2021-01-24
Il nuovo piano pandemico? Prima il danno, poi la beffa
Il ministero della Salute ha mentito su documenti segreti, task force, report dell'Oms, mascherine, vaccini e siringhe. Ma pare preoccuparsi solo di «non creare stereotipi».L'ex generale Pier Paolo Lunelli, che ha svelato i difetti del piano pandemico, ammette: «Aderire al Regolamento sanitario internazionale avrebbe aiutato. E valutare quanto avvenuto nella prima ondata sarebbe stato utile per evitare i nuovi errori».Lo speciale contiene due articoli.Da un paio di settimane, il ministero della Salute ha preso a diffondere le bozze di un documento intitolato Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-2023. L'operazione è ben oltre i limiti del ridicolo: trattasi, infatti, del famigerato piano pandemico che l'Italia avrebbe dovuto aggiornare (al più tardi) nel 2013. Che al ministero si siano messi a lavorarci ora, quando ormai il disastro ci ha investiti in piano, è semplicemente offensivo. In ogni caso, le bozze del nuovo piano hanno da subito suscitato perplessità. In particolare il paragrafo in cui si prospettava una sorta di eutanasia ai danni dei pazienti più fragili in caso di «scarsità di risorse». Dopo le polemiche sul tema, il ministero è corso ai ripari: ha corretto il tiro, ha elaborato una ulteriore bozza di piano, e l'ha inviata per approvazione alla conferenza Stato-Regioni. Il nuovo testo è privo dei passaggi sulla selezione dei malati, però contiene altri paragrafi che lasciano basiti. Ci riferiamo alla parte del piano relativa alla gestione della comunicazione istituzionale in caso di epidemia.Intendiamoci: tutti i modelli di piani pandemici prevedono sezioni dedicate all'informazione. È ovvio, del resto, che in caso di emergenza sia fondamentale una adeguata gestione delle comunicazioni. Le linee guida dell'Oms, ad esempio, insistono sul fatto che i governi dovrebbero relazionarsi ai cittadini con la massima trasparenza. E infatti nella nuova bozza uscita dal ministero si parla di «coinvolgimento delle comunità nei casi di allerta e minacce per la salute pubblica».Purtroppo, però, il piano ministeriale contiene anche un altro capitoletto, nel quale si spiega che in caso di emergenza si deve «attivare un monitoraggio dei casi di divulgazione di notizie false, confondenti, non verificate e fake news e garantire immediata risposta per prevenire la creazione di stereotipi sulle persone malate, i loro familiari, o su razze e gruppi sociali particolari che possono portare ad adottare comportamenti discriminatori e di stigma sociale».Leggendo queste frasi viene da rabbrividire. Finora, chiunque abbia osato avanzare critiche o porre domande sgradite è stato trattato dal governo, dalla maggioranza e dai media compiacenti come un pericoloso sovversivo, un negazionista. Se ci fosse una struttura governativa con il compito di fare la guerra alle fake news, come pensate che agirebbe? Con tutta probabilità si trasformerebbe in una specie di Ministero della Verità con la censura come primo obiettivo.La parte sulla «prevenzione» della «creazione di stereotipi» riguardanti «razze e gruppi sociali particolari» è ancora più sconvolgente. Sapete che cosa vuol dire in concreto? Che se qualcuno dovesse, ad esempio, scrivere che i centri di accoglienza per migranti possono trasformarsi in focolai, potrebbe essere censurato, con la scusa di evitare discriminazioni e «stereotipi».Il bello (si fa per dire) è che a parlare di fake news è un ministero che, finora, ci ha mentito su tutto. Roberto Speranza e i suoi collaboratori hanno detto bugie sul piano pandemico non aggiornato. Hanno rifiutato (di nuovo mentendo) di fornire i verbali degli incontri della mitica task force ministeriale. Hanno spacciato menzogne - come sostiene il Tar del Lazio - riguardo al «piano segreto» utilizzato nei primi giorni di epidemia. Hanno confuso le acque relativamente al report sull'Italia censurato dall'Oms. Ci hanno rifilato falsità pure sulle mascherine, sui vaccini e sulle siringhe con cui somministrarli. E dovrebbe essere gente del genere a giudicare quali siano le «fake news» da eliminare? Per carità.Abbiamo un ministro che continua a mentire su tutti gli aspetti più scottanti della gestione di questa emergenza. E quando non mente, si nasconde dietro il silenzio. In compenso, il suo ministero si preoccupa di «prevenire» le «discriminazioni» ai danni delle minoranze. Ecco come funziona: sui migranti è vietato persino dire la verità (qualora sia politicamente scorretta). Ai cittadini italiani, invece, si possono rifilare fregnacce a non finire. Non solo non ci proteggono come dovrebbero: ci pigliano pure per i fondelli. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bugie-ammesse-discriminazioni-no-2650086882.