2018-11-25
Bruxelles e Londra si accordano sulla Brexit. Roma si allinea
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C'è l'approvazione dei leader dei 27 Stati membri dell'Unione europea sull'accordo e la dichiarazione politica che regola i rapporti con il Regno Unito dopo l'imminente Brexit del 29 marzo. L'ha annunciato, dopo 18 mesi di negoziati e meno di 40 minuti di vertice a Bruxelles, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk sul suo profilo Twitter. Scongiurato quindi il veto spagnolo dopo la risoluzione della questione che riguarda il territorio britannico d'Oltremare Gibilterra. Italia, allineata, spera di fare più affari con Leonardo e con i traslochi del London stock exchange.È stata l'occasione per il presidente francese Emmanuel Macron di rilanciare il suo progetto di riforma dell'Unione europea: «Dobbiamo mettere a fuoco le conseguenze di quanto accaduto: l'Unione europea ha fragilità che vanno affrontate», ha detto il capo dell'Eliseo, aggiungendo che «l'Europa ha bisogno di essere ricostruita ed è questa l'opzione che continuerò a perseguire. Oggi non è un giorno di festa né di rimpianti. Il Regno Unito ora deve prendere una decisione sul suo futuro».Nelle stanze di Bruxelles si temeva un altro veto, quello italiano. Una fonte europea spiega alla Verità che venerdì e sabato circolava una voce, che l'Italia minacciasse di porre il suo veto sulla Brexit per provare a spuntare sull'Unione europea sulla manovra. La cena tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker non è stato risolutiva ma lascia aperte le speranze per evitare l'avvio della procedura d'infrazione per debito eccessivo, ha spiegato il premier al termine dell'incontro. Il fatto che Conte abbia parlato ieri sera di «dialogo» e si sia detto soddisfatto dell'incontro di due ore (a cui hanno partecipato anche gli interessati al dossier conti pubblici: per l'Europa, i responsabili degli affari economici Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici, per l'Italia il ministro dell'Economia Giovanni Tria, ha fatto presto rientrare i timori per un veto italiano. Difficile per l'Italia trovare motivi validi per opporsi all'accordo Brexit. In questo anno e mezzo di negoziati, i nostri governi hanno cercato di tutelare soprattutto due aspetti: gli affari e la difesa. E c'è di che essere soddisfatti dall'intesa raggiunta tra Londra e Bruxelles. Partiamo dal primo tema. Qualche giorno fa la società-mercato britannica Lse ha annunciato che, a causa della Brexit, sposterà in Italia a partire dal 1° marzo prossimo (quattro settimane prima del giorno Brexit) le controllate Ebm (che riguarda i grandi investitori in titoli di Stato) e Mts Cash Domestics (piattaforma dei bond sovrani che ha al di sotto 12 mercati nazionali), attualmente domiciliate a Londra. È prevista anche una sede di Mts a Roma, con uffici amministrativi e di rappresentanza. Ed è probabilmente soltanto il primo di una lunga serie di passaggi in Italia di attività britanniche a causa della Brexit. «Un gran bella notizia, ha commentato Massimo Garavaglia, sottosegretario all'Economia, aggiungendo che «Milano è la sede ideale per lo sviluppo di diversi settori legati al fintech». Quanto invece al secondo tema, la Difesa, il governo italiano ha tenuto in questi mesi molti incontri con i rappresentati britannici nel nostro Paese. Vertici spesso a tre, visto il coinvolgimento di Leonardo, che impiega nei suoi stabilimenti nel Regno Unito 4.700 persone. Ma l'ex Finmeccanica è soprattutto ben inserita in molti ambienti della Difesa di Londra che dialogano costantemente con il governo oltre che parte del progetto britannico Tempest. Roma è rimasta soddisfatta dal testo sugli accordi da negoziare dopo la Brexit, che contiene molte dichiarazioni d'intenti riguardo la cooperazione futura, da ricostruire settore per settore, fra l'Ue e il Regno Unito. E tra gli accordi prospettati ci sono anche quelli che riguardano la politica estera, di sicurezza e difesa.Ora la palla passa nelle Aule. Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha spiegato che a Strasburgo si voterà una risoluzione a dicembre e l'accordo di divorzio a gennaio, mentre nelle prime due settimane di dicembre toccherà alla Camera dei Comuni votare l'accordo. La situazione per il premier May non è delle più semplici: la sua proposta non piace a molti nel Partito conservatore, tanto che Julian Smith, il capogruppo, pare abbia passato la settimana ad avvisare il primo ministro che i conti non tornano e l'accordo rischia la bocciatura a Westminster. Intanto, alcuni giornali britannici molto critici verso la bozza hanno iniziato a raccontare di colloqui tra i ministri di Londra e i diplomatici europee per un piano B della Brexit nel caso in cui Westminster bocciasse quello iniziale. Ma il messaggio che è arrivato oggi da Bruxelles, da Juncker e dal primo ministro olandese Mark Rutte in partolcare, è che l'accordo della May è il migliore possibile e che la posizione dell'Ue non cambia. Ciò ha due significati. Il primo: l'Ue non pensa che l'intesa possa essere rivista. Il secondo è un messaggio alla Camera dei Comuni: votate questo oppure è «no deal», l'ipotesi che più spaventa Londra. Ed è per questo che le voci di un piano B sono da ricollegare più al dibattito interno britannico che a quello europeo.