2021-07-22
Bus vietati a 4 milioni di giovani: rischio Dad o tamponi a raffica
Se passa la linea sul certificato per salire sui mezzi pubblici dal 15 settembre sarà caos: il 70% dei ragazzi non è vaccinatoOggi il governo deciderà se dal 15 settembre il green pass sarà obbligatorio anche per salire su un bus. Se passa una manovra così sciagurata, che calpesta il diritto di circolazione dei cittadini quando «il virus è clinicamente inesistente», quindi non preoccupano le ospedalizzazioni come ha dichiarato alla Stampa Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione al San Raffaele di Milano, i primi ad essere emarginati saranno gli studenti. Quelli che non avranno completato la vaccinazione non potranno spostarsi per raggiungere con un mezzo la scuola, ben poche volte a due passi da casa, quindi saranno costretti alla didattica a distanza. Pochi numeri consentono di delineare lo scenario, questo sì allarmante, che si prospetta all’apertura del nuovo anno scolastico. Secondo i dati Istat relativi al 2019, gli ultimi utili prima dell’inizio della pandemia, in quell’anno gli studenti di fascia 12-18 anni erano 3.992.920 e di questi ben 2.910.000 (1,5 milioni al Nord, 740.000 al Centro e 670.000 al Sud) si erano serviti ogni giorno di tram, autobus, metro e filobus per andare a scuola. Poi c’erano i pendolari, quelli che addirittura dovevano prendere il treno per raggiungere il liceo o l’istituto tecnico, e non dimentichiamo che «per andare a scuola con i mezzi pubblici ha impiegato più di 30 minuti oltre il 40% di studenti del Nord e circa il 30% di quelli del Mezzogiorno», ricordava sempre l’Istat, ma soffermiamoci sugli spostamenti giornalieri in città. Il 72,8% degli studenti non si muoveva a piedi, aveva bisogno di un mezzo pubblico, quindi se la percentuale è rimasta invariata a metà settembre ci saranno quasi tre milioni di studenti nella necessità di mostrare il certificato verde per entrare nella metro o salire sul bus. Altrimenti nemmeno si attaccheranno al tram, l’autista li lascerà sul marciapiede e non potranno andare a scuola. Ma come faranno i tanti giovani non ancora vaccinati a poter girare su un mezzo pubblico? Al 21 luglio, secondo i dati disponibili sul sito del ministero della Salute, a fronte di una popolazione di 5.673.197 giovani nella fascia 12-19 anni, il totale dei vaccinati era 1.709.416 (842.398 maschi, 867.018 femmine), dei quali 1.255.288 con una prima dose (il 22,1%) e 432.381 con entrambe (7,6%). Con questi numeri, ci sarebbe ben poco da stare allegri perché pochissimi potrebbero mettere il piede sul predellino e sperare di arrivare in classe prima dell’inizio della campanella. Certo, può darsi che i genitori si spaventino e cambino idea sulla non necessità di vaccinare i figli minorenni, ma nella migliore delle ipotesi si arriverebbe a novembre prima che abbiano ricevuto entrambe le dosi e la certificazione verde, rilasciata due settimane dopo il richiamo. Nel frattempo i ragazzi che cosa faranno? Un tampone ogni 48 ore per entrare in aula? Anche passasse l’idea del sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, di garantire «almeno un certo numero di tamponi a settimana a titolo gratuito», ne ipotizzava almeno due per famiglia, i costi resterebbero improponibili per i genitori con più figli non ancora vaccinati o in attesa della seconda dose. Per questi giovani tagliati fuori dal diritto di studiare in presenza, prima dai mezzi di trasporto che da un’eventuale decisione dei presidi di accogliere in classe solo vaccinati, l’unica soluzione resterebbe la Dad. Purtroppo abbiamo visto che bei risultati si sono ottenuti con la lontananza da scuola, i test Invalsi hanno mostrato come alle medie il 39% degli studenti non abbia raggiunto il livello di accettabilità in italiano e il 45% non arrivi alla sufficienza in matematica. Ancor peggio all’ultimo anno delle superiori, dove gli insufficienti in italiano rappresentano il 44%, con punte del 61% al Sud, e dove in matematica uno studente su due (il 51%) è impreparato. Al Sud, più di due ragazzi su tre (il 70%) non sa fare calcoli ed equazioni. Non poter stare in classe, a seguire le lezioni, ha aggravato il livello di apprendimento, la dispersione scolastica e il divario formativo tra Nord e Sud. Vogliamo davvero che la situazione peggiori, lasciando i giovani impreparati e quindi incapaci di affrontare le sfide lavorative? «Quando si dice che si può non andare a scuola, si svaluta la scuola, perché è come dire che possiamo farne a meno», ammoniva Anna Maria Ajello, presidente Invalsi. Dovrebbe riflettere bene il governo se è davvero il caso di complicare un nuovo anno scolastico già così incerto, con ancora classi pollaio e penuria di mezzi pubblici, imponendo agli studenti il green pass per poter raggiungere la scuola quando i genitori non hanno i mezzi per permettersi l’autista.