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-virus-ci-ha-colti-impreparati-e-siamo-ancora-in-grave-ritardo" data-post-id="2650086882" data-published-at="1611449208" data-use-pagination="False"> «Il virus ci ha colti impreparati e siamo ancora in grave ritardo» Pier Paolo Lunelli, ex generale, è l'esperto che ha contribuito a rivelare la verità sul famigerato piano pandemico italiano, dimostrando che si trattava di un documento datato che ci è molto probabilmente costato migliaia di vite. Ora è tornato alla carica, facendo emergere altre clamorose mancanze del nostro sistema sanitario. Lei ha appena pubblicato un nuovo rapporto. Sostiene che non solo il nostro piano pandemico fosse superato, ma anche che l'Italia non ha fatto quanto previsto dal Regolamento sanitario internazionale (Rsi). Può spiegare di che si tratta? «L'ultimo piano pandemico nazionale, i cui contenuti consentono di datarlo al 2006, non incorpora alcuna delle prescrizioni indicate nel Regolamento sanitario internazionale entrato in vigore un anno dopo, nel giugno 2007. Si sarebbe quantomeno dovuto aggiornarlo e avviare il processo per sviluppare le capacità fondamentali richieste agli articoli 5, 13 e Annesso 1». A parte noi quanti Stati hanno aderito all'accordo internazionale chiamato Rsi? «Di questa iniziativa fanno parte 195 Stati, sia Paesi ricchi sia Paesi in via di sviluppo». Che cosa sono queste capacità fondamentali di cui parla? «Ogni capacità è un insieme compatto di risorse, infrastrutture, legislazione, regolamenti e procedure, personale esperto formato e integrato nel sistema sanitario pubblico». Può fare un esempio concreto? «Se vuoi ottenere la patente di guida devi possedere la capacità visiva, la capacità auditiva, la capacità di reazione a stimoli, la capacità di guidare la macchina nel traffico appresa nelle lezioni pratiche e la capacità di applicare il codice della strada, verificata mediante i quiz. Tutte e cinque sono necessarie per ottenere la patente». Quindi noi dovevamo prendere una sorta di «patente pandemica». «Sì. Per attribuirla, il Rsi aveva individuato otto capacità fondamentali e richiedeva agli Stati di svilupparle in maniera adeguata entro il 2012, con possibilità di estensione fino al 2016. Per farlo riteneva opportuno l'elaborazione di una legislazione ad hoc». Come ci avrebbe aiutato questo Rsi ad affrontare la pandemia di Covid? «La chiave di volta è la capacità di tracciamento dei contatti durante la fase di allerta, poiché impedisce, previene il formarsi dell'onda pandemica. Si deve eseguire in modo aggressivo con la tecnica delle tre T, ovvero testing, tracciamento dei contatti e isolamento, trattamento dei malati. L'esecuzione di questa pratica richiede una rete integrata nella quale un malato con eziologia sospetta o sconosciuta dovrebbe essere valutato entro 24 ore (capacità n. 3); se ritenuto significativo dovrebbe essere rapidamente svolto il test di laboratorio (capacità n. 8), il che presuppone la presenza di scorte di reagenti (capacità n. 5). Se il test è positivo è necessario attivare una struttura dedicata alla ricerca dei contatti per provvedere all'isolamento del focolaio, nonché fornire strutture per assistere e curare gli ammalati (capacità n. 4 e 5). L'aggiornamento costante in tempo reale della situazione sui focolai consente alla struttura di coordinamento strategico (capacità n. 2) di calibrare le decisioni, disporre lockdown settoriali e locali». E se i focolai non si spengono? «L'incendio divampa e appare il mostro dell'onda pandemica, che richiede un lockdown generale. Quando questo succede è necessario mettere in linea ulteriori risorse nei settori pneumologia e terapia intensiva per curare il picco di ammalati». Abbiamo utilizzato questa tecnica? «Non era stata attivata nella prima ondata. Le istruzioni dettagliate sono apparse a metà anno e il primo corso sembra sia stato fatto a ottobre. Ora è operativa, ma bisogna considerare che quando l'onda pandemica prende piede il numero dei contatti da tracciare può superare le capacità di gestione. A quel punto soltanto il lockdown generale aiuta perché mette indistintamente quasi tutti in isolamento». Prima ha fatto cenno alle risorse economiche. Quanto denaro bisognerebbe impiegare per essere adeguatamente protetti in caso di pandemia? «Con il processo di globalizzazione è inevitabile un'altra pandemia nei prossimi 10-20 anni. La Banca mondiale sostiene che investendo nella sicurezza sanitaria contro le pandemie un miliardo di dollari all'anno per 20 anni in un Paese medio si risparmierebbero centinaia di miliardi qualora questo mostro si manifesti. Globalmente si parla di un costo a livello mondiale di 8.000-14.000 miliardi di dollari. Altri studi affermano che il rapporto tra i costi per prevenire un evento pandemico sono 500 volte inferiori al costo della calamità». Un altro punto del suo report mi colpisce molto. Dice che in Italia non è stata fatta una adeguata valutazione di quanto avvenuto durante la prima ondata. Cosa che magari sarebbe stata utile per evitare altri errori in questi mesi. È così? «È vero. Era la prima cosa da fare. Ce lo aveva detto l'Oms, ce lo aveva detto il Centro europeo per il controllo delle malattie in una pubblicazione degli inizi di giugno, ce lo aveva detto persino il presidente della Repubblica nel suo intervento a Bergamo il 28 giugno». Ora hanno cominciato a circolare nuove bozze di piani pandemici. Le ha viste? Che ne pensa? «In un Paese di media grandezza come il nostro si dovrebbe partire con una strategia o piano strategico a livello interministeriale e interagenzia. L'Oms addirittura suggerisce una strategia che comprenda tutte le calamità comprese quelle sismiche, vulcaniche ecc.. Ciò al fine di evitare costose duplicazioni di funzioni. La bozza in circolazione non l'ho ancora letta attentamente. A prima vista mi pare, in linea di massima, aderente alle linee guida dell'Oms per le pandemie e a quelle del Regolamento sanitario internazionale». Quando potrebbero diventare realmente operativo il piano che ora è solo in bozze? «Non ne ho idea, ma il processo è lungo e i passaggi sono molti. Sarà completato quando verranno compilati i sottostanti piani regionali e quelli di comunità locale, dopo che sarà condotta la checklist a tutti i livelli e sarà condotta un'esercitazione di verifica».