2025-06-18
Bruxelles tasserà anche le caldaie per coprire i buchi e pagare il riarmo
Aste pure sulle emissioni dei combustibili per sistemi domestici e macchine. Parte degli introiti servirà a ripianare il bilancio Ue.La cattiva notizia, peraltro già nota, è che dal 2027 una direttiva Ue consentirà di prelevare (indirettamente) dalle tasche dei contribuenti europei fino a 705 miliardi. La novità di oggi, rilanciata ieri dal Financial Times, è che la Commissione è intenzionata a destinare parte di quelle entrate a coprire i buchi del bilancio Ue, con ciò scatenando le ire di numerosi Stati membri, tra cui Francia e Polonia. Per non parlare di altri Paesi, tra cui la Slovacchia, che non hanno nemmeno recepito quella direttiva.Lo strumento con cui sarà eseguito il prelievo è il sistema di scambio delle emissioni. Già in vigore per alcuni settori (produttori di energia e industria pesante), è previsto che si applichi pure al carburante utilizzato per caldaie domestiche, piccoli impianti industriali e automobili. I produttori di questi combustibili dovranno necessariamente acquistare all’asta questi permessi per le emissioni e non potranno fare altro che trasferire a valle sui consumatori questi maggiori costi, provocando, secondo uno studio di Bloombergnef, un aumento delle bollette per il riscaldamento domestico fino al 41%. Lo stesso problema si presenterà per il costo del carburante per gli autoveicoli. Emettere CO2 sarà un affare sempre più costoso e per poterlo fare, la domanda sarà così elevata da spingere il costo dei relativi permessi fino a 149 euro a tonnellata entro il 2030. Alla fine sarà il consumatore finale a farne le spese quando dovrà riscaldare la propria abitazione o usare la propria auto.È pur vero che l’Ue, per mitigare l’impatto sulle famiglie, ha previsto la contemporanea introduzione di un Fondo sociale per il clima da 86,7 miliardi, ma sembra davvero modesto rispetto all’impatto complessivo della nuova gabella. Sia l’attuale sistema di scambio delle quote di emissione sia quello in partenza nel 2027 prevedono che i proventi delle aste siano distribuiti per gran parte agli Stati membri (nel 2023, 33 miliardi su 43 di entrate complessive) che hanno l’obbligo di utilizzarli per progetti legati alla transizione energetica.Il problema è che la Commissione è drammaticamente a corto di risorse - mancano all’appello circa 30 miliardi all’anno - per il prossimo quadro finanziario pluriennale 2028-2034 e intende considerare come risorse proprie almeno il 30% di quei proventi. Da qui la levata di scudi degli Stati. «È assolutamente inaccettabile», ha dichiarato un alto funzionario Ue al Ft.Tutto però ha origine nel 2021 con il Next generation Ue. Questo strumento ha costituito una deroga alla regola scolpita nei Trattati secondo la quale, per ciascun anno, tutte le spese del bilancio Ue devono essere coperte da entrate, senza possibilità di fare debito. Invece è stato consentito alla Commissione di spendere per il Nextgen Ue fino a 750 miliardi emettendo titoli il cui rimborso comincerà nel 2028. Quindi al normale bilancio pluriennale con le vecchie regole (circa 1.100 miliardi in sette anni) si è aggiunto il bilancio «una tantum» del Next generation Ue, finanziato a debito. Se a questo si aggiungono le spese per l’Ucraina (solo nel 2024: 4,7 miliardi di sussidi e 13,1 miliardi di prestiti) e i progetti per la Difesa comune, si comprende come oggi la Ue abbia un debito di 682 miliardi con scadenze anche piuttosto ravvicinate nel tempo (il 58% scade entro il 2034). E né è possibile emettere altro debito, perché il Nextgenue è strumento temporaneo, condizione che ha consentito il via libera della Corte costituzionale tedesca. I grattacapi per la Commissione derivano anche dalla clamorosa sottostima degli oneri per interessi sul debito. Fino al 2021 le emissioni di Bruxelles pagavano tassi intorno allo zero, dal 2022 siamo intorno al 3% con ulteriore evidente appesantimento del bilancio Ue.Il problema di Ursula von der Leyen è che, nonostante avesse cominciato per tempo a precostituire un flusso di entrate aggiuntive, il 2028 si avvicina e le certezze sono poche.L’unica è la tradizionale fonte di entrate costituita dai contributi degli Stati membri parametrati al reddito nazionale lordo. Criterio che graverebbe ulteriormente sui bilanci nazionali di Paesi come l’Italia contribuente netto, al pari di altri Stati come Germania, Francia e Olanda. Tutti riluttanti ad aumentare i contributi di una voce che oggi fornisce comunque i 2/3 delle entrate unionali. Da qui il tentativo della Commissione di affrancarsi da questa fonte di entrate e dotarsi di maggiori risorse proprie. Esiste un elenco di 16 opzioni in fase di valutazione, tra cui anche appropriarsi di una quota della tassa sulle importazioni ad alta intensità di CO2 (Cbam), oppure una tassa sui servizi digitali, una tassa sui piccoli pacchi che entrano nell’Ue da Paesi terzi, l’aumento delle tasse sul tabacco o sul contenuto di zucchero e sale negli alimenti.Tutte sono regressive e altamente impopolari, ma «verrà scelto il meno peggio», secondo il Ft.È così mestamente arrivato al pettine il nodo della «pioggia di miliardi» con cui per anni si è parlato del Next generation Eu e del Pnrr e oggi si parla irresponsabilmente di debiti per la Difesa comune. Alla fine il conto dei sussidi e dei relativi interessi - perché i prestiti li rimborsa lo Stato membro debitore - doveva prima o poi arrivare a carico del bilancio Ue e quindi del contribuente.Purtroppo, la Von der Leyen, responsabile di una così evidente esondazione dal proprio alveo dei compiti della Commissione - a cui ha fatto seguito un altrettanto evidente affanno nella pianificazione e gestione degli effetti finanziari di tali eccessi - è sempre al proprio posto.Dovrebbe invece trarre le conseguenze di questo caos che è appena agli inizi.
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Ursula von der Leyen (Ansa)