2024-06-18
Il grande ribelle William Burroughs vide in anticipo il delirio del Covid
William Burroughs (Getty Images)
Nella biografia «jazz» del grande scrittore, le incredibili intuizioni circa le derive possibili delle società contemporanee, in grado di fondere il peggio di socialismo e capitalismo. Facendo danni come virus...Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo stralci da Burroughs. Il virus della parola, di Alessandro Gnocchi (Polidoro editore, 152 pagine, 16 euro). Il volume, di agile lettura, mimando lo stile del genio della «Beat generation» (1914-1997), ripercorre in modo asistematico alcuni elementi biografici e soprattutto i temi profondamente profetici della sua avventura letteraria. Il brano scelto tocca una delle grandi ossessioni dell’autore del Pasto nudo: il virus - archetipo della diffusione incontrollata delle malattie, ma anche della parola e del linguaggio - e la tendenza delle nostre società a diventare sistemi di controllo ostili alla libertà individuale. Un intreccio di problemi che avrebbe avuto, nella stagione del Covid, imprevedibili precipitati pratici. Come spiega l’autore, Burroughs «è irriducibile a correnti e tendenze. Fa squadra da solo. È l’apice di una società che si è involuta fino a diventare una galera. Tutti vogliono le chiavi della prigione. Lui vuole abbatterla».Benvenuti nella Terra dei virus. Laggiù, in fondo alla grotta, sorvegliata da grosse scimmie e teneri lemuri, c’è il Giardino biologico delle Occasioni Perdute. Ci sono gli stampi delle specie esistenti. Ci sono gli stampi rotti delle specie estinte. Le montagne scoscese e le profonde valli nascondono animali, piante, insetti, invertebrati, rettili, anfibi.Ibridi e creature di transizione che oggi vivono soltanto tra gli alberi del Giardino. C’è anche il vaso di Pandora delle malattie. Morbi supervirulenti, che vanno rapidamente a morire, e morbi più astuti, dal decorso implacabile, come La febbre del ragno rosso, che nella omonima novella fugge dal Giardino e massacra l’umanità. Polmonite, tetano, dissenteria, colera, tifo, scarlattina, epatite, tubercolosi, sifilide, infezioni generiche... Tutto il campionario.La star della nostra epoca è il virus a vocazione pandemica. «Virus» è la parola chiave per entrare nel mondo di William S.Burroughs. Tutto è virale. La più temibile tra le malattie: la parola. La commistione tra parola e la seconda tra le malattie più temibili: l’immagine.Ma di questo aspetto discuteremo a lungo. Ora pensiamo a contagio, epidemia, trasmissione, mutazione. Sono caratteristiche «eterne» del nostro pianeta ma solo la nostra società globale, sovraffollata e tecnologica sa come valorizzare «al meglio» tutto il peggio del corredo biologico che abbiamo ricevuto in dote dal passato ancestrale. Non solo. Noi vogliamo sostituire la natura. Per questo siamo capaci di creare nuovi virus in provetta. Qualunque Paese con un discreto laboratorio e un ottimo scienziato può dotarsi di una arma biologica più o meno letale. Figuriamoci cosa sono in grado di creare le grandi potenze... Il futuro è delle armi biologiche. Potrebbero soppiantare addirittura quelle nucleari, troppo costose.Da un lato, Burroughs è stato facile profeta nell’affermare che «virus» era la parola chiave per accedere alla comprensione del presente e del futuro. Qualsiasi studente di un corso di igiene è consapevole che circa ogni cinque anni si diffonde un virus pandemico in potenza. La malattia si trasmette sempre dall’animale all’uomo. Per questo proviene quasi sempre dall’Estremo Oriente dove bestie e persone vivono ancora in promiscuità, condividendo gli stessi spazi. L’igiene pubblica consiste principalmente nell’impedire che l’incubo si concretizzi e nel frenare sul nascere la diffusione dell’aviaria, della suina e delle relative varianti.Non sempre ci si riesce e chi lo sa meglio di noi reduci del Covid-19? Dall’altro lato, l’intuizione di Burroughs è formidabile. Tutto è virale. Gli slogan, i video e le fotografie rimbalzano da un media all’altro a velocità supersonica grazie al digitale. Ma restiamo in campo biologico. Per fermare l’espansione del virus, il potere si trasforma in Controllo. Una mattina qualcuno bussa alla porta. Voi aprite e vi trovate davanti un burocrate circondato da infermieri con la maschera antigas. Il burocrate vi dice: «Siamo qui per la sua salute». Beh, dovesse succedere davvero, chiudete al volo la porta e datevi alla fuga dal retro o dalla finestra sul cortile.Il Controllo si nutre della nostra privacy e della nostra libertà. È sempre affamato. Vuole sempre un boccone in più. Vi priva della libertà di movimento. Poi vi priva della libertà d’espressione, dopo essersi impadronito dei mezzi d’informazione. Poi vi priva di quello che avete, non sopporta la proprietà perché privata e nulla deve essere «privato» ma tutto «pubblico» quindi del Controllo stesso. Vi sommerge di tasse e in casi estremi vi impedisce di lavorare (qualcuno ha detto green pass?). Vi rende schiavi della pagnotta che vi offre. Tra le tasse, la più prelibata è la famosa «patrimoniale». Serve a impedire che possiate arricchirvi al punto da poter sovvertire gli interessi di chi detiene il monopolio della ricchezza: il Controllo e i suoi fedeli alleati della grande industria e della grande finanza.A questo punto potrebbe venirvi il desiderio di ghigliottinare qualcuno. Per evitare una snervante rivoluzione, il potere, ormai drogato di Controllo, prima di ricorrere alle maniere forti, erge barriere insormontabili di burocrazia. Con chi dovete prendervela? Non è così semplice da capire. Perché non mozzare le teste dei politici? Sarebbe divertente ma insufficiente.I politici sono importanti ma intercambiabili. Il Controllo ama il regime di monopolio. La grande, grandissima industria. La grande, grandissima finanza. Piccola e media imprenditoria sono un ostacolo all’efficacia del mercato: vanno quindi sotterrate al più presto, con la complicità della classe politica. L’habitat naturale del Controllo è la nazione: i confini esistono per essere difesi e per difendersi occorrono istituzioni e polizia. La culla del Controllo è la famiglia. La nazione, infatti, è un’estensione della famiglia tradizionale. Burroughs era un visionario. Il potere, a suo dire, non serve a difendere dalla malattia virale. Il potere è lì per difendere la malattia virale. Dice di prendersi cura dei cittadini ma agisce per tenerli in una condizione di paura e incertezza. Quindi, con la scusa di tutelare la salute pubblica, instaura uno stato di polizia. L’unico modo di sfuggire al Controllo, ma anche l’unico modo di impedirne la nascita, è creare piccole comunità capaci di autoregolamentarsi. Se Burroughs fosse europeo, tireremmo subito fuori l’esempio dei liberi comuni e delle città del Rinascimento. Ma Burroughs è americano e vive di miti americani: il mito della frontiera, dove non c’è legge; il mito delle comuni anarchiche di pirati: la bandiera di Bill è la Black Flag, la bandiera nera; il mito delle città private, che vivono con una propria legge, quasi indipendente, dentro ai confini di una nazione sterminata come un continente, l’America.C’è sempre un filo di complottismo in Burroughs, ma chi lo sa, la paranoia potrebbe rivelarsi un ottimo strumento di conoscenza della realtà. In questo, e non solo in questo, può ricordare un altro scrittore di fantascienza immerso nella droga e nella paranoia: il Philip Dick di Un oscuro scrutare, romanzo popolato da spie e agenti, come la narrativa di Burroughs. Anche Ubik, il prodotto perfetto e mutevole, ricorda l’onnipresente multinazionale Trak, che vende tutto, dalle sigarette alle armi di distruzione di massa, nella trilogia Nova di Burroughs. Suggestioni. Passando da suggestione a suggestione, arriviamo rapidamente là dove volevamo arrivare con questa digressione: al Covid-19 come possibile occasione per testare inediti sistemi di Controllo. Passando da paranoia a paranoia, arriviamo rapidamente a una serie di quesiti: ammesso che non siano soltanto fantasie complottiste, perché mai testare tali sistemi di Controllo? Per il «divertimento» del potere? Per vedere fino a che punto poteva arrivare l’arbitrio? Per capire cosa siamo disposti a sacrificare per la pura vita, la salvezza, la salute? Per sperimentare quanto sia elastico il Diritto?Mmh. Sì, tutto questo, ma anche di più. E qui torna in gioco lo zio Bill. A suo parere, c’è una guerra da preparare. Non quella contro il comunismo sovietico, che era già vinta, nonostante le apparenze. Il socialismo è un capitalismo di Stato, destinato al fallimento perché ignorante: non sa fare di conto e fissare i prezzi. Burroughs è un nemico del socialismo reale e anche ideale. Però aveva capito perfettamente una cosa: il capitalismo era una bella cosa appartenente al passato in cui aziende di origine famigliare (come la sua) si sfidavano sul libero mercato. La concorrenza era troppo dispersiva. I grandi gruppi hanno sfruttato le crisi economiche per levarsi di torno la piccola e media industria. Burroughs: «Il capitalismo del laissez-faire era un residuo del passato che si stava trasformando nel capitalismo corporativo dei trust, un altro vicolo cieco» (Terre occidentali, 1987).Dunque, il socialismo era una farsa ma anche il capitalismo si era rivelato una fregatura. Al netto di questa doppia delusione, Burroughs vede qualcuno capace di fare peggio, qualcuno in grado di conciliare i difetti dell’uno e dell’altro sistema, qualcuno pronto a dissotterrare ambizioni imperialistiche dopo secoli di attesa. Il nemico vero è la strabordante Cina. Il Controllo punta al dispotismo per due motivi: aumentare la dose di Controllo, perché il Controllo è tossico come la droga e dà dipendenza; e prepararsi allo scontro con il dispotismo più antico, quello cinese, date un’occhiata al Libro del Signore Shang (IV secolo a.C.). Fa paura. Qualcuno può aver pensato, e pensare tuttora, che per combattere e vincere con la Cina è necessario avere un sistema di pari o superiore efficienza. La guerra, in effetti, potrebbe già essere in corso. Il Covid serve a liquidare l’opposizione in Cina e a indebolire l’Occidente. Ma l’Occidente coglie l’occasione del Covid per sperimentare un sistema di Controllo ancora più capillare e mettersi in linea con l’avversario. Il potere qui si divide: qualcuno vuole allearsi con il dragone; qualcuno vuole batterlo sullo stesso terreno e poi sul campo di battaglia. Ma sono tutte paranoie... Forse.
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