Nelle conversazioni captate si comprende che Antonio Moretti», scrive il gip, «avrebbe fatto predisporre a Marcello Innocenti (suo stretto collaboratore, arrestato venerdì, ndr) delle buste da consegnare a esponenti di spicco in cui sarebbero stati riepilogati i dati delle indagini/processi in corso nei confronti del suo gruppo famigliare». Un riassunto «predisposto sulla falsariga di quello che aveva già preparato in altra occasione». Dentro, secondo l'accusa, c'era l'elenco di «tutti i finanzieri che sono stati impegnati» negli accertamenti sui Moretti. I due preparano alcune buste, tre o quattro, una di queste è destinata alla «finanza». Moretti aggiunge: «Mentre questo è per Beppe». Gli investigatori hanno identificato quest'ultimo nell'avvocato aretino Giuseppe Fanfani, in quel momento influente membro del Consiglio superiore della magistratura, in quota Giglio magico. Ma secondo l'entourage del legale qualcosa non torna. Infatti, dopo 8 minuti, lo stesso Moretti parla di un ricorso da fare in Cassazione e l'imprenditore, in questo caso, dice che «a questo proposito potrebbero sentire il Fanfani, anche se non sa come potrebbe reagire». Insomma nel volgere di poco tempo, si parlerebbe di un «Beppe» e del «Fanfani» riferendosi alla stessa persona. Ma gli inquirenti restano abbastanza sicuri di aver identificato nel fantomatico «Beppe» l'ex consigliere del Csm, e il cambio di registro nell'appellarlo sarebbe motivato dal diverso interlocutore di Moretti, in un caso l'amico Innocenti, nell'altro l'autista. A noi Fanfani non ha voluto concedere la sua versione ufficiale, ma ai propri collaboratori ha fatto sapere di non aver mai ritirato nessuna busta. La Procura non ha ancora dato mandato per fare gli approfondimenti necessari e convocare eventuali testimoni. Nel frattempo hanno già accertato che il 21 marzo, il giorno dell'intercettazione ambientale, Moretti si diresse a Roma ed effettuò molti giri nel centro della Capitale, come è stato possibile ricostruire grazie allo studio delle celle telefoniche. Moretti non è stato pedinato perché la chiacchierata captata dalle microspie non è stata ascoltata in tempo reale